Da piccola
mi dicevano di aspettare.
"Aspetta l'inizio della scuola per usare la valigetta di colori nuovi".
"Aspetta che tutti siedano a tavola per assaggiare la torta".
"Aspetta il compleanno per la bambola".
"Aspetta Natale per le tue scarpette di cuoio".
L'attesa.
Era questo ciò che mi rendeva inquieta e nervosa...l'attesa.
Il dover attendere quanto?...un giorno,un mese...un anno?
Per quanto mi sforzassi,per quanto cercassi di rimanere buona,riuscivo sempre a "rovinare" o a "rovinarmi" le sorprese.
E così,il bellissimo pacchetto regalo incartato con amorevole cura e buon gusto,avvolto in quella meravigliosa carta che sembrava del velluto rosso,non arrivava mai del tutto intero o immacolato alla vigilia di Natale.
E la torta di mele amputata con atroce e calcolata precisione.
Oggi a distanza di anni,dopo che la vita mi ha brutalmente fatto saggiare il suo flagello sulla carne,dopo che dolore e felicità hanno cominciato a ballare insieme un valzer senza fine...è adesso che comprendo che il vero farabutto di tutta la storia non è l'attesa,ma la speranza che sempre si nutre quando si rimane lì seduti ad aspettare gli eventi.
Sivegerna.