ELENA VARRIALE

Non basta sentirsi liberi, bisogna educarsi alla libertà.

Creato da eleimprota_2012 il 10/03/2012

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LESSICO RIFORMISTA: IDENTITA'

Post n°5 pubblicato il 27 Ottobre 2012 da eleimprota_2012

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IDENTITA’

Io e gli altri, il me ed il sé, il noi e il voi. L’ossessione dell’alterità, la molteplicità dell’essere, il dilemma dell’identità: “ma chi è io, se essi non sono io?” si chiedeva il poeta Paul Valery.

L’identità, come ha spiegato l’antropologo Francesco Remotti, è un processo fatto di tagli, separazioni, assimilazioni, accostamenti. E’ un flusso su cui intervengono connessioni ed alternative, costruzioni dell’identità. Nel flusso “navigano” le indeterminazioni e le potenzialità della natura umana, ma anche il bisogno di costruire continuamente modelli aggiuntivi d’identità.

L’identità allora di confonde con la molteplicità: per ciascun individuo saper chi è l’altro, cosa fa e come considera ciò che avviene nel mondo, è il modo attraverso il quale costruisce la propria identità. L’identità è anche un problema di scelta, di decisioni, di rotture, di superamento. Di memoria che si conserva e di memoria che si vuole e si deve cancellare, allontanare, non ripetere mai. Sono gli errori o gli orrori della storia. Le sopraffazioni degli uni sugli altri. La violenza dei modelli imposti. L’annullamento della dignità umana. Il conformismo della cultura: il sapere ed il tacere per opportunismo o per paura.

Identità e libertà viaggiano sullo stesso binario. L’una senza l’altra relegano l’uomo in una vita fatta di compromessi, di doppie verità, di utopismi irrealizzabili e di violenze inaccettabili. Vivere significa essere e dire ciò che si vuole, non sopravvivere ai bisogni! L’identità presuppone la differenza, la molteplicità, il dissenso. La libertà.

Rosi Braidotti esponente più radicale del pensiero della differenza sessuale, individua almeno tre fondamentali, possibili e necessarie differenze: la prima tra uomo e donna, la seconda tra donna e donna e la terza all’interno di ciascuna donna. Il suo pensiero apre alla molteplicità, aspira ad arrivare a“ nuovi soggetti desideranti: molecolari, nomadi, multipli.” L’identità diventa un fluido privo di confini. Una ricerca, piuttosto che una certezza monolitica. E’ il bisogno di essere. La dimensione online dell’uomo contemporaneo.

Basta pensare ai trolls della rete, persone inventate il cui scopo è creare reazioni o processi su cui riflettere. Sfidando luoghi e sensi comuni, pudori. Aprendo nuove possibilità di confronto e comprensione. In rete si sperimentano realtà ed identità, basta nascondersi dietro un qualunque “nome di dominio” rendendo superfluo nella comunicazione, il nome anagrafico. Come direbbe Derek Parfit, gli individui diventano persone-sequenze di esperienze. Ciò che conta è la “connessione psicologica e/o la continuità psicologica” di chi fa l’esperienza.

Molteplice, flessibile, connessa: è questo il profilo dell’identità nell’era della globalizzazione. Un processo in fieri che spaventa per la sua portata e per la sua indeterminatezza. Non c’è nessun baricentro. La paura è di essere travolti da un divenire globalizzato che annulli particolarità e soggettività. La Babele resiste, non vuole divenire unità. E’ il rifiuto della mondializzazione degli stili di vita, della cultura e dell’economia. In fondo, è la paura dell’impero, il contraltare della fluidità, dell’indeterminatezza e del divenire.

Si spiega così il diffuso insorgere di potenti espressioni d’identità collettiva che si oppongono alla globalizzazione ed al cosmopolitismo in nome di specificità culturali, religiose, nazionali, etniche e territoriali. Come ha scritto il sociologo Manuel Castell, il fondamentalismo “punta a costruire l’identità sociale ed individuale sulla base di immagini del passato proiettate in un futuro utopico per emanciparsi da un intollerabile presente”:

Veri e propri “paradisi comunitari” sono per Castell il fondamentalismo islamico e quello cristiano in America. Entrambi prefigurano un mondo patriarcale in cui le donne sono sottomesse agli uomini e la loro realizzazione è tutta interna alla famiglia. Obbedienza e perseguimento della retta via sono gli scopi delle due comunità.

E’ lo spirito di fratellanza delle ummah (comunità di credenti) superiore a qualunque istituzione, il punto centrale del fondamentalismo islamico. Provocato dal fallimento dei movimenti nazionalisti e dal tentativo non sempre riuscito di modernizzare e laicizzare la società. Nato dall’alleanza di intellettuali delusi e masse di contadini costrette all’esodo senza prospettive.

Per il fondamentalismo cristiano è invece la famiglia, “fortezza della vita cristiana” l’elemento fondante dell’identità individuale e collettiva. L’unica che può funzionare da antidoto alla disgregazione crescente dei valori della società americana. Comunità chiuse da contrapporre all’apertura del mondo e delle frontiere.

Ma la modernizzazione dell’Occidente si è realizzata anche grazie ai movimenti femministi, con la fine del patriarcato e della famiglia chiusa. Le donne hanno chiesto ruoli e li hanno ottenuti: decidono, governano, divorziano, restano single. Sono una “differenza” riconosciuta ed apprezzata. Le donne hanno contribuito a liberare pacificamente l’Occidente, hanno posto il problema dei diritti, delle pari opportunità, delle libere scelte. La rivoluzione femminista è l’unica, nella storia dell’umanità, che non abbia provocato morte o sangue.

E’ stata una lotta lunga, fatta di umiliazioni e di vittorie, di consapevolezze e sconfitte. Le donne hanno cambiato linguaggi e costumi della società occidentale, hanno protestato e protestano contro ogni forma di violenza e di ingiustizia. Non è un caso che i fondamentalismi religiosi vogliano relegarle nel silenzio. Sono la vera minaccia all’ordine pre-costituito. Basta pensare al burqa imposto dai talebani, alle continue lapidazioni per motivi d’onore in Giordania ed in Pakistan o all’infibulazione diffusa in tutto il mondo, anche nelle comunità straniere presenti in Europa. Annullare le donne è dunque il primo e fondamentale passo per combattere e distruggere le differenze.

A queste identità resistenziali va contrapposta, nell’era della globalizzazione, un’identità delle persone, dei diritti umani, delle libertà, delle pari opportunità, delle differenze culturali e della democrazia, prima ancora che dei popoli, della religioni, degli stati-nazione e delle superpotenze.

                                                            elena varriale

 

 
 
 
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