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Due militari italiani in ostaggio dell’India da un anno
Post n°145 pubblicato il 30 Gennaio 2013 da alfredo.decclesia
Fra due settimane sarà trascorso un anno dal momento in cui i nostri Marò sono stati catturati con l'inganno dall'India e costretti a subire uno stato di detenzione seppure in libertà vigilata. 365 lunghi giorni ed ancora non si intravede la soluzione del problema. Di nuovo una cortina impenetrabile è calata sulla vicenda garantita dal silenzio tombale dei mezzi di informazione e delle Istituzioni.Una precedente ricostruzione del Ministro Terzi titolata "Marò in India, ricostruzione del Ministro Terzi", ripresa e pubblicata domenica 27 gennaio su "Altrainformazione" http://alfredodecclesia.blogspot.it/2013/01/maro-in-indiaricostruzione-del-ministro.html?spref=fb) dopo 12 mesi ripropone una serie di quesiti su aspetti ancora non del tutto chiari, che invece meriterebbero un maggiore approfondimento per capire esattamente cosa sia successo il 15 febbraio 2012. Ci dice il Ministro che "...., le autorità indiane hanno chiesto via radio al comandante della Enrica Lexie di dirigersi verso il porto di Kochi (India, Stato del Kerala), precisando che avevano arrestato alcuni sospetti pirati e necessitavano di una collaborazione per identificare gli autori dell'attacco." Comunicazione del Centro di coordinamento per la sicurezza in mare di Bombay che è risultata immediatamente falsa ed ingannevole e come tale considerata reato penale dal Diritto Internazionale marittimo. Un'occasione forse da non perdere per sottoporre i fatti alla valutazione delle strutture giuridiche internazionali, ma l'Italia ha preferito scegliere l'approccio del low profile. Possiamo ancora leggere, ".....decideva di dirigere in porto, informando di questa sua decisione il Centro operativo interforze della Difesa,....". Anche il Ministro De Paola ha ammesso, con la risposta scritta 4-070507 ad un'interrogazione presentata alla Camera che "......l'autorizzazione a procedere verso le acque territoriali indiane è stata data dalla compagnia armatrice, una volta contattata dal comandante della nave. Ciò, tuttavia, per la presenza di NPM a bordo, è avvenuto a seguito di preventiva informazione della catena di comando militare nazionale.....". E' quindi lecito riproporre l'interrogativo per chiarire se il Centro Operativo Interforze della Difesa abbia informato immediatamente l'Unità di crisi del Ministero degli Esteri su quanto stesse accadendo nell'Oceano indiano con il coinvolgimento di una nave battente Bandiera italiana, di cittadini italiani imbarcati come equipaggio e come Nuclei Militari di Protezione antipirateria. Una domanda rimasta tale da 365 giorni e rimane ancora oscuro un aspetto importante della vicenda, quello di un possibile carente coordinamento fra i due Dicasteri.Una sola certezza: all'arrivo della nave a Koci erano ad attenderla in banchina il Console italiano a Mumbai e l'Addetto Militare accreditato in India. Un altro aspetto rilevante lo troviamo nell'affermazione del Ministro "Aggiungo che la missione militare dell'Unione europea «Atalanta», di cui facciamo parte, contempla la possibilità di inviare nuclei militari armati posti sotto il comando e il controllo della missione europea e con chiare regole di ingaggio. La presenza di questi nuclei a bordo è conforme anche alla risoluzione dell'ONU....". Probabilmente l'ONU e l'Unione Europea dovevano, quindi, farsi carico "motu proprio" della vicenda e promuovere ogni iniziativa per una rapida ed efficacie soluzione del problema nel pieno rispetto del Diritto Internazionale e della "immunità sovrana" dei due militari di uno Stato Membro dell'Unione. Nella relazione non emerge, invece, lo scarso interesse internazionale ed in particolare della UE, piuttosto viene sottolineata l'attenzione alla vicenda della baronessa Catherine Asthon responsabile della politica estera dell'Unione. La stessa che il 2 ottobre 2012 attraverso il suo portavoce ha dichiarato in una lettera "Non sarebbe corretto per l'UE intervenire in una questione che è posta dinanzi alle competenti istanze giudiziarie di uno Stato Straniero". Leggendo, poi, che ".....abbiamo ottenuto anche un sostegno pubblico alla posizione italiana, espresso dalla stampa,....", sembrerebbe che tutti i media nazionali ed internazionali abbiano parlato a fondo e con cadenza ciclica della vicenda dei due marò, esprimendo posizioni ben precise contro la disattenzione indiana nell'applicazione del Diritto internazionale. Non risulta, però, che ciò sia avvenuto. Piuttosto molte le critiche della stampa internazionale per l'iniziativa della Ferrari in occasione del Gran Premio di Nuova Delhi e molta attenzione nel riportare e commentare la una "frettolosa" dichiarazione alla stampa indiana del Sottosegretario agli Esteri De Mistura del 18 maggio 2012, "La morte dei due pescatori è stato un incidente fortuito, un omicidio colposo. I nostri marò non hanno mai voluto che ciò accadesse, ma purtroppo è successo». Una ricostruzione quella del Sig. Ministro accurata, ma che invece di chiarire induce interrogativi di non poco conto in particolare su come sia stata fino ad ora regolato e gestito il concorso militare per azioni contro pirateria. Perplessità peraltro espresse in questi giorni anche dai vertici della Marina Militare ( Adnkronos 25 gennaio 2013, Caso maro': Marina, vicenda pone ipoteca su tutela nostri militari in missione) e condivise da moltissimi italiani che da un anno si stanno impegnando come società civile a favore dei nostri due Marò. Forse dopo un anno sarebbe auspicabile poter leggere qualcosa che evidenzi la volontà di considerare quanto accaduto una "Lesson Learned" da cui trarre spunti per il futuro e non proporre invece gli eventi in una cornice di perfezionismo esasperato che per taluni aspetti potrebbe anche offendere l'intelligenza degli italiani.
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il 17/11/2014 alle 19:08
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