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Post n°3 pubblicato il 22 Ottobre 2008 da lafrontierascompars2

IL GRANDE RITRATTO

di Anna Bracci

Parlare di Dino Buzzati non è cosa facile. Prima di tutto perchè non solo è uno scrittore profondo e sincero, ma anche un abile pittore, poeta, sceneggiatore di teatro, giornalista, compositore di musica. Si dice che a Milano, nella casa di Buzzati in viale Vittorio Veneto, ci sia una cassapanca piena di quaderni e diari ricchi di appunti, riflessioni, disegni. Chi ha avuto la fortuna di conoscere il Buzzati giornalista, scrittore o critico d’arte aveva davanti a sè un uomo disponibile, umile e perfino timido, all’apparenza un po’ infantile. C’era quindi da meravigliarsi quando poi si scopriva che non solo Buzzati era considerato all’estero uno dei più grandi interpreti della coscienza dell’uomo contemporaneo, ma veniva reputato un maestro del racconto italiano.

Quando Dino Buzzati Traverso nasce il 16 ottobre 1906 a San Pellegrino vicino Belluno nella casa che la famiglia possiede, a Trieste Joyce e Svevo diventano amici, Carducci vince il premio Nobel, il Papa condanna la legge di separazione fra Stato e Chiesa in Francia.

La famiglia del nostro risiede però a Milano dove il padre di Buzzati insegna diritto internazionale all’università di Pavia

Nel 1920 muore il padre di Buzzati. E’ importante menzionare ciò per il rapporto che lo scrittore ebbe con la madre, veneziana e sorella dello scrittore Dino Mantovani. Quando il padre muore , B. è quattordicenne e ne ha un ricordo superficiale; la madre invece morì che era molto vecchia, lasciando un vuoto profondo nell’animo di B. che vedeva la madre senza peccato. Finchè visse la madre, egli non sentì il desiderio di farsi una famiglia propria. Così si sposò a sessant’anni e i suoi fratelli non lo fecero mai. La presenza dolce e altruista della madre la si può trovare nella novella I due autisti nella raccolta di racconti Il colombre del 1966.

Dopo il liceo classico e la laurea in legge, nel 1928 è assunto al "Corriere della Sera" dove lavorò praticamente per tutta la vita come cronista, inviato speciale, redattore e titolista di terza pagina. Nel 1933 Hitler è nominato cancelliere della Repubblica tedesca, per la cultura abbiamo nomi come Pirandello, Deledda, Vittorini, Ungaretti, Mann e Pasternak e B. pubblica Bàrnabo delle montagne, unico libro che fece leggere prima ad un collega e che scrisse pensando che non sarebbe mai stato pubblicato.

Nel 1935 viene pubblicato Il segreto del bosco vecchio, l’Italia aggredisce l’Etiopia, Hitler introduce le leggi razziali ed esce postumo Il messaggero dell’imperatore di Kafka. Sulla polemica Buzzati - Kafka torneremo più avanti. Il periodo quindi non è sicuramente propizio per delle storie favolistiche, così questo romanzo passa pressochè inosservato. Ne Il segreto del Bosco Vecchio dove le presenze misteriose del bosco sottoforma di spiriti sono in lotta con il colonnello Procolo (la lotta fra il bene e il male tra le forze della natura e l’uomo), lo scrittore forse vuole solo creare una sorta di lettura di evasione dato il periodo storico drammatico o nello stesso tempo vuole in qualche modo reagire, a modo suo, al senso di chiusura che in quegli anni il regime fascista ha arrecato.

Durante un’intervista al "Corriere d’Informazione" nel 1966 Buzzati così si esprime:

"Oggi troppa gente si illude di poter fare un romanzo che stia in piedi limitandosi a raccontare i propri ricordi dell’infanzia, della famiglia, del padre, della madre, delle sorelle, della moglie e via via fino alle più lontane parentele, della scuola, della vita militare, della resistenza, dell’ufficio, della fabbrica, eccetera. Si direbbe che nessuno sia più capace di inventare storie".

 
 
 
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