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Post n°21 pubblicato il 25 Aprile 2012 da giugibzz1
11."Guardatevi dai falsi profeti che vengono a voi in veste di pecore, ma dentro sono lupi rapaci! Dai loro frutti li riconoscerete" Mt.7:15s. Ora, al di là di questo notissimo avvertimento (ma evidentemente poco ascoltato) dato da Gesù ai suoi seguaci, mi chiedo: Esiste da qualche parte un qualcosa, uno strumento, un metro di paragone direi, che definisca, una volta per tutte, chi può essere chiamato cristiano, oggi come ieri, in modo inoppugnabile, incontrovertibile, certo, sicuro, palpabile se possibile, così da mettere fine a quella assurda guerra di dispute, sovente pretestuose, tra cristiani o sedicenti tali, appartenenti a confessioni diverse, e iniziata quasi agli albori del cristianesimo e combattuta non solo a parole (si pensi a certi sanguinosi periodi storici) e che continua, purtroppo, imperterrita, anche se in forme più subdole e mascherate, fino ai giorni nostri? E se sì, dove trovarlo? La risposta al primo interrogativo è immediata e affermativa. Ma anche quella al secondo quesito è di facile soluzione. Tale metro di raffronto si trova proprio nella Parola di Dio, la Bibbia per l'appunto e nelle ripetute espressioni che essa cita con riferimento al cristiano, a questo nuovo, cioè, e acquistato figlio di Dio. Ecco, tanto per cominciare, quel che dice l'apostolo Paolo: "Se tu professerai con la tua bocca Gesù come Signore e crederai nel tuo cuore che Dio lo ha risuscitato da morte sarai salvo" Rm.10:9. E in Gal.3:26: "Tutti, infatti, siete figli di Dio in Cristo Gesù mediante la fede". E proseguiamo con l'evangelista Giovanni: "Ma a quanti lo ricevettero, diede il potere di diventare figli di Dio, a quelli che credono nel suo nome" Gv.1:12. E altrove ribadisce: "Ogni spirito che confessa Gesù Cristo venuto nella carne è da Dio" 1Gv.4:2. E ancora: "Chi confessa che Gesù è il Figlio di Dio, Dio in lui rimane ed egli in Dio" 1Gv.4:15. Dello stesso tenore è pure quest'altra: "Chi crede che Gesù è il Cristo, è nato da Dio; e chi ama colui che ha generato ama anche chi è stato generato da lui" 1Gv.5:1. E qui mi fermo, essendo tali versetti più che sufficienti ad esprimere in tutta chiarezza il concetto voluto. Desidero solo concludere degnamente il pensiero iniziale col citare di nuovo Paolo, che ci dà un altro mirabile indizio interpretativo con cui poter riconoscere, senz'ombra di dubbio, il cristiano tra noi: "Nessuno, mosso dallo Spirito di Dio", egli scrive, "può dire: Maledizione a Gesù, e nessuno può dire: Gesù Signore se non in virtù dello Spirito Santo" 1Co.12:3. E allora? E allora smettiamola una buona volta, come ci richiede Gesù, di giudicarci gli uni con gli altri, di condannarci, di escluderci a vicenda. Ognuno esprima l'amore per Dio come se la sente, nella quantità e nel modo in cui è più capace. Preghi come, dove e quando vuole, sia che lo faccia con frasi già definite e imparate a memoria, sia che privilegi, invece, libere e spontanee e spesso come avviene per certi cristiani, anche troppo numerose parole, dimentichi forse in ciò del preambolo, a guisa di consiglio, posto da Gesù all'insegnamento del "Padre Nostro" ai suoi discepoli e come egli stesso pregò, effettivamente, durante la sua agonia nell'orto del Getsemani la sera prima di morire. Ancora, fa poca differenza credo, dal punto di vista del buon Dio, che uno si ritenga già salvo per la fede in Gesù o che voglia altrimenti aspettare, più prudentemente, la certezza dell'ultimo giorno; sia che privilegi le opere supportate dalla fede o la fede seguita dalle opere; sia che preferisca porre nella sua predicazione e devozione l'accento su Cristo crocefisso, come faceva Paolo, o sempre come il medesimo, e in altre occasioni, si soffermi al contrario prevalentemente sull'annuncio di Gesù Messia Signore. Siamo servi di Dio e non degli uomini. "E chi sei tu che giudichi il domestico altrui? O che cada o che stia in piedi è cosa che riguarda il suo padrone; ma il Signore lo farà stare ritto perché ha il potere di farlo" Rm.14:4s. Questo, sempre secondo il modo di esprimersi diretto ed efficace dell'apostolo dei gentili. Quindi, purché tutto sia fatto a lode di Dio, e con la massima umiltà e sincerità di cuore, ogni cosa è bene. Però, fino a un certo punto. Difatti: "Nessuno può gettare un fondamento diverso da quello già posto, che è Gesù Cristo. E se, sopra questo fondamento, si costruisce con oro, argento, pietre preziose, legno, fieno, paglia, l'opera di ciascuno sarà resa palese; la svelerà quel giorno che si manifesterà col fuoco, e il fuoco saggerà quale sia l'opera di ciascuno. Se l'opera costruita resisterà, si riceverà la mercede; ma se l'opera finirà bruciata, si avrà danno; ci si potrà salvare, ma come attraverso il fuoco" 1Co.3:11-15.
12.Ecco qui elencate di seguito, una dietro l’altra, anche se non del tutto per ordine d'importanza, le principali caratteristiche di Dio secondo la religione cristiana. A dire il vero talune di queste proprietà sono in comune con altre religioni, altre, invece, sono deducibili con il concorso della sola ragione umana e appartengono perciò all’indagine filosofica. Esaminiamole dunque insieme. Iniziamo dalla specificità, l’unicità, l’individualità di Dio. Cioè Dio visto in quanto persona e perciò dotato di volontà, coscienza, razionalità. Facoltà che gli permettono evidentemente di interagire con le sue creature privilegiate quali, ad esempio, gli angeli e l’uomo, fatto, quest’ultimo, come afferma la Bibbia, proprio ad immagine e somiglianza del suo Creatore. Altra caratteristica è la sua trascendenza che gli concede di essere nettamente contraddistinto dal mondo e da qualunque cosa da lui creata. Difatti Egli è l’essere autosussistente e autosufficiente, che non riceve da altri la sua ragion d’essere, perché, com’è causa di tutte le cose, Egli è pure causa sui, ossia di sé stesso, e non è perciò necessitato da altri, mentre tutte le cose per poter sussistere necessitano di lui (nella filosofia moderna, si afferma che Dio è la ragion sufficiente di tutto ciò che esiste). E’ altresì assolutamente libero, fuori da ogni condizionamento, ed è ovunque pur non essendo né limitato né trattenuto da nulla; puro spirito, onnisciente, onnipotente, santo, infinitamente buono (“Dio è amore”, ci informa l’apostolo ed evangelista Giovanni, in 1Gv.4:16). Inoltre bisogna porre in rilievo la sua paternità, e dopo l’incarnazione avvenuta, come ci dice la fede, nella persona del Figlio, anche la sua umanità. Si è accennato e non a caso al Figlio, perché la religione cristiana, e solo quella, considera Dio Uno e Trino, cioè un solo Dio ma in tre persone (Padre, Figlio e Spirito Santo), uguali e tuttavia distinte (Trinità appunto e non triteismo, secondo l’accusa dei suoi avversari), tanto che per i più, non si può essere definiti cristiani se non si crede, come non vi credono i Testimoni di Geova, pur proclamandosi lo stesso cristiani, alla Trinità. Per ultimo accenniamo a un’altra fondamentale peculiarità di Dio: alla sua riservatezza, imperscrutabilità, enigmaticità, misteriosità; al Deus absconditus per dirla in breve, ossia il Dio nascosto, tipico di tutta la tradizione giudaico-cristiana (“Veramente tu sei un Dio nascosto, Dio d’Israele, salvatore” Is.45:15). Quest’ultima specificità gli accorda di non rivelarsi completamente all’uomo, ma di lasciargli un margine di libertà tale, perché l’uomo lo ricerchi volontariamente e sia portato a seguirlo non per costrizione alcuna, ma in forza del suo solo amore (”Dio di sé lascia intravedere, e non semplicemente vedere, quanto basta perché l’uomo sia spinto a cercarlo” B.Pascal). Non sottomissione forzata come avviene nell’Islam dunque, ma rispetto da parte di Dio della dignità e libertà umana e da parte dell’uomo uno svincolato ed umile riconoscimento della potestà di Dio e desiderio di sottomettersi a lui, poiché solo in Dio, sotto la sua tollerante servitù, costui è paradossalmente reso creatura veramente libera, autentica, genuina, felice, immortale, realizzata, congiunta com’è in un abbraccio d’eterno amore con Colui che l’ha creato. Creatore -e qui, dopo tante parole, consiste di fatto l’essenza del cristianesimo e la sua irriducibilità a ogni altra concezione religiosa-, che ha mandato, mentre eravamo ancora peccatori, il suo unigenito Figlio a incarnarsi e a morire in croce per noi, per poi risorgere e liberarci definitivamente dalla schiavitù e dalla conseguenza del peccato, la morte appunto, e farci così creature nuove in Cristo Gesù, facendoci passare dalla condizione di schiavi a quella di figli. E in dove ogni altra religione sarebbe, non dico superiore, ma anche solamente simile e preferibile e più allettante di questa? Se qualcuno può, sa e vuole mi risponda e risponda soprattutto a se stesso, alla sua coscienza, perché in essa vi trovi pace, quella vera e duratura pace che nel solo Gesù il cristiano sa però sicuramente di poter trovare e dover ottenere, affinché essa si realizzi pienamente e permanentemente nei nostri cuori.
13."Fratelli miei, se uno tra voi traligna dalla verità e qualcuno lo riconduce indietro, sappiate che uno che ha fatto ritornare indietro un peccatore dalla via dell'errore, salverà la sua vita dalla morte e coprirà una moltitudine di peccati" (Gc.5:19-20). Questo celeberrimo, e a ragione, passo tratto dalla chiusa della lettera dell'apostolo e "fratello" del Signore, Giacomo, fa da introduzione al tema che andrò sin da ora sviluppando, ossia qual è il rapporto tra il cristiano e la verità e che cosa costui deve pensare dell'errore e di coloro che lo propagano. Il nesso, diciamolo subito, è strettissimo, se non addirittura inscindibile, tanto che Gesù afferma di se stesso: "Io sono la via, la verità e la vita" (Gv.14:6) e Giovanni lo definisce nel prologo al suo Vangelo: "Pieno di grazia e di verità" (Gv.1:14). Altrove poi Gesù dichiara: "Per questo io sono nato e per questo sono venuto nel mondo, per rendere testimonianza alla verità; chiunque è dalla verità ascolta la mia voce" (Gv.18:37). E ancora: "Se perseverate nella mia parola, siete veramente miei discepoli, conoscerete la verità e la verità vi farà liberi" (Gv.8:31-32). Riguardo al Padre suo poi è categorico: "Dio è Spirito", egli dice, "e i veri adoratori devono adorarlo in spirito e verità" (Gv.4:24). E l'apostolo Paolo così ammonisce i suoi confratelli: "Perciò, messa da parte la menzogna, ciascuno dica la verità al suo prossimo, perché siamo membra gli uni degli altri" (Ef.4:24), sottolineando, in un'altra delle sue lettere, là dove celebra l'amore cristiano o carità, che "la carità", che è il dono massimo a cui deve aspirare il seguace di Cristo, più della stessa fede e della speranza, "non gode dell'ignoranza, ma si compiace della verità" (1Co.13:1s.). D'altronde, nel Vangelo di Giovanni, Gesù definisce il diavolo, il quale è da sempre il nemico giurato di Dio e il suo massimo oppositore, "padre della menzogna e omicida fin dal principio" (Gv.8:44). Traiamo, allora, da quanto fin qui esposto, delle immediate e logiche conseguenze. La prima è che non ci può essere connubio tra verità ed errore, ma solo una consapevole e ferma opposizione. Abbiamo già visto come, nella lettera di Giacomo, colui che partecipa dell'errore viene definito peccatore e destinato alla morte, che altro non è che la sua dannazione eterna. Peccato ed errore quindi vanno di pari passo per la fede cristiana, a braccetto l'uno con l'altro. Perciò non è scusabile il cristiano che prende l'errore sottogamba e non aderisce alla verità tutta intera. Tanto più oggi che viviamo sotto la pestilenza dell'errore, propagato ad arte dai nemici della verità, gli atei in primo luogo, i quali oltre che opporsi alle varie confessioni religiose e principalmente alla più santa e alla più vera tra queste, la cristiana, appunto, ne sovvertono con piena coscienza e mossi da deliberato consenso nel voler compiere il male, i valori da esse con tanto fervore propagati. Così se il cristianesimo afferma la sacralità del matrimonio, l'ateo diffonde la cultura dell'amore libero e della convivenza. Se il cristianesimo afferma la naturalezza del rapporto uomo-donna, l'ateo gli affianca il rapporto amoroso dell'uomo verso un altro uomo. Se il cristianesimo proclama la sacralità della vita fin dal suo concepimento, l'ateo gli contrappone la sua negazione, con le migliaia di embrioni umani soppressi giornalmente nei suoi laboratori della morte. Se il cristianesimo considera effimere le cose di questo mondo, l'ateo le assolutizza fino a venerarle, cedendo al materialismo più volgare e a tutto danno delle cose spirituali, che rigetta risoluto. Se il cristianesimo, infine, afferma la gerarchia dei valori, con Dio al primo posto, quindi le creature angeliche, l'uomo, poi gli animali, cominciando, tra essi, da quelli cosiddetti di affezione, perché viventi da migliaia di anni orami a stretto contatto con l'uomo, e giù giù fino ad arrivare dalle forme più complesse alle forme più elementari, l'ateo, di nuovo, stravolge tutto, negando per prima cosa Dio e facendo di se stesso semmai un altro dio, oppure, ormai privatosi della sua inequivocabile dignità di uomo, si pone allo stesso livello delle bestie, dando più affetto e considerazione ad esse che ai suoi simili, fino a scivolare quasi inavvertitamente ma inevitabilmente, in molti casi, nell'aberrante degenerazione della zoofilia. A quel punto Dio lo ha proprio abbandonato a se stesso e il diavolo ne ha fatto sua preda. Del resto si può dire che la stupidità dell'uomo che rinnega Dio, il vero e unico Dio, il Dio e Padre del nostro Signor Gesù Cristo, e che si priva perciò dei veri valori che tale credenza porta con sé, non ha purtroppo freno o inibizione alcuna: arriva a limiti talvolta impensabili. Ho conosciuto, infatti, di recente, un'animalista praticante, che credeva a una pseudo profetessa che diceva di parlare in nome di Cristo e ne reinterpretava, riscrivendoli, i Vangeli, la quale affermava che l'amore cristiano che l'uomo deve al suo prossimo si doveva estendere, includendo così anche altri esseri oltre gli uomini nell'accezione di prossimo, alla stessa maniera e senza seguire alcun criterio gerarchico di differenziazione, verso tutto il regno animale e non solo, ma anche ai vegetali. Roba da matti! Pensate un po'! Il mio prossimo non è solo quel povero pollo che si trova ora, suo malgrado, nel mio piatto, ma anche quella porzione di pasta al sugo di pomodoro che l'ha preceduto ed è finita con tanto gusto nel mio stomaco. Ecco quindi dove si arriva quando si volta le spalle alla verità con la "V" maiuscola: si cade tra le braccia dell'errore e dell'errore spesso più grossolano ed ingannevole, proprio perché l'uomo e non l'animale, non la pianta, è portato per sua natura a credere, ne ha l'esigenza e quindi se traligna volutamente dalla verità dataci da Dio, perché non gli piace e ne vuole perciò un'altra costruita da se stesso e che si adatti alle sue brame perverse, commette peccato e il peccato, allontanandolo dalla familiarità con Dio, lo conduce alla morte. E perciò sta al cristiano far sì che l'errore non si propaghi, facendosi, ovunque egli si trovi, araldo della verità. Ricordando all'uomo, che più che peccare è grave il non riconoscere la colpa e soprattutto spacciare volutamente l'errore per verità e viceversa, così come, non paghi dei propri vizi, industriarci, con malevolenza verso tutto ciò che è buono, affinché anche gli altri li condividano con noi. In questo consistono la degenerazione e la depravazione della natura umana e il peccato contro lo Spirito Santo, commettendo il quale, ci ricorda la Scrittura, non vi è remissione alcuna, né in questa, né tanto meno nell'altra vita.
14.La maggior parte degli uomini che professano una fede nell'al di là, non vuole né cerca esattamente Dio quale Egli è e si propone rivelandosi, bensì vuole un dio, sia come sia, tanto più se si adatta alle sue esigenze particolari, alla sua cecità mentale, alla sua durezza di cuore (v., a mo' d'esempio esplicativo, il celebre episodio della costruzione del Vitello d'oro da parte degli Israeliti, narrato nel c.32 del libro biblico dell'Esodo). Ecco così spiegato il motivo per cui la purezza del messaggio originario di tutte le religioni viene ben presto alterata dai fedeli, coadiuvati in ciò da coloro che li dirigono e dovrebbero far di tutto, invece, per salvaguardare le peculiarità della fede ricevuta, ma evidentemente incapaci di opporsi alla massa fanatica e corrotta, e anche perché alla fine trovano in tutto ciò, ossia nello scadere della fede nella mondanità e nella superstizione, un forte guadagno e prestigio personali, nonché, assecondandoli, un modo per tenere a freno e non lasciarsi scappare i devoti. Ed ecco allora la necessità di rimettere mano, interpretandoli alla luce delle nuove realtà, agli scritti originari. Ecco quindi nascere la teologia, i dogmi, i riti, una nuova casta, il clero, e tutto l'apparato ecclesiastico basato su un forte ordinamento gerarchico, fino all'assolutizzazione di una persona su ogni altra, vista come rappresentante di Dio in terra, per cui gli sono dati i titoli più altisonanti tra i quali primeggiano quelli evocanti direttamente l'Altissimo. Viene di conseguenza omaggiato con atti di devozione vari, specialmente in certi periodi storici, quali prostrazione, genuflessione, bacio del piede, della mano ecc. Lo si porta, come in una processione, per mostrarlo al pubblico, su portantina. Infine, lo si giudica infallibile nei suoi pronunciamenti riguardo le questioni di fede, in modo tale, da ritenerlo autorizzato a cambiare la verità delle scritture con un reinterpretazione di queste, se non con delle vere e proprie aggiunte del tutto umane. Ora ditemi, qualcuno vi riconosce in questa analisi qualche chiesa in particolare? Se sì, sono certo fin da ora che ha fatto centro.
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