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AUTUNNO: "L'EQUINOZIO DELLA VITA"

Post n°90 pubblicato il 25 Settembre 2006 da SempliceCuore

NOVILUNIO

[…]
Novilunio di settembre!
Tal chiaritate
il giorno e la notte commisti
sul letto del mare
non lieti non tristi
effondono ancora,
che tu vedi ancora
nella sabbia le onde
del vento, le orme
dei fanciulli, le conche
vacue, le alghe
argentine,
gli ossi delle seppie,
le guaine
delle carrube,
e vedi nella siepe
rosseggiar le nude
bacche delle rose canine
e nel campo la pannocchia
dalla barba d'oro
lucere, che al plenilunio
su l'aia il coro
agreste monderà con canti,
e nella vigna
il grappolo d'oro
che già fu sonoro d'api,
e nel verziere il fico
che dall'ombelico stilla
il suo miele,
e su la soglia del tugurio
biancheggiar la conocchia
dell'antica madre che fila,
che fila sempre.
[…]
(GABRIELE D’ANNUNZIO, Alcyone)

CAVE D’AUTUNNO
su cui discende la primavera lunare
e nimba di candore ogni frastaglio,
schianti di pigne, abbaglio
di reti stese e schegge,

ritornerà ritornerà sul gelo
la bontà d’una mano,
varcherà il cielo lontano
la ciurma luminosa che ci saccheggia.

(EUGENIO MONTALE, da Ossi di seppia)

ULTIMO CANTO

Solo quel campo, dove io volga lento
l'occhio, biondeggia di pannocchie ancora,
e il solicello vi si trascolora.
Fragile passa fra' cartocci il vento:
uno stormo di passeri s'invola:
nel cielo è un gran pallore di viola.
Canta una sfogliatrice a piena gola:
Amor comincia con canti e con suoni
e poi finisce con lacrime al cuore.
(GIOVANNI PASCOLI, da Myricae)
Ormai l’estate volge al termine, nonostante qualche coda di caldo, si sente che quei giorni di luglio e di ferragosto si allontanano. Le giornate si accorciano e questo contribuisce a infonderci nell’animo, anche inconsapevolmente perché illusi da qualche sporadica ondata di afa, che ormai ci avviciniamo a quella “stagione di mezzo” che chiamiamo autunno.
Una stagione “strana”, ambigua per certi versi, come ci testimoniano le poesie scelte per quest’occasione: un momento sospeso, di passaggio, tra l’estate che spesso indugia a lasciarci e l’inverno, che ci aspetta nei mesi a venire.
I giorni sono “non lieti e non tristi”, come li definisce D’Annunzio, nella poesia Novilunio, tratta da una delle sezioni più malinconiche e belle dell’Alcyone e che ha per titolo Sogni di terre lontane.
Sulla spiaggia ci sono ancora le “orme” di qualche bagnante, nei campi biondeggiano le ultime spighe, ma nelle vigne splendono i grappoli destinati a diventare vino.
Per questo carattere transitorio che lo contraddistingue, l’autunno ci ricorda la primavera: le giornate fresche, il cielo sereno senza quella patina opaca e opprimente di afa, quel sole piacevolmente caldo. Allora ecco Montale con la sua splendida ed eloquente immagine della “primavera lunare” che è accompagnata da quella delle reti dei pescatori abbandonate sulla spiaggia e di altre “schegge”, altri relitti lasciati dal mare, forse sono ossi di seppia; ma questa figura non deve farci pensare alla prima raccolta montaliana, in quanto in Cave d’autunno si respira l’aria di una poesia, quella delle Occasioni, piena di incanto epifanico e di voci misteriose, dove il mare non svolge più la medesima funzione degli Ossi di seppia.
Il passaggio ad una nuova stagione porta con sé un messaggio di speranza: verrà una mano, anzi ritornerà una mano, buona, che sfiderà il gelo dell’inverno e della tristezza della vita e varcherà quel cielo che sentiamo così lontano, che rappresenta la felicità tanto desiderata dall’uomo contemporaneo ed altrove espresso come l’al di là di una “muraglia con cima cocci aguzzi di bottiglia”.
Molto più struggente è la poesia del Pascoli, tratta dalla famosa raccolta Myricae: il poeta, in una campagna che si prepara per accogliere l’inverno, guarda con nostalgia all’ultimo campo di grano che ancora biondeggia, mentre il cielo perde man mano tutti i suoi più dolci colori e diventa viola, il colore della tristezza. A rendere più cupa l’atmosfera, ricorre l’immagine del vento che trascina con sé “cartocci”, foglie probabilmente, o comunque qualcosa di estremamente leggero e fragile, caduco, come le vanità umane.
Anche il canto - l’ultimo canto che si ode in campagna – ci ammonisce: l’amore, dopo le sue gioie e le sue folli illusioni, è destinato a finire.

L’amore finisce come dice Marianna nel commento del Pascoli? La gioia, veicolo di illusione temporanea, termina presto?
Siamo, dunque, cadaveri senza forze nelle mani del fiume lacustre del tempo e attendiamo che l’autunno, vestendo i panni di Caronte, ci conduca verso l’infelicità e ci abbandoni al gelido inverno?
Se Pascoli avesse ragione?
Forse le mattinate di settembre fanno da cornice allo squallido sfondo composto di fogliame morto friabile come roccia etnea, una natura non più celeste e incantata ma piuttosto cinerea e offuscata e in lontananza il figliolo prediletto di Nettuno ha perso la sua placida indole per lasciar posto al movimento irato e incontrastato delle sue non più pargolette onde…in tutto questo scenario, il satellite terrestre sembra riconoscersi in uno spento color zolfo chiaro.
Mi pare di udire la voce del Pascoli che ricorda agli uomini di osservare i connotati smorzati dell’autunno e cogliere l’oracolo del mondo circostante che predice le avversità che attendono l’essere umano: sparisce dai nostri occhi la gaiezza estiva e il nostro cuore è conquistato dal letargo catastrofico della stagione fredda.
Insomma, se l’autunno fosse un semplice e banale preludio al più concreto e tangibile dolore dell’esistenza sofferente?

Chino il capo e mi rifugio in un momento di silenzio rumoroso.
Taci coscienza leopardiana e disperdi lo sguardo laddove la vista degli occhi non può arrivare e il vero mentore è lo sguardo dei sentimenti.
E’ davvero così funesto il periodo autunnale?
Cerco una risposta nel dizionario che può essere utile strumento di guida nell’orizzonte della lingua italiana. Noto che si ritrovano parole che trasformano, persino, un attento conoscitore del verbo in un novello Ulisse naufragato nel mondo della cultura.
“Autunno” deriva, etimologicamente, dal latino autumnus e, quindi, da augere cioè aumentare, arricchire, ecc…
I pensieri si fanno confusi e riflessivi.
Siamo dinnanzi ad un errore di valutazione? Dunque, non vi è nulla di deprimente in tal periodo?
Il senso di questa definizione è che codesta è la stagione dell’uva e della frutta.
Sono, in altri termini, mesi di prosperità in cui la terra ci dona molto col suo calore e noi, discendenti moderni di Edipo verso madre natura, sappiamo apprezzare questo raccolto.
D’altronde la stessa poesia di D’Annunzio parla di Novilunio intendendo, certamente, una nuova luna; ma, ad una più attenta osservazione è sinonimo, anche, di nuova vita e vecchi ricordi piacevoli.
Ritroviamo, così, ancora i segni dell’estate: i passi evidenti dei bagnanti da poco andati via, le spighe di grano ocra, il mare con una sognante spuma, alcune rondini che hanno scelto di non emigrare verso lidi più caldi…e la signora delle maree che, al tramonto, mostra compiaciuta uno splendido colore rossiccio che ricorda il tiepido spirito avvolgente dei giorni sereni.
Indubbiamente, D’Annunzio evidenzia il suo carattere malinconico e insieme essere uomo che cerca la bellezza.
Tutto questo ferma i nostri pensieri su una visione rinnovata dell’autunno: una stagione con sfaccettature primaverili.
Forse non siamo orbi di gioia, ma siamo semplicemente ciechi al cospetto delle meravigliose fattezze del globo?
La felicità è possibile trovarla in qualunque momento anche se negativo?

Qual è la verità? Autunno come gelida infelicità o prospera ricchezza di valori?
Mi piace pensare a questi mesi nel modo in cui l’ha definito Marianna: “La stagione di mezzo”.
Ho sempre ammirato il fascino misterioso e intrigante del sapore autunnale.
Molte cose belle mi sono accadute nel periodo settembrino e, quindi, mi è rimasto sempre profondamente dentro un ricordo stupito di questo passaggio.
Ero poco più di un bambino, quando imparai dalla vita che non si può essere sempre felici e non si può avere tutto quello che si desidera.
Mi torna vivo in mente che lo spunto di questa riflessione provenne da una grigia serata autunnale.
Come tutti, credo, da piccolo amavo sognante il fenomeno della precipitazione dei cristalli di ghiaccio.
Quel giorno freddo osservavo alla finestra scendere la pioggia e aspettavo, a momenti, che quelle gocce argentee si tramutassero in soffici esagoni bianchi.
Mi accorsi, ben presto, che quell’attesa sarebbe stata vana: il clima della mia regione è poco propenso alla nevicata e tutto si limitò a qualche fiocco misto ad acqua.
Tuttavia, anche quei brevi istanti mi resero felice.
Quella situazione, apparentemente così normale, mi fece considerare che la felicità è fatta di attimi e bisogna saperli apprezzare.
Ecco vivo e presente il senso dell’autunno.
La stagione della malinconia, del romanticismo, dell’indifferenza, della sensibilità, ecc…insomma “il momento della scelta”: un turbinio altalenante tra emozioni negative e positive in cui l’attore protagonista è l’essere umano.
In sostanza, è un periodo in cui coesistono, in simbiosi, sereno e maltempo, freddo e clima mite, brezze rilassanti e vortici dirompenti, amorevoli rivoli d’acqua cullanti e traboccanti masse di liquido disobbediente…
Nell’esistenza umana, similmente, rappresenta un importante passaggio tra la placida e benevola estate e il malevolo e alquanto incerto inverno.
Nasce un paragone tra stagioni e vita in cui si sovrappongono luci e ombre degli eventi naturali alla figura smagliata e lucente degli accadimenti umani.
Per me può essere coniato il termine equinozio della vita: “Un significativo passo di riflessione e di decisione”.
Non amo vedere un destino già segnato su lidi spogli di ebbro piacere.
Anzi, siamo liberi di scegliere se naufragare nel mare dell’indifferenza o impadronirci delle tecniche di Icaro e superare il muro dei problemi.
In conclusione, credo che vedere la vita con speranza aiuta ad essere più felici.
Questo è l’insegnamento dell’autunno.
Come nella foto, anche in un terreno brullo o morto può nascere un ciclamino.
Felice autunno a tutti!!!

 
 
 
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INFO


Un blog di: DonnaMusica
Data di creazione: 27/08/2005
 

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