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Mediazione civile e commerciale
 

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Decreto ingiuntivo e mediazione obbligatoria

 

L’impianto legislativo in caso di opposizione a provvedimento monitorio fa scattare l’improcedibilità non al momento in cui si propone l’opposizione, ma nel momento – successivo – in cui il giudice è chiamato a pronunciarsi ull’istanza di provvisoria esecutività del decreto opposto.

Quid juris se il giudice non si pronuncia? Fin quando rimane in piedi la questione dell’improcedibilità?

Il d. lgs. 28/2010 tace sul punto, per cui sembra opportuno riferirsi al rilievo dell’improcedibilità in genere (indipendentemente cioè dalla causa che l’ha originato).

In tema di azione personale nei confronti di debitore fallito, ad esempio la Cassazione ha statuito che:

Le questioni concernenti l’autorità giudiziaria dinanzi alla quale va introdotta una pretesa creditoria nei confronti di un debitore assoggettato a fallimento, anche se impropriamente formulate in termini di competenza, sono, in realtà (e prima ancora), questioni attinenti al rito. Pertanto, proposta una domanda volta a far valere, nelle forme ordinarie, una pretesa creditoria soggetta, invece, al regime del concorso, il giudice (erroneamente) adito è tenuto a dichiarare (non la propria incompetenza ma) l’inammissibilità, l’improcedibilità o l’improponibilità della domanda, siccome proposta secondo un rito diverso da quello previsto come necessario dalla legge, trovandosi in presenza di una vicenda “litis ingressus impediens”, concettualmente distinta da un’eccezione d’incompetenza, con la conseguenza che la relativa questione, non soggiacendo alla preclusione prevista dall’art. 38, primo comma, c.p.c. (nella sua formulazione in vigore dopo il 30 aprile 1995), può essere dedotta o rilevata d’ufficio in ogni stato e grado del giudizio. Cass. civ. Sez. I, 23/04/2003, n. 6475; Cass. civ. Sez. I, 13/06/2000, n. 8018

Altri ambiti in cui opera l’improcedibilità per mancato esperimento del tentativo di conciliazione sono quelli relativi alle controversie agrarie e di lavoro. La Cassazione recentemente ha tracciato un distinguo tra le due diverse discipline:

In materia agraria, la necessità del preventivo esperimento del tentativo di conciliazione, secondo quanto previsto dall’art. 46 della legge 3 maggio 1982, n. 203, configura una condizione di proponibilità della domanda, la cui mancanza, rilevabile anche d’ufficio nel corso del giudizio di merito, comporta la definizione della causa con sentenza dichiarativa di improponibilità; diversamente, nella materia lavoristica, alla stregua di quanto stabilito dall’art. 412-bis cod. proc. civ., l’esperimento del tentativo di conciliazione integra una condizione di procedibilità e la sua mancanza una improcedibilità “sui generis”, avuto riguardo al regime della sua rilevabilità ed all’iter successivo a siffatto rilievo. Ne consegue che l’art. 412-bis cod. proc. civ., anche se successivo all’anzidetto art. 46 (siccome introdotto dall’art. 39 del d.lgs. 31 marzo 1998, n. 80), giacché reca una disciplina peculiare del processo del lavoro, non può trovare applicazione nel processo agrario, il quale mantiene inalterata la propria diversa ed autonoma regolamentazione positiva dettata dal citato art. 46. (Cassa e decide nel merito, App. Catania, 23/11/2004) Cass. civ. Sez. III, 29/01/2010, n. 2046

Pare allora di potersi assimilare l’improcedibilità in materia lavoristica a quella della mediazione civile, posto che il d.lgs. non contiene norme analoghe a quelle contenute nella l. 203/1982 che prevedono la sentenza di merito per improponibilità.

Anzi, l’art 5 prevede che:

L’improcedibilità deve essere eccepita dal convenuto, a pena di decadenza, nel primo atto difensivo tempestivamente depositato e può essere rilevata d’ufficio dal giudice non oltre la prima udienza

Dunque come “conciliare” questa disposizione con il monitorio?

L’art 5 non pare molto applicabile, perché la prima udienza è stata già tenuta… ma pure il rilievo officioso in ogni stato e grado sembra non del tutto confacente in quanto in contrasto con la ratio dell’art. 5 che vuol limitare chiaramente il rilievo nel giudizio di cognizione sino alla prima udienza ed il giudizio di opposizione è un ordinario giudizio cognizione.

Si potrebbe intendere “prima udienza“, come “prima udienza successiva alla concessione (o negazione) dei provvedimenti circa la provvisoria esecutività del decreto opposto?“.
Fonte:Dirittomoderno

Dirittomoderno
 
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Credito d'imposta di una mediazione come fare?

E’ tempo di dichiarazioni dei redditi.

L’art. 20 del decreto legislativo 28/2010 prevede che alle parti che corrispondono l’indennità ai soggetti abilitati a svolgere il procedimento di mediazione presso gli organismi è riconosciuto, in caso di successo della mediazione, un credito d’imposta commisurato all’indennità stessa, fino a concorrenza di euro 500. In caso di insuccesso della mediazione, il credito d’imposta è euro 250.

Come fare?

1)-Il Ministero della Giustizia, deve, entro il 30 maggio di ciascun anno, inviare al contribuente che si è avvalso della mediazione, una comunicazione con la quale certifica l’importo del credito spettante.

2)-Il credito d’imposta è utilizzabile a decorrere dalla data di ricevimento della comunicazione da parte del Ministero della Giustizia.

3)-In caso di omessa indicazione del credito nella dichiarazione dei redditi si decade dal beneficio. Il limite di euro 500 o 250 è da intendersi riferito a ciascun procedimento, di conseguenza in caso di più mediazioni è possibile indicare nel Modello Unico un importo eccedente il limite di 500 euro.

Se l’avente diritto è titolare di reddito d’impresa o di lavoro autonomo può utilizzare il credito in compensazione con altri debiti derivanti da imposte sui redditi, ritenute, Iva, Irap, ecc. mediante il modello F24.

Se l’avente diritto è, invece, una persona fisica non titolare di partita Iva può utilizzarlo in diminuzione delle imposte sui redditi.

 
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Corte costituzionale

Attualmente le questioni di legittimità costituzionale sollevate dai giudici di merito che sono pervenute in Corte, che sono state pubblicate in Gazzetta Ufficiale e, quindi, in attesa della fissazione dell’udienza, sono:

1. TAR Lazio, Roma, ord. 12 aprile 2011;

2. G.d.P. Parma, ord. 1 agosto 2011, n. 271;

3. G.d.P. Catanzaro, ord. 9 settembre 2011;

4. G.d.P. Catanzaro, ord. 26 ottobre 2011;

5. G.d.P. Recco, ord. 5 dic. 2011.

Sebbene pervenuta alla cancelleria della Corte, poi, è ancora in attesa di essere pubblicata l’ordinanza
n. 51 del 2012 del G.d.P. Salerno,
mentre non risulta ancora pervenuta in cancelleria l’ordinanza del
Tribunale di Genova del 18 novembre 2011.

Ciò lascia presumere, quindi, che i tempi della decisione si allungheranno ulteriormente.

Secondo le norme che regolano il giudizio dinanzi alla Corte Costituzionale, infatti, decorsi venti giorni dalla pubblicazione in G.U. delle ordinanze che sollevano questioni di legittimità costituzionale in via incidentale, termine che consente alle parti di prendere visione degli atti e di presentare deduzioni, la Corte fissa l’udienza nei successivi venti giorni e si pronuncia nei successivi, ulteriori, venti giorni.

In questo caso, quindi, i rumors di inizio 2012 lasciavano pensare che essendo avvenuta la pubblicazione dell’ordinanza del Tar del Lazio il 28 dicembre 2011 e scadendo il termine per le deduzioni delle parti il 17 gennaio 2012, la Corte fissasse l’udienza nei primi giorni di febbraio e, sempre, nello stesso mese, depositasse la pronuncia.

Al contrario, l’udienza ad oggi non è stata ancora calendarizzata, ma si è provveduto, appunto, a pubblicare anche le altre ordinanze via via pervenute e si è in attesa dell’ordinanza del Tribunale di Genova che, peraltro, è l’unica che solleva questioni di l.c. in tema di rapporti tra mediazione e diritti reali.

Ciò lascia desumere che le questioni sollevate dai vari giudici verranno riunite dalla Corte.

Nel frattempo il Ministro della Giustizia Severino ha annunciato una stretta sulla qualifica professionale dei mediatori, nonché un inasprimento dei controlli sugli ormai 800 organismi di mediazione accreditati ed iscritti presso il Registro degli organismi di mediazione tenuto presso il Ministero."

 
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D.Lgs 28/2010 sulla mediazione: ancora modifiche

Post n°296 pubblicato il 30 Aprile 2012 da Mediazionecivile

A quasi due anni di distanza dalla pubblicazione del decreto legislativo 28/2010, il legislatore ancora tenta di trovare strumenti che possano rafforzare e legittimare lo strumento conciliativo.
In ultimo, è intervenuto il decreto legge 212/2011 con il quale il Governo, lo scorso dicembre, ha realizzato una serie di disposizioni urgenti in materia di “composizione delle crisi da sovraindebitamento  e disciplina del processo civile”.
Tra le varie disposizioni, ciò che qui ci occupa è la trattazione in merito all’art. 12 del decreto summenzionato.
In particolare, quest’ultimo ha inciso sulla disciplina in ordine alla mancata partecipazione alla procedura conciliativa della parte costituitasi in udienza e in ordine alla mediazione ordinata dal giudice.
Quanto alla prima problematica, v’è da dire che l’art. 8 d.lgs 28/2010 ha subito nel corso dell’ultimo anno svariati interventi.
In primo luogo, dalla semplice valutazione come argomento di prova del comportamento della parte che non abbia preso parte al tentativo obbligatorio di conciliazione senza giustificato motivo, si è passati alla condanna al pagamento di una somma pari al contributo unificato dovuto per il giudizio.
In secondo luogo, il decreto legge del mese scorso antepone alla disposizione testè citata l’obbligo che tale condanna avvenga alla prima udienza di comparizione con ordinanza non impugnabile.
La modifica, dunque, presenta un aspetto di non poca rilevanza se si pensi che fino ad ora, la pronuncia con la quale il giudice condannava la parte al versamento di una sanzione pari al contributo unificato poteva essere oggetto di gravame.
Ma vi è di più, con tale meccanismo, il Governo ha voluto introdurre uno strumento pregnante di sensibilizzazione alla partecipazione alla procedura di mediazione, realizzando l’intento deflattivo dei procedimenti, per cui era nata la normativa stessa.
Il problema resta, ad ogni modo, quello di stabilire i confini ed l’ambito applicativo della nozione di “giustificato motivo” con il quale la parte potrebbe ovviare alla mediazione e alle successive sanzioni ed il cui compito, probabilmente, sarà devoluto esclusivamente all’interprete.
La seconda modifica, come detto, riguarda la mediazione sollecitata dal giudice qualora le parti si presentino in udienza senza aver espletato il previo tentativo obbligatorio di mediazione o qualora, durante il processo, sopraggiungano le condizioni per una conciliazione tra le parti.
Ebbene, l’art. 12 del d.l. 212/2011 ha introdotto il comma 6 bis all’art. 5, il quale stabilisce che “il capo dell’ufficio giudiziario vigila sull’applicazione di quanto previsto dal comma 1 e che lo stesso deve adottare ogni iniziativa necessaria a favorire l’espletamento della mediazione su invito del giudice ai sensi del comma 2, e ne riferisce, con frequenza annuale, al Csm e al Ministero della Giustizia”.
In tal modo, dunque, anche alla luce delle ultime statistiche in materia e che hanno visto una bassa percentuale di mediazioni effettuate su invito del giudice, la novella responsabilizza i capi degli uffici giudiziari e, di conseguenza, gli stessi giudici, ad un maggior controllo e ad un utilizzo più efficace del meccanismo conciliativo ai fini deflattivi.
Inoltre, gli stessi devono adottare iniziative in grado di favorire tali scopi ed inserirle nell’attività di pianificazione resa obbligatoria e da riferire annualmente al Csm (art. 37 d.l. 98/2011).
In conclusione, non si può non negare come quest’ultimo intervento abbia conferito portata più autorevole a tale strumento, attesi gli ottimi risultati registrati.

 
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