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Rumore bianco

Post n°88 pubblicato il 07 Agosto 2009 da lugio5
 

 

Lungo una terra di frontiera in cui si incrociano silenzi intensi e vitalità sommerse, scorre il Tagliamento, il "Re dei fiumi alpini". Spina dorsale di una regione che è stata snodo e crocevia nella storia d'Europa, il fiume è il protagonista di un racconto che indaga la forza della natura e le sue possibilità di resistenza, la quotidianità degli uomini e delle donne,e le loro forme di ostinazione,perchè "l'acqua è provvista di memoria".

Il sito del film http://www.filmrumorebianco.com/


 
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Metafisca Dress

Post n°87 pubblicato il 04 Agosto 2009 da lugio5
 
Foto di lugio5

il corpo appare appena volato via dimenticando l'abito come suo ricordo,

provocazione delle giovani donne che usano l'abito in modo ironico e sfacciato, strumento intimo e esposto per parlare di sè

LuGiais

http://lugiais.deviantart.com/

 

 
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Due Storie Vere: presentazione di un corto "Made in Pordenone"

Post n°86 pubblicato il 24 Marzo 2007 da lugio5
 

2 marzo 2007
Marco e Madlene:
ci sono istituzioni che non schiacciano, ma aiutano a liberare la vita.

Marco e Madlene sono due ragazzi di Pordenone.

Hanno origini e vivono vite molto diverse fra loro. Una cosa li
accomuna: dentro un difficilissimo percorso di vita hanno avuto il
coraggio, o forse l’opportunità, o ancora più probabilmente la fortuna
di essere intercettati da operatori sociali del Comune di Pordenone.
Dentro percorsi inevitabilmente difficili e dolorosi, la loro vita è
cambiata. È successo perché il Comune con cui hanno costruito un
rapporto ha dato importanza alle persone ed ai loro percorsi. Le
istituzioni non riabilitano e non salvano per il solo fatto d’essere
istituzioni e di detenere alcuni poteri sulle persone. Ci riescono solo
se al centro del loro lavoro è il rispetto per tutte le persone, il
rifiuto di perpetuare il proprio potere istituzionale sui singoli, la
costruzione di percorsi condivisi dalle persone che debbono compierli.
Ci riescono solo se accettano di essere un pezzo, si spera il più
piccolo possibile, del percorso di vita di una persona.

Marco è uscito da casa, ha abbandonato il suo quartiere di case
popolari, i compagni di strada e sta in una comunità che gli ha
proposto un diverso approccio alla formazione ed al lavoro. Ha trovato
una figura paterna di riferimento molto forte, ha avviato un percorso
lavorativo, ha ritrovato anche la salute fisica. Oggi è un esempio
positivo per tutti i suoi amici e li stimola lui stesso a ritrovarsi.
Madlene è una ragazza nera, viene da un paese del centrafrica, ha
vissuto un lungo trauma per ricongiungersi alla madre, trovando una
famiglia ed una città diverse da quelle che aveva immaginato. La sua
diventa una vita di ordinaria violenza. Una gravidanza ed un aborto
diventano momenti straordinari della sua vicenda umana. Sarà il
telefonino che le è stato prestato da un’assistente sociale del Comune
di Pordenone a salvarle la vita ed a consentirle di ricominciare.
Ho pensato che queste storie andassero raccontate, ovviamente
rendendole non riconoscibili rispetto a quelle realmente accadute.
Bisogna raccontarle per il loro valore emblematico, ma soprattutto
perché ci restituiscono un orizzonte di speranza anche quando tutto
sembra perduto.
L’Assessorato alle Politiche sociali ha perciò chiesto ad un gruppo di
giovani pordenonesi di tradurre queste storie in un cortometraggio.
Hanno accolto il nostro invito Theo Teardo, che è uno dei più affermati
giovani compositori italiani di musiche da film; l’Associazione "Frank
Martelli", che raggruppa alcuni cineasti pordenonesi; Valeria
Cozzarini, una disegnatrice specializzata in animazione. Ne è uscito un
cortometraggio di venti minuti intitolato "Due storie vere" in cui
immagini, disegni e musiche trovano una composizione ricca di
significati e contenuti. Anche ad interpretare il film sono stati
chiamati una serie di giovani pordenonesi, alcuni dei quali collaborano
con l’Assessorato alle Politiche sociali.


Il DVD sarà presentato

giovedì 22 marzo, alle ore 10.00,

nell’aula S9 della sede di via Prasecco
© 2005 Copyright Consorzio di Pordenone

 
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YouTube, video ricercabili per audio

Post n°85 pubblicato il 10 Gennaio 2007 da lugio5
 
Tag: News

PodZinger, il motore di ricerca di termini testuali presenti all'interno di contenuti audio-video, offre da ora una nuova possibilità ai propri utenti: rovistare nell'immenso database di video su YouTube per individuare quei contenuti che citano i termini desiderati.
Un nuovo tab presente sulla pagina del motore permetterà di ricercare
il testo parlato all'interno dei video distribuiti dagli utenti del
network sociale.

Grazie alla nuova tecnologia, Podzinger assicura che non sarà più
necessario affidarsi al solo testo di presentazione dei suddetti video
ma si potrà conoscere effettivamente quali contenuti citano il termine ricercato:
in più, l'elenco dei risultati fornirà informazioni particolareggiate
sul punto esatto del video in cui il vocabolo viene citato.

Si legge sul PodZinger blog:
"Con questa nuova caratteristica di PodZinger sarà possibile cercare
materiale su YouTube in maniera più specifica. Ora, in aggiunta alla
semplice ricerca dei metadati presenti all'interno dei file video, si
potrà andare alla caccia di quei termini che sono effettivamente
menzionati nei flussi audio, garantendo una probabilità maggiore di
trovare materiale rilevante".

Il sito sta inoltre provvedendo ad organizzare i contenuti in canali nel rispetto dello schema adottato da YouTube. Attualmente sono disponibili i canali Intrattenimento, Sport, e Anime.

Come fa notare SplashCast blog, la nuova abilità di PodZinger potrebbe risultare molto utile a quelle aziende che sfruttano i principi della competitive intelligence. Un utilizzo tipico del nuovo strumento prevede la realizzazione di un feed RSS su PodZinger basato sulla ricerca delle citazioni del nome della propria azienda, feed che provvederà poi ad avvertire by-mail ad ogni nuova menzione.

La tecnologia brevettata di PodZinger, ad ogni modo, non funziona nei casi in cui i video abbiano scarse rilevanze audio da analizzare.
Allo stesso tempo offre anche i link ai video che contengono metadati
identici ai termini indicati nella ricerca. La conseguenza è che si
avranno risultati differenti con il medesimo termine se ricercato su
PodZinger anziché su YouTube.

Per questo, suggerisce ancora SplashCast,
sarebbe opportuno impiegare due feed differenti su entrambe i siti, per
avere una visione più chiara delle citazioni nel testo parlato e nei
metadati.

Alfonso Maruccia

Anno XI n. 2682 di mercoledì 10 gennaio 2007 (PI - News)

 
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Il mistero delle ninfe agane

Post n°84 pubblicato il 03 Gennaio 2007 da lugio5
 
Tag: News

immagineLa mitica leggenda delle anguane sarà oggetto nella prossima primavera di uno speciale che andrà in onda su Rai Tre, all'interno del programma Geo & Geo, l'appuntamento in diretta con la natura, i popoli, la scienza e gli animali condotto da Sveva Sagramola dagli studi di via Teulada in Roma. Il documentario su "Il bus da lis anguanis", realizzato in Val Colvera lo scorso novembre, avrà lo scopo di far conoscere e raccontare la storia delle ninfe d'acqua. La gustosa anticipazione viene direttamente dagli studenti della scuola primaria Alighieri di Maniago, che sul loro mensile Tangram hanno dedicato un articolo alla vicenda. Tutto è iniziato quando la maestra Giuliana Massaro è stata contattata dalla Capital Video di Roma, incaricata di produrre per Rai Tre una serie documentari dal titolo "Paesaggi del mistero", per organizzare le riprese. «Si doveva trovare - raccontano gli alunni- chi avrebbe accompagnato la troupe e gli esperti durante il filmato. Il 1. novembre la troupe con il regista viene accompagnata dalla Guardia Forestale di Maniago e dal gruppo del Soccorso Alpino in Val Colvera. Con loro ci sono anche il gruppo musicale Le Anguane e il narratore maniaghese di storie Aldo Tomè». Le anguane, dette anche in altre zone del Friuli agane, sono esseri mitici nati con i piedi al rovescio che di volta in volta sono identificabili come streghe, fate, sirene o ninfe che abitano nelle immediate vicinanze dell'acqua. «Vivono nelle grotte presso i torrenti e i fiumi. Le anguane del 'bus' sono esseri mostruosi - proseguono gli alunni - come narrano le leggende e dalle forme vagamente femminili». Il documentario, che potrà essere visto a primavera durante una puntata del programma Geo & Geo in cui si parlerà di miti e leggende di tre regioni, Piemonte, Valle d'Aosta e Friuli costituirà certamente una ghiotta occasione per Maniago e l'intera Val Colvera per far conoscere a tutta Italia le proprie bellezze e tradizioni. In particolare farà conoscere Il "buco delle anguane", che si trova sulla riva sinistra del torrente Colvera, «una caverna profonda, alta 15 metri, sul fianco del monte San Lorenzo, abitata in epoche successive così come testimoniano i ritrovamenti, utilizzata in passato anche come rifugio da disertori, fuggiaschi, vagabondi e partigiani».

Dal Gazzettino
Mercoledì, 3 Gennaio 2007

 
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Zana Briski

Post n°83 pubblicato il 19 Dicembre 2006 da lugio5
 
Tag: Registi
Foto di lugio5

TSI 2, martedì 19 dicembre ore 21.00
DOC D.O.C./Nati nel bordello

Quando Zana Briski, fotografa e giornalista, incontra i figli delle prostitute del quartiere a luci rosse di Calcutta rimane incantata dalla loro curiosità e scioccata dalla promiscuità in cui sono costretti a vivere. Decide così di insegnare loro ad usare la macchina fotografica. Osservando la realtà attraverso l'obiettivo scoprono il mondo al di fuori del bordelli.
Questo intenso documentario ha vinto il Premio Oscar nel 2005 e l'anno precedente il Sundance Film Festival.

Il mondo salvato (e fotografato) dai ragazzini

In Born into Brothels, i registi Zana Briski e Ross Kauffman narrano l’incredibile trasformazione dei bambini che hanno conosciuto nel quartiere a luci rosse di Nuova Delhi. Zana Briski, fotografa professionista, regala ai bambini una macchina fotografica e impartisce lezioni, insegnando loro ad apprezzare la bellezza e la dignità della loro espressività, rendendo la fotografia un mezzo di emancipazione.

Come è nato questo progetto?

Nel 1998 ho iniziato a vivere con le prostitute in uno squallido quartiere a luci rosse di Calcutta. Quando ero andata per la prima volta in India nel 1995, non avevo idea di ciò che avrei trovato. Ho iniziato a viaggiare e a fotografare la difficile realtà della vita delle donne – infanticidi femminili, spose bambine, morti naturali e vedovanza.
Non avevo intenzione di fotografare le prostitute sino a quando un amico mi ha portato in un quartiere a luci rosse di Calcutta. Dal momento in cui ho messo piede in quel dedalo di viuzze, ho capito che questa era la ragione per cui ero venuta in India. Sapevo che volevo vivere con le donne, per poter capire veramente le loro vita. Ci è voluto molto tempo prima di riuscire a conquistare la fiducia delle donne. Mentre attendevano i clienti, aspettavo con loro. Ho passato ore ed ore seduta, scherzando, giocando, sperimentando il tedio e le emozioni che provano queste donne sentendosi intrappolate in un mondo dal quale è impossibile fuggire, obbligate a vedere il loro affetto per poter vivere e prendersi cura dei loro figli. Sono stati i bambini ad accettarmi immediatamente. Non capivano bene cosa ci facessi lì, ma erano affascinati da me e dalla mia macchina fotografica. Ho lasciato che la usassero e gli ho mostrato come scattare le foto. Ho pensato che sarebbe stato molto interessante osservare questo mondo attraverso i loro occhi. È stato allora che ho deciso di insegnar loro fotografia.

Per lei è stato un po' come passare la fiaccola olimpica...

E'stato tutto molto casuale...Nel mio viaggio successivo tornando dagli Usa ho portato dieci macchine fotografiche automatiche e ho selezionato un gruppo di bambini che mostravano una grande voglia di imparare. Non sapevo assolutamente che cosa stessi facendo, ma ai bambini piaceva e cominciò a ripetersi ogni settimana. E i risultati sono stati straordinari.
Ho messo da parte la mia macchina fotografica e ho iniziato a lavorare con i bambini a tempo pieno. Mi rendevo conto che qui c’era qualcosa di importante da documentare così ho portato una videocamera e ho iniziato a riprendere i bambini nel bordello, nelle strade e durante le gite per le lezioni di fotografia. In realtà io non avevo mai usato una videocamera prima di allora. Ho invitato Ross Kauffman a Calcutta per venire a girare un film con me. Non voleva venire, così gli ho mandato alcune cassette in visione, sapendo bene che si sarebbe innamorato di questi bambini, così come era accaduto a me.

Lei ha poi ha dato vita ad un'organizzazione vera e propria...

Dopo la vittoria dell'Oscar mi sono resa conto di quanto la gente si sentisse spinta ad aiutare i bambini e fosse volenterosa nel donare qualcosa. Così insieme ad altre persone abbiamo fondato Kids with camera che ha iniziato dei progetti come quello di Calcutta in altre realtà del mondo quali Gerusalemme, il Cairo e Haiti. I ragazzi sanno che possono trovare da noi, in ogni momento un appoggio: grazie alla vendita delle loro fotografie c'e' un fondo per i loro studi, per le loro spese mediche e per qualunque cosa di cui abbiano bisogno. L'anno prossimo intanto altri due di loro probabilmente verranno a studiare in America.

Cosa la ha spinta verso tutto questo?

E' successo per caso, ma - credo - anche e soprattutto perché io sono così: quando lavoro non riesco a sentirmi separata come osservatrice dall'oggetto della mia osservazione. Credo che per me fosse essenziale presentare il punto di vista dei bambini sulle loro vite. Vivo profondamente quello che sentono le persone con cui lavoro. Provo immediatamente un profondo senso di empatia.

Ecco due link :

Zana Briski
 
Il sito ufficiale

 
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Introduzione al documentario

Post n°82 pubblicato il 16 Dicembre 2006 da lugio5
 
Tag: Libri


immagineIntroduzione al documentario, edito da Il castoro, è un libro importante perché prova efficacemente ad analizzare un modo di “fare cinema” sul quale, specie in Italia, c’è ancora molta confusione. Nichols divide il suo libro per capitoli, che hanno la particolarità di essere introdotti da una domanda. Non è un caso che il primo si intitoli Perché i problemi etici sono fondamentali per il documentario?; una questione sulla quale, specie dalle nostre parti, c’è fin troppa disinvoltura. E, quasi a rispondere ai tanti critici, registi e appassionati di cinema che (sempre da noi) mettono in discussione l’esistenza stessa di un genere documentario, Nichols nel secondo capitolo pone un altro importante interrogativo: In che modo i documentari sono diversi dagli altri tipi di film? Badate, la posizione di Nichols non è affatto rigida, lui non crede in uno specifico documentario, ma al contrario sa che fiction e non -fiction si contaminano spesso e volentieri grazie ai vasi comunicanti creati dagli autori. Ecco cosa scrive in proposito: “Dare una definizione di documentario non è più semplice del darne una di amore o cultura…Se il documentario fosse una riproduzione della realtà, questi problemi sarebbero molto meno sottili. Ci troveremmo semplicemente di fronte a una replica o una copia di qualcosa che già esiste. Ma esso non è una riproduzione della realtà, bensì una rappresentazione del mondo in cui viviamo”.
Gli altri capitoli pongono interrogativi anch’essi stimolanti: Da dove prendono la voce i documentari? Di che cosa parlano i documentari? Quali tipi di documentari ci sono? In che modo i documentari affrontano le questioni sociali e politiche?
Consiglio vivamente questo libro, anche perché associo la sua lettura a un buona occasione per svincolarsi dalla moda tutta italiana del documentario. Si sa, le mode prima o poi finiscono e si è forti solo se le basi su cui si agisce, sul piano professionale come su quello artistico, lo sono altrettanto.
Se Nichols indirizza il suo interesse a una sistematizzazione del pianeta documentario, Jean Luis Comolli scrive i suoi saggi prestando particolare attenzione al rapporto con la contemporaneità. Nel suo Vedere e potere, aperto da una bella introduzione di Fabrizio Grosoli e edito da Donzelli, Comolli si avventura nelle nuove frontiere della non-fiction, in particolare su quelle che pericolosamente si manifestano attraverso la televisione, la docu-fiction e i reality, per esempio. Non è solo il teorico, ma anche il regista a scrivere, perché Comolli di documentari ne ha realizzati molti, in gran parte sconosciuti dalle nostre parti, certo ben diversi dai prodotti della tv-spettacolo .
Oltre ai capitoli sulla televisione, vi invito a leggere due brevi saggi: Quello che filmiamo - Note sulla regia documentaria, dove Comolli sostituisce la classica domanda “come interagisce la macchina da presa con quelli che filma?” con un più opportuno “come interagiscono le persone filmate con la macchina da presa?”, riflettendo in particolar modo sulla questione della “messa in scena” della realtà; e l’altro, Pratica e teoria dell’intervista, dove il critico e regista francese si mette anche in questo caso nei panni di chi è filmato piuttosto che in quelli di chi filma; in sintesi una questione di non poca rilevanza, che ci riconduce al problema etico su cui si è soffermato ampiamente anche Bill Nichols.
“Non esiste una tecnica per cogliere la verità, esiste una questione morale”. Lo ha detto Roberto Rossellini nel corso di un vecchio dibattito sul Cinema verité, proposto in un libro ripubblicato quest’anno a cura di Adriano Aprà, Il mio metodo – Scritti e interviste di Roberto Rossellini (Marsilio Editore). Nell’incontro, oltre a Rossellini, intervengono George Sadoul, Jean Rouch, i fratelli Maysles, Eric Rohmer… Era il 1963 e si discuteva intorno al complesso rapporto del cinema con la realtà, partendo dalla visione di due film, La punition di Rouch e Showman dei fratelli Maysles.
E’ interessante come Rossellini smonti il mito del Cinema diretto o verité (specie in un franco faccia a faccia con Rouch), difendendo il punto di vista dell’autore contro la presunta neutralità di chi filma anche grazie alla libertà dei mezzi leggeri. Una questione che il maestro italiano pone con la consueta semplicità, contro ogni mitologia della tecnica (“La cinepresa è come la forchetta”) e inserendo il cinema tutto all’interno della vita. Fateci caso, qualche decennio dopo, Comolli è proprio da quelle parti: non è importante come la macchina da presa interagisce con la realtà, ma come la realtà interagisce con la macchina da presa. La vita prima di tutto, appunto.
Gianfranco Pannone

 
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I fantasmi di pietra

Post n°81 pubblicato il 14 Dicembre 2006 da lugio5
 
Tag: Libri
Foto di lugio5

Un paese abbandonato, silenzioso, fermato in un'istantanea scattata il giorno 9 ottobre 1963, quando il fianco del monte precipitò nell'invaso del Vajont. Eppure quelle case, quelle cucine, quelle stalle sono ancora abitate. È una popolazione di fantasmi quella che Corona suscita ripercorrendo, casa per casa, le strade che un tempo risuonavano di voci, del rumore degli strumenti di lavoro, della vita di ogni giorno.
Book

 
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Poffabro, la notte dei "dispetti"

Post n°80 pubblicato il 07 Dicembre 2006 da lugio5

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E anche stavolta San Nicolò l'ha combinata grossa: non solo ha distribuito i doni a tutti i bimbi del "borgo dei presepi" ma ha pure rispettato una sua abitudine "dispettosa" che si ripete da oltre 60 anni solo a Poffabro. Solamente qui, infatti, la notte del cinque dicembre si anima di "folletti dispettosi": nulla a che vedere con i Batebandons di Montereale Valcellina (o Batibidons di Fratta), quando i bambini si radunano per strada con coperchi e barattoli da percuotere, in un rumoroso annuncio dell'arrivo del santo più amato dai bambini. A Poffabro il "santo" e i suoi numerosi aiutanti fanno ben altro: trasportano infatti nottetempo un'infinità di oggetti, che per "magia" si ritrovano al mattino sulla fontana della piazzetta principale. Al mattino del sei la fontana è trasformata in una composizione artistica con giocattoli, ombrelli colorati e aperti, gerle, secchi, vasi di fiori, attrezzi da giardino, bambole, tappeti e addirittura cancelli di case private, cucce per cani, motociclette: tutto riunito intorno alla fontana. La composizione "misteriosa" non è che il mucchio di regali che il santo patrono fa al paese, per accontentare i più piccini ma anche gli adulti. La tradizione originalissima di Poffabro viene rispettata in pieno anche con temperature polari - e non è certo il caso di questa edizione - soprattutto perché implica una vera "sfida": quella tra gli abitanti più anziani, che hanno cura di nascondere qualsiasi oggetto dimori nei propri cortili già alcuni giorni prima della notte del 5 dicembre, e quella dei giovani, sempre intenzionati a farla franca, prendendo tutto a prestito rigorosamente in maniera anonima. Da qualche anno, poi, San Nicolò e i suoi fidi aiutanti lasciano anche sulla soglia delle abitazioni "trafugate" un piccolo dono preparato dagli aiutanti del patrono: nonostante la gentilezza, immancabilmente, il mattino del 6 c'è chi si alza prestissimo per recarsi in piazza a recuperare in fretta il maltolto, pur di non ammettere davanti all'intero paese di essere stato raggirato. Il perdurare della tradizione dal Dopoguerra ad oggi si basa proprio su questo: organizzare il dispetto per benino rimane certamente la parte più divertente del gioco.

Anna Vallerugo

I Borghi più belli d'Italia

 
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Il montaggio cinematografico

Post n°79 pubblicato il 02 Dicembre 2006 da lugio5
 

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ll montaggio cinematografico permette di dare un senso narrativo (o drammatico) al racconto filmico tramite l'accostamento di due o più inquadrature.

Ecco una definizione "canonica" di quello che si intende per montaggio cinematografico. Lo scopo principale è, dunque, quello di "dare senso".
Citiamo a questo proposito il noto "esperimento Kulesov".


Siamo agli inizi degli anni '20, e Kulesov decise di costruire una specie di "teorema": inquadrò, in primo piano, il volto di Mozzuchin (un noto attore dell'epoca), poi riprese un piatto di minestra, un bambino allegro e, infine, una donna morta (come si vede questi tre elementi sono, visivamente e concettualmente, molto distanti tra loro).
Non restava che accostare l'inquadratura del volto dell'attore alle tre riprese girate per "creare senso", e così fece Kulesov. Sebbene l'espressione dell'attore rimanesse identica, essa sembrava assumere connotazioni differenti a seconda che venisse accostata al piatto di minestra (fame), al bambino allegro (paternità, affetto) oppure alla donna morta (lutto, dolore).


Il montaggio cinematografico assume significati diversi in relazione alle tecniche con le quali si esplicita. Queste ultime hanno fatto sì che assumesse una sua precisa consapevolezza estetica, permettendogli di esplicitarsi al meglio parallelamente al progresso tecnologico.


Prima dell'avvento del sonoro era l'immagine ad assumere su di sè tutte le potenzialità comunicative, era l'unica "forza creativa della realtà filmica" (Pudovkin), non c'erano altri elementi in gioco.


Con l'introduzione del suono si vennero a delineare nuovi campi d'azione, nuovi orizzonti espressivi. Il senso del racconto filmico veniva influenzato non solo dalle immagini, come era stato fino ad allora, ma anche dalle parole (ecco farsi strada l'importanza della dizione, pressochè sconosciuta agli attori del primo cinema muto),
della musica (che venne a creare nuove tensioni drammatiche) e dai rumori di fondo (che conferivano maggiore realismo alla rappresentazione).


Prima di avventurarsi in dissertazioni teoriche intorno ai primordi del montaggio occorre tenere ben presente che, ai primordi del cinema, era l'immagine sola ad essere veicolo della comunicazione filmica. Certo, c'era l'accompagnamento al pianoforte, ma non era direttamente collegato alle immagini sullo schermo e, anche se avesse voluto esserlo, probabilmente non avrebbe potuto (troppe erano le variabili ingioco non direttamente controllabili meccanicamente: dalla variabilità della velocità di scorrimento del nastro - a manovella, quindi mai perfettamente identica in diverse proiezioni - alla rumorosità degli apparecchi, dalla socialità aperta e rumorosa del pubblico alla conseguente interazione tra i singoli componenti di esso).



Tra gli ultimi anni del 1800 e i primi del 1900 i fratelli Lumiere partorivano i loro film. Si trattava di pellicole generalmente corte (non superavano i 31 metri, per una durata totale di un minuto scarso) e prive di qualsiasi forma di montaggio. Si limitavano a riprendere un soggetto qualsiasi, continuando a girare fino a qiando non avevano
terminato la pallicola.


Tra i loro film ricordiamo "La colazione del bebè" (Le dèjeuner du bèbè, 1895), "L'arrivo di un treno alla stazione di Ciotat" (L'arrivèe d'un train à la Ciotat, 1896), "Una nave salpa dal porto" (,????).


Lo scopo principale di queste pellicole era solo quello di registrare il movimento, poco importava il soggetto della rappresentazione.


Il primo esempio di una precisa volntà narrativa si ha nel 1897 con "L'innaffiatore annaffiato" (Arroseur et arrosè), dove si può individuare una trama ben precisa:



1 - un giardiniere innaffia un giardino;


2 - un ragazzino mette il piede sulla canna interrompendo il getto d'acqua;


3 - il giardiniere osserva l'estremità della canna;


4 - il ragazzino toglie il piede;


5- l'acqua spruzza in faccia al giardiniere;


6 - il giardiniere da un ceffone aol ragazzino.



"L'innaffiatore innaffiato" [1897], di Louis Lumiere.


Ne "L'innaffiatore innaffiato" non si limita a riprendere una situazione reale, ma si esplicita una precisa, seppur semplice, volontà narrativa. Interessante notare anche l'assenza di didascalie, non era necessario, tutto si capiva da sè, grazie alla sola forza delle immagini.



Un importante passo in avanti per la teoria del montaggio cinematografico è insito nell'opera di George Melies.

Le sue pellicole erano più lunghe di quelle dei fratelli Lumiere (circa 128 metri) e narravano non un solo episodio, ma una vera e propria storia costituita da più episodi.

Melies veniva dal teatro e preferiva girare in studio, non all'aperto come i fratelli Lumiere. Inoltre la sua messinscena era fortemente fantastica e anti-naturalistica. Le sue storie parlavano di fantastici viaggi verso la luna ("Viaggio sulla luna", Voyage dans la Lune - 1902 -), si intrecciano con elementi di magia bianca e magia nera ("I 400 scherzi del diavolo", Les 400 farces du diable - 1906 -, in cui la parte di mefistofele è interpretata dallo stesso Melies).



Viaggio sulla luna [1902], di George Melies.



Tra gli altri suoi film ricordiamo "La conquête du Pôle", "Les illusions fantaisistes", "Les hallucinations du Baron d" (1909),,"Il palazzo delle Mille e una notte"(1905).


Nel 1902 Edwin S. Porter realizzò "The life of an american fireman".
Per questa pellicola il cineasta decise di avvalersi di materiale documentaristico precedentemente girato. Questa era una vera e propria novità: partire da una certa ripresa che, se considerata nella sua unicità, non ha alcun senso narrativo, per poi accostarla con altre, in modo da formare un senso.
In questo modo un evento di lunga durata viene "compresso" in pochi minuti e in un unico rullo, senza che ci siano situazioni di continuità: vengono considerati solo gli elementi utili allo svolgersi del racconto, in relazione al contributo che essi danno allo sviluppo logico della narrazione. Porter, pur non usando ancora un'ampia varietà di piani (ogni scena è ripresa in campo medio), aveva dimostrato che l'unità minima del racconto filmico è l'inquadratura: nasce il cinema narrativo. Il film racconta una vera e propria "storia", quella della madre e di un bambino avvolti dalle fiamme che saranno salvati da un coraggioso pompiere. Nel successivo "L'assalto al treno postale"(The great train robbery, 1903) non privilegia più la successione logica degli avvenimenti, ma la libertà di movimento dell'azione. Perfezionando il concetto di continuità dell'azione riuscì a dimostrare che era possibile sviluppare la narrazione con il solo mezzo filmico. L'intreccio è molto semplice:



1 - l'arrivo dei banditi alla stazione in cui farà fermata il treno;


2 - la rapina;


3 - la fuga dei malviventi;


4 - l'allarme e l'inseguimento dei banditi;


5 - la cattura dei malviventi.



La rappresentazione non è altro che un mero pretesto per organizzare spazialmente la vicenda, una sorta di esperimento sul carattere dinamico di "personaggi inseguiti" (i banditi) e "personaggi inseguitori" (gli immancabili tutori della legge). Porter, insomma, ha realizzato una sorta di "film-tipo", anticipando ed influenzando quelle che saranno le tendenze cinematografiche degli anni successivi; le sue pellicole, infatti, possono essere considerate come veri e propri "prototipi".



"Life of an american fireman": film realistico-drammatico, di suspance;

"The great train robbery": film western;
"The capture of yegg bank burglas": film gangster;
"The ex-convict": dramma sociale.

David Wark Griffith, nacque nel 1875; figlio di un alto ufficiale sudista si dedicò al cinema dopo aver fatto diversi mestieri (giornalista, pompiere, operaio e attore). Il suo è un cinema chiaramente di consumo, ma allo stesso tempo formalmente elaborato e tecnicamente nuovo.
Griffith elaborò, ampliandole e perfezionandole dal punto di vista visivo e narratologico, le semplici sceneggiature di Porter, tenendo sempre in massima considerazione la tensione drammatica

 
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