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L'amore che non muore

Post n°577 pubblicato il 27 Agosto 2010 da a17540
 

Un film di Patrice Leconte. Con Juliette Binoche, Daniel Auteuil, Emir Kusturica. 
Titolo originale La veuve de Saint-Pierre.  - Francia 2000.















In piedi in una grande stanza, sullo sfondo luttuoso di alte tende scure, Madame La (Juliette Binoche) guarda verso l'esterno, in attesa. Così inizia L'amore che non muore, in originale La veuve de Saint-Pierre. La vedova, appunto, è il soprannome tradizionale della ghigliottina (talvolta gli uomini si compiacciono di celebrare le proprie nefandezze con un macabro senso del comico). Attorno a essa Patrice Leconte è lo sceneggiatore Claude Faraldo raccontano tre storie, che i titoli di testa hanno cura di riferire a un nucleo di fatti veri di cui resterebbero prove documentali presso il tribunale di Saint-Pierre, colonia francese al largo delle coste canadesi.
La prima storia, la più edificante ed esplicita, ha come protagonisti l'assassino Neel August (Emir Kusturica) e Madame La. La seconda, narrata per cenni e con un passato solo suggerito, riguarda invece il rapporto fra la stessa Madame La e il marito, taciturno capitano della guarnigione dell'isola (Daniel Auteuil). La terza, molto più "pubblica", oppone il capitano al piccolo gruppo di notabili di Saint-Pierre, intenti ad affermare e confermare il loro potere. A dare senso più ampio a tutte e tre le storie, è però tanto lontana che sull'isola ne giungono solo echi, c’è la Francia della Seconda Repubblica, proclamata nel febbraio del 1848 in seguito all'abdicazione di Luigi Filippo. Nel dicembre dello stesso anno Luigi Napoleone Bonaparte, il futuro Napoleone III, è stato eletto presidente, dopo che il governo ha represso con l'esercito le insurrezioni operaie e socialiste. Data l'instabilità politica, nei mesi seguenti - il film è ambientato nel 1849, per quanto il fatto di cronaca cui s'ispira sia accaduto invece nel 1920 - il gruppo di notabili ha fondati motivi di temere per la tranquillità delle proprie carriere. D'altra parte, questo stesso sfondo storico illumina il poco che la sceneggiatura rivela del passato del capitano e della moglie, legati nella madrepatria a movimenti d'opinione radicali e ora costretti all'esilio. Nonostante la molteplicità dei temi narrativi, Leconte e Faraldo riescono a integrare le tre storie, dando loro una forza suggestiva talvolta non comune, insieme umana e morale. In ogni caso, la vicenda di Neel è la più debole (e comunque buona la prova di Kusturica, qui al suo esordio come attore). Madame La "verifica" nell'assassino di buon cuore le proprie teorie umanitarie. Un uomo, dice, può essere criminale in un momento della sua vita, e poi non esserlo più. Che si condivida - come può sembrare auspicabile - questa sua prospettiva, o che si propenda per un'antropologia più pessimista o più cinica, in ogni caso il suo ravvedimento e il suo recupero sono raccontati per così dire dall'esterno. La sceneggiatura ne descrive l’evoluzione attraverso episodi esemplari, edificanti, che non riescono da soli a rendere sempre anche l’evoluzione interiore di Neel. Ben più intenso il film è quando mette a confronto il "non detto" dell'amore e della formazione etica e politica di Madame La e del marito con la realtà psicologica è, anch'essa, politica del ristretto gruppo dominante di Saint-Pierre. Quelli, testimoni e vittime del naufragio di speranze civili, sono "imprigionati" senza più illusioni nei ghiacci e nelle brume di un mondo che pare esso stesso esiliato dal mondo. Questi, dal governatore al funzionario delle dogane, sono invece "prigionieri" delle loro piccole vite, intenti a difendere con misera solerzia il loro potere, per quanto minimo sia. E appunto la "vedova" (insieme con il boia, suo triste accessorio) che misura gli uni e misura gli altri. Caricata nella stiva d'un grande veliero bianco - bianco come un fantasma -, solca il mare e arriva a Saint-Pierre, lenta e inesorabile come la burocrazia che amministra la morte. Per i notabili è lo strumento necessario non tanto a uccidere un uomo (cosa che, in sé, stimano di ben scarso rilievo), quanto a tener pubblica fede a una loro decisione, e dunque a confermare il loro ruolo. Per il capitano, anzi per lui e per Madame La insieme, è lo strumento e il simbolo della barbarie che vince. In questo senso, le tre storie diL'amore che non muore possono essere raccontate come una sola storia: quella di un uomo e di una donna tanto fedeli l'uno all'altra, tanto decisi a nutrire i propri ideali della propria passione, da accettare il rischio della morte pur di non tradire questa tradendo quelli. E siamo così, alla fine del film, di nuovo all'inquadratura che l’ha aperto. Al di là delle tende luttuose, un plotone d'esecuzione spara. Al di qua, Madame La ha motivi per tenere ben vivo il suo amore.
di Roberto Escobar - Da Il Sole 24-Ore, 15 ottobre 2000

 
 
 
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Applicato in ambito artistico permette di travalicare le consuete strutture sintattiche e arriva a toccare il fondo oscuro e inconfessato dell'animo umano. 

L’esempio più celebre e valido in ambito letterario è forse il monologo di Molly Bloom con cui si chiude l’Ulisse di James Joyce.
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