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Messaggi del 10/12/2015

Stato d'eccezione - Giorgio Agamben

Post n°1299 pubblicato il 10 Dicembre 2015 da Pitagora_Stonato
 

 

1.3 Il significato immediatamente biopolitico dello stato di eccezione come struttura originale in cui il diritto include in se il vivente attraverso la propria sospensione emerge con chiarezza nel« military order» emanato dal prèsidente degli Stati Uniti il 13 novembre 2001, che autorizza la «indefinite detention» e il processo da parte di « military commissions » (da non confondere con i tribunali militari previsti dal diritto di guerra) dei non-cittadini sospetti di implicazione in attività terroristiche

Già lo USA PatriotAct, emanato dal Senato il 26 ottobre 2001,  permetteva all'Attorney general di «prendere in custodia» lo straniero (alien) che fosse sospettato di attività che mettevano in pericolo «la sicurezza nazionale degli Stati Uniti», ma entro sette giorni lo straniero doveva essere o espulso o accusato di violazione della legge sull'immigrazione o di un altro delitto. La novità dell'«ordine» del presidente Bush e di cancellare radicalmente ogni statuto giuridico di un individuo, producendo così un essere giuridicamente innominabile e inclassificabile. I talebani catturati in Afghanistan non solo non godono, dello statuto di POW secondo la convenzione di Ginevra, ma nemmeno di quello di imputato di un qualsiasi delitto secondo le leggi americane. Non prigionieri né accusati, ma soltanto detainees, essi sono oggetto di una pura signoria di fatto, di una detenzione indefinita non solo in senso temporale, ma quanto alla sua stessa natura, poiché del tutto sottratta alla legge e al controllo giudiziario. Il solo paragone possibile è con la situazione giuridica degli ebrei nei Lager nazisti, i quali avevano perso, con la cittadinanza, ogni identità giuridica, ma mantenevano almeno quella di ebrei. (…) nel detainee di Guantnamo la nuda vita raggiunge la sua massima indeterminazione.

1.4 All'incertezza del concetto corrisponde puntualmente l'incertezza terminologica. Il presente studio si servirà del sintagma «stato di eccezione» come termine tecnico per l'insieme coerente di fenomeni giuridici che si propone di definire. Questo termine, comune nella dottrina tedesca (Ausnahmezustand, ma anche Notstand, stato di necessità), è estraneo alle dottrine italiana e francese, che preferiscono parlare di decreti di urgenza e di stato di assedio (politico o fittizio, état de siège fictif) Nella dottrina anglosassone prevalgono invece i termini martial law ed emergency powers.

Se, com'è stato suggerito, la terminologia è il momento propriamente poetico del pensiero, allora le scelte terminologiche non possono mai essere neutrali. In questo senso, la scelta del termine « stato di eccezione» implica una presa di posizione quanto alla natura del fenomeno che ci si propone di investigare e alla logica più adatta alla sua comprensione. Se le nozioni di «stato di assedio» e di «legge marziale» esprimono una connessione con lo stato di guerra che è stata storicamente decisiva ed è tuttora presente, esse si rivelano tuttavia inadeguate per definire la struttura propria del fenomeno e necessitano per questo delle qualificazioni «politico» o «fittizio», anch'esse in qualche modo fuorvianti. Lo stato di eccezione non è un diritto speciale (come il diritto di guerra), ma, in quanto sospensione dello stesso ordine giuridico, ne definisce la soglia o il concetto-limite.


(storia della nascita della definizione di stato d’eccezione)





(…) l'estensione dei poteri dell'esecutivo in ambito legislativo attraverso l'emanazione di decreti e provvedimenti, in conseguenza della delega contenuta in leggi dette dei «pieni poteri». «Intendiamo per leggi dei pieni poteri, quelle leggi con le quali viene accordato all'esecutivo un potere di regolamentazione eccezionalmente ampio, in particolare il potere di modificare e di abrogare con decreti le leggi in vigore» (Tingsten, 1934, P. 13). Poiché leggi di questa natura, che dovrebbero essere emanate per far fronte a circostanze eccezionali di necessità e di urgenza, contraddicono alla gerarchia fra legge e regolamento che sta alla base delle costituzioni democratiche e delegano al governo un potere legislativo che dovrebbe essere competenza esclusiva del parlamento,


(segue analisi di questa anomalia nei vari paesi europei)


1.7 Il problema dello stato di eccezione presenta evi denti analogie con quello del diritto di resistenza. Si è molto discusso, particolarmente in sede di assemblee costituenti, dell'opportunità di inserire il diritto di esistenza nel testo della costituzione. Nel progetto dell'attuale Costituzione italiana era stato così inserito un articolo che recitava: «Quando i poteri pubblici violano le libertà fondamentali e i diritti garantiti dalla Costituzione, la resistenza all'oppressione è un diritto e un dovere del cittadino ». La proposta, che riprendeva un suggerimento c Giuseppe Dossetti, uno degli esponenti più prestigio dell'area cattolica, incontrò vive opposizioni. Nel corso del dibattito, prevalse l'opinione che fosse impossibile regolare giuridicamente qualcosa che, per sua natura; si sottraeva all'ambito del diritto positivo e l'articolo non fu approvato. Ma nella Costituzione della Repubblica federale tedesca figura invece un articolo (l'art. 20) che legalizza senza riserve il diritto di resistenza, affermando che «contro, chiunque tenti di abolire quell'ordine [la costituzione democratica], tutti i tedeschi hanno un diritto di resistenza se altri rimedi non sono possibili».

Le argomentazioni sono qui esattamente simmetriche a quelle che oppongono i fautori della legalizzazione dello stato di eccezione nel testo costituzionale o in una apposita legge a quei giuristi che ritengono del tutto inopportuna la sua regolamentazione normativa. E certo, in ogni caso, che, se la resistenza diventasse un diritto o addirittura un dovere (la cui omissione potrebbe essere punita) non soltanto la costituzione finirebbe col porsi come un valore assolutamente intangibile e onnicomprensivo, ma  anche le scelte politiche dei cittadini finirebbero con l'essere giuridicamente normate. Il fatto è che, sia nel diritto di resistenza sia nello stato di eccezione, in questione, tutto sommato, è il problema del significato giuridico, di una sfera d'azione in sé extragiuridica. In contrasto qui sono la tesi che afferma che il diritto deve coincidere con norma e quella che sostiene invece che l'ambito del diritto eccede la norma. Ma le due posizioni sono in ultima analisi solidali nell'escludere l'esistenza di una sfera del l'azione umana del tutto sottratta al diritto.


(segue breve storia dello stato d’eccezione)


E noto che la prassi della legislazione governamentale attraverso decreti-legge è da allora diventata in Italia la regola. Non soltanto si è ricorso alla decretazione di urgenza nei momenti di crisi politica, eludendo così il principio costituzionale secondo cui i diritti dei cittadini possono essere limitati solo per legge (cfr., per la repressione del terrorismo, il decreto-legge 28 marzo 1978, fl. 59, convertito nella legge 21 maggio 1978, n. 191 - la cosiddetta legge Moro -, e il decreto-legge 15 dicembre 1979, n. 625, convertito nella legge 6 febbraio 1980, n. ma i decreti-legge costituiscono a tal punto la forma normale di legislazione che essi hanno potuto essere definiti come «disegni di legge rafforzati a urgenza garantita» (Fresa, 1981, p. 152). Ciò significa che il principio democratico della divisione dei poteri è oggi venuto meno e che il potere esecutivo ha di fatto assorbito, almeno in parte, il potere legislativo. Il parlamento non è più l'organo sovrano cui spetta il potere esclusivo di obbligare i cittadini attraverso la legge: esso si limita a ratificare i decreti emanati dal potere esecutivo. In senso tecnico, la Repubblica non è più parlamentare, ma governamentale. Ed è significativo che una simile trasformazione dell'assetto costituzionale oggi in corso in misura diversa in tutte le democrazie occidentali, benché sia perfettamente nota ai giuristi e ai politici, rimanga del tutto inosservata da parte dei cittadini. Proprio nel momento in cui vorrebbe dar lezioni di democrazia a culture è tradizioni diverse, la cultura politica dell'Occidente non si rende conto di averne del tutto smarrito il canone.


Ps, per chi fosse interessato, assolutamente da leggere il capito 3: Iustitium e senatus consultum ultimum nel diritto romano.

 

 
 
 

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