EREMO MISANTROPO
se non avete nulla da aggiungere astenetevi. Grazie
Post n°1419 pubblicato il 10 Giugno 2021 da Pitagora_Stonato
Miracolosamente ricordo la password
Ben 14 messaggi di donne che vogliono scoparmi!
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Post n°1417 pubblicato il 18 Luglio 2018 da Pitagora_Stonato
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Dal Vaticano Sevo una passeggiata si estendeva fino a un piccolo porto di container, che subito si apriva sulla vera attività cittadina. E lì fu chiaro che la città era soltanto una postilla a ciò che effettivamente aveva reso sevo e svanȉ prima una repubblica sovietica e poi un litigioso Stato moderno. L'Absurdistan era il mar Caspio, e il mar Caspio era il petrolio che vi era contenuto in abbondanza. Le torri di trivellazione si innalzavano appena oltre l'ultimo granello di umanità. Il petrolio si rifiutava di dare alla città il minimo respiro, negava ai suoi abitanti la possibilità di vedere riflessa nell'acqua la propria immagine. Gli umili macchinari di costruzione sovietica, scadenti trivelle gialle arrugginite nel mare in rovina, si arrendevano alle enormi piattaforme petrolifere occidentali, alle spie luminose lampeggianti dagli impianti alti trenta piani, alla loro enormità galleggiante, un secondo orizzonte che rivaleggiava con i grattacieli della Terrazza Internazionale. Con le sue tre terrazze discendenti, Svanȉ City correva incontro al Caspio e il Caspio la restituiva con uno schiaffo oleoso delle sue onde.
« Non faccia troppo caso all'industria petrolifera » disse Sacha seguendo la direzione del mio sguardo. « Guardi la città. Cerchi di immaginare il mare completamente libero dal petrolio e la città che lo domina orgogliosa. »
Spostai lo sguardo dalle piattaforme alle terrazze sevo e svanȉ e mi misi a canticchiare Imagine. La canzone di John Lennon era quel che ci voleva. Immaginai di volare con l'elicottero sopra la città, imparando. a conoscere gli abbellimenti architettonici e le bellezze naturali di grande impatto, ma l'elicottero continuava a volare in direzione nordovest fino a quando raggiungeva la punta meridionale dell'isola di Manhattan, diffondeva la sua ombra sopra il conglomerato di asfalto di Downtown e di Midtown e superava velocemente i frontoni e le finestre degli abbaini del Dakota Building a Central Park, dove un tempo il signor Lennon visse e morì.
E subito dopo eccomi su un treno IRT diretto a East Tremont Avenue, nel Bronx. Era inverno, il riscaldamento era al massimo e nel mio cappotto foderato di lapin sentivo il sudore raccogliersi fra la seconda e la terza piega del collo, che, prese insieme, formavano un setaccio carnoso. Sentivo l'acqua fresca sgocciolare lungo la clavicola, irrigare i peli ricciuti dell'inguine. Avevo caldo e freddo, ero ansioso e innamorato. Sui treni in direzione dei distretti esterni di New York le dimensioni dei passeggeri superano di gran lunga quelle della popolazione bianca che gironzola per Downtown. I miei compagni obesi erano stoici, multiculturali, vestiti con piumini gonfi in grado di salvare un astronauta dall'asfissia spaziale. Appoggiati alle porte per mantenere l'equilibrio, addentavano ali di pollo e code di bue fritte, sputando ossa e cartilagine nei sacchetti di plastica. Chi erano questi Atlanti di Amsterdam Avenue? Questi Caligola di Cypress Hilis? Se non fossi stato così schizzinoso da non volermi ungere le mani, mi sarei unito a loro per consumare al bagliore deossigenato del treno numero 5 un piccolo mammifero avvolto nella pellicola trasparente.
E le ragazze... Oh, come mi turbavano le ragazze! Ognuna aveva in sé un piccolo particolare di Rouenna - un naso elegante, un sopracciglio rasato da gangsta, un labbro inferiore pieno sberluccicante sotto un mucchio di lucidalabbra-, ognuna urlava e rideva con le compagne di scuola nel patois bronxiano che cominciavo appena a capire. Era febbraio, e le signorine avrebbero potuto coprirsi con piumini pesanti, ma per un non so che più da caldo Paese del Sud riuscivano a essere al contempo mezzo nude e a mostrarmi l'osso pubico, la piega a Y che precede il posteriore profondo. Di tanto in tanto, poi, in risposta ai miei sogni più frequenti, entravano nel mio campo visivo ascelle grosse e carnose e io strizzavo gli occhi per discernere una traccia di peluria riccia, il fantasma di un folto ciuffo precedentemente rasato, perché appartengo alla scuola di pensiero che equipara peluria ascellare a sessualità senza freno.
Absurdistan - Gary Shteyngart - Guanda
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Post n°1415 pubblicato il 19 Marzo 2018 da Pitagora_Stonato
Leggendo le citazioni(altrui) e le massime(altrui) che akcuni condividono frequentemente sul web mi viene il sospetto che queste vengano propaga(nda)te più per convincere se stessi che per lanciare ottimistici messaggi alla probabile, eventuale, talvolta rara se non assente, platea. Penso che alcune, poche, massime (altrui) e citazioni (altrui) meriterebbero una discussione, un dibattito, un confronto tra i pro i contro, tra i "si ma" o i "no però"; lo affermava Nietzsche, ci deve essere la citazione in questo blog da qualche parte. Suppongo che non sia questo il fine di chi pubblica frequentemente pensieri più o meno profondi, più o meno articolati, più o meno brevi o incisivi. Sempre più spesso mi viene il dubbio che molte frasi condivise non siano state capite (ne ho quasi la certezza), o magari non abbiano nulla a che fare con il pensiero del condivisore, ma suonane bene, fanno fare bella figura, regalano magari un'aura di chissacchè.
Ma sì, ma a me che importa?
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Post n°1414 pubblicato il 01 Marzo 2018 da Pitagora_Stonato
Scopri il cialtrone che è in te ovvero. Cialtroni sono sempre gli altri? |
Post n°1413 pubblicato il 14 Febbraio 2018 da Pitagora_Stonato
Fino a 20 punti
da :
Andrea Ballarini - "fenomenologia del cialtrone" |
se passi di qui, è un pensierino per te, spero ti diverta:
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Post n°1411 pubblicato il 24 Ottobre 2017 da Pitagora_Stonato
6 - Il sogno di Duvalier
Il suo nome non ha importanza, e nemmeno il suo aspetto. Quel che importa è che lei esistette, che Trager provò ancora una volta, e che si forzò di farlo, di crederci e di non mollare Ci provò.
Ma mancava qualcosa. Di magico?
Le parole erano le medesime.
Quante volte si può dirle, si chiese Trager, dirle credendoci, come la prima volta, in cui si sono pronunciate? Una volta, due, tre forse? Oppure un centinaio? E quelli che le dicono cento volte, sono davvero più bravi ad amare? Oppure solo a mentire a se stessi? Non sono piuttosto persone che hanno rinunciato molto tempo prima al sogno, che ne usano il nome per qualcos’altro?
Disse le parole, tenendola stretta, cullandola e baciandola. Disse le parole con esperienza, maggiore e più incisiva, e più morta di ogni convinzione.
Disse le parole e tentò, ma ormai non riusciva più a dar loro un significato.
E lei le disse a lui, e Trager si rese conto che non avevano più alcun significato. Si dissero un'infinità di volte le cose che ciascuno dei due voleva sentirsi dire, ed entrambi seppero che stavano fingendo.
Ci provarono veramente. Ma quando lui allungò la mano, come un attore prigioniero del proprio ruolo e destinato a recitare in eterno la stessa parte, quando allungò la mano e le toccò la guancia... la pelle era liscia, dolce e piacevole. E bagnata di lacrime.
(…)
Di tutte le belle e crudeli bugie che ti raccontano, la più cattiva è quella chiamata amore. Meathouse Man - G.R.R. Martin (da Splatter Punk - Paul M. Sammon - Arnoldo mondadori editore)
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Post n°1410 pubblicato il 26 Settembre 2017 da Pitagora_Stonato
Pitston: " sai che oggi c'è la fine del mondo?" IGN: "Anche oggi" Pitston: " per fortuna siamo al cinema"
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Post n°1409 pubblicato il 12 Settembre 2017 da Pitagora_Stonato
(…) ORESTE(accasciato): Dici bene: senza odio. Come senza amore. Tu, avrei potuto amarti. Avrei potuto… Ma che dico? Per amare, per odiare, bisogna darsi. È bello, l'uomo dal sangue ricco, saldamente piantato in mezzo ai suoi beni, che un giorno si dà all'amore, all'odio, e che con sé dà la sua terra, la sua casa e i suoi ricordi. Chi sono, io, e che ho da dare, io? Esisto appena fra i fantasmi che gironzolano oggi per la città, nessuno è più fantasma di me. Io ho conosciuto amori di fantasma, esitanti e radi come vapori; ma ignoro le dense passioni dei viventi (…)
DA "Le mosche" Jean-Paul Sartre - tascabili Bompiani |
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