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IL GOLOSORSO ED IO!!

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ISTANBUL..COSTANTINOPOLI... BISANZIO..

Post n°5 pubblicato il 13 Maggio 2009 da ediedi
 

Le voci dei muezzin si rincorrono nei vicoli fioriti, la sabbia sferza il mio viso rigato dalle lacrime e nebbie purpuree avvolgono il mio corpo stanco.

Trafitta da falsi pensieri avanzo incespicando ad ogni passo.

Avide parole si sono cibate della mia anima ed ora mi abbandonano, infine, sconfitta.

Lascio che il mio cuore sanguini la sua amarezza, lascio esplodere la delusione e il rammarico.

Non mi curo del mio volto, non mi curo degli sguardi altrui che si soffermano sul mio, perso nel vuoto, sui miei occhi ciechi, sul mio silenzio assordante.

Il sole abbraccia docile il Corno d’oro, la basilica di Santa Sofia staglia le sue velleità bizantine  e il palazzo Topkapi lascia esalare l’ultimo canto della donne del sultano.

Sento le voci ridenti delle concubine dell’Harem e le mute vergate delle schiave, sento il profumo degli incensi aromatizzanti e degli oli afrodisiaci spalmati sui gelidi corpi.

Sospiri tremuli e infantili timori di bambine troppo presto immolate all’altare del piacere e della perdizione, abnegazione femminile a capo chino di fronte al potere celeste reso uomo.

Remoti simulacri di un passato ormai divelto, susseguirsi di lacere mutazioni, ora sei Istanbul, prima Costantinopoli ecumenica romana ed ancor più lontano greca Bisanzio.

Immota guardiana dei due mari, tacito fendente di due mondi.

Ora di preghiera.

Il mercato si svuota, la calca mi supera sfiorandomi. Mi lascio carezzare dalle lievi tuniche delle donne che si affrettano per la cena e mi lascio sorprendere dalle variopinte spezie che brillano nel legno, gialle, arancio, rosse, porpora e tante altre ancora che si moltiplicano a perdita d’occhio sulle bancarelle. I profumi si mescolano in un incontro appagante e stridulo, salsicce calde e yogurt, riso e cipolle, fragranti dolci di frutta secca e inebrianti calici d’anice. Mi fermo e lascio stuzzicare il mio appetito. E’ da quando sono partita che non tocco cibo, è da quando ho deciso di fuggire dal mio passato che il mio corpo rifiuta qualsiasi sussistenza, come se volesse egli stesso rifuggire dalla vita plagiata.

Acquisto un sacchetto di frutta disidratata. Ananas, mango, papaia, cocco, kiwi, pera, mela, fico, albicocca e la gusto lentamente lasciando il tempo di assaporarne l’esotico in ogni sfaccettatura.

Mi avvio verso il mare, il sole vi si sta tuffando dentro ed il ponte sul Bosforo inizia ad illuminarsi.

Quante arzigogolati ricami della mente non mi hanno fatto accorgere della caotica frenesia intorno a me, ma è bello rinchiudersi in una  remota torre d’avorio che tutti possono guardare ma mai nessuno può valicare.

Un rifugio dal mondo, un rifugio da me stessa, non voglio tornare a vedere ciò che è al di la di questo mare, non voglio vedere la mia Itaca, non voglio vedere il mio passato.

Voglio lasciarmi rapire con violenza da questa linea di cupole e minareti, da queste vie strette, da questo fascino senza tempo; qui dove mi getto tra le braccia di un lento divenire in cui voglio perdermi.

Ieri, ho arraffato in fretta e furia giusto l’essenziale per coprirmi e mi sono imbarcata sul primo aereo. Non una parola, non un cenno d’assenso o di dissenso, non un suono ho lasciato emettere alle mia bocca… non un pensiero ha più fatto vibrare le mie corde.

Mi sono chiusa nel silenzio,  ho finito il fiato, non ho trovato più sintassi, né formulazione, nessuna spiegazione, nessuna giustificazione, nessuna apologia, nessuna tregua.

Ed ora nella solitudine dell’incomunicabilità mi sento a casa, ammiro la moschea Blu che rende unica la costa, immagino di correre nei giardini della ville ottomane; luoghi reconditi di passioni proibite e d’incesti.

Quante volte nell’oblio mi sono persa in queste immagini; solo un istante per sentirmi eterna… invulnerabile.. inesistente…effimera.

Ed ora sono qui dove nessuno mi conosce, nessuno mi scalfisce, nessuno mi logora, giustamente indifferente, finalmente sola, ma sola perché lo voglio.

 

 

 

 

 
 
 
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