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Post N° 12

Post n°12 pubblicato il 15 Dicembre 2008 da lafrontierascompars2

Clima: accordo lampo con compromesso

E' leadership europea sulle politiche verdi mondiali. Scontente le associazioni ambientaliste.

 

15 dicembre 2008. Il clima europeo di baruffa si raffredda. Si ufficializza oggi in sessione plenaria l’intesa di Bruxelles sul “pacchetto clima”. Il parlamento europeo ha discusso la scorsa settimana la serie di proposte che il presidente di turno delle 27 stelle, Nicolas Sarkosy, definisce “storiche”. In pratica i paesi che hanno approvato il documento si impegnano nel “piano 20-20-20” che consiste nella riduzione del 20% delle emissioni di gas serra entro il 2020 (rispetto ai dati del 1990), l’aumento del 20% nell’efficienza energetica e l’incremento nella stessa percentuale dell’uso di energie alternative.

Secondo Avril Doyle, europarlamentare che segue le negoziazioni, l’accordo è arrivato in tempi record: “Non sono neanche 12 mesi che abbiamo ricevuto il testo e già abbiamo terminato il nostro lavoro in un tempo che neppure ci è stato richiesto!”.

L’accordo fra Consiglio, Parlamento e Commissione permette all’Europa di avere una seria piattaforma d’intesa a Copenaghen. Nella città danese nel dicembre 2009 si deciderà infatti la forma del nuovo protocollo di Kyoto. Già Sarkozy, durante gli incontri di questa settimana ha discusso la necessità di rinnovare il “borsino delle emissioni”, ovvero il sistema ETS (Emission Trade System), il mercato delle quote di CO2 attribuite ad ogni paese di Eurolandia. Il principio è “chi inquina paga”. Inseriti nel pacco climatico anche i limiti alle emissioni di inquinanti in settori prima non coperti dagli accordi. Ma i patti di riduzione del 20% non valgono per tutti: i colossi industriali hanno avuto una deroga. Le novità di Bruxell prevedono anche una cornice legislativa e degli aiuti per il sistema di stoccaggio dell’anidride carbonica.

Secondo Christian Egenhofer del Centre for European Policy Studies, questo è il prezzo pagato dall’UE per un accordo-lampo. Ma non è tutto qui. I delegati europei sanno bene che la conferenza ONU sul clima del 2009 è alle porte e – soprattutto con la svolta verde americana – è necessario proporre un piano chiaro, che ribadisca senza dubbi la leadership europea sulle nuove eco-politiche mondiali.

In realtà l’accordo non è stato facile a causa delle richieste dell’Italia, ma anche di Polonia e Germania, che hanno grandi interessi in industrie come acciaio, chimica e cemento, che dunque hanno ancora campo libero.

Angela Merkel e la sua Germania temevano il crollo dell’occupazione tedesca: "Ci impegneremo al massimo per evitare decisioni UE sul clima che mettano in pericolo i posti di lavoro in Germania", ha detto la cancelliera. Anche l’Italia si è opposta alle euro-limitazioni con grande caparbietà. Barroso – presidente della Commissione Europea – ha dichiarato senza mezzi termini: “Gli obiettivi UE non sono negoziabili”. Eppure l’Italia ha ottenuto una revisione degli accordi nel 2014 e l’indicatività degli obiettivi intermedi. Nessun obbligo prima della scadenza, insomma.

Claude Turmes, l’eurodeputato che segue i negoziati sul clima ha puntato il dito contro le resistenze dello “scarpone mediterraneo”: “C`è una sola spiegazione - dice rassegnato Turmes - cioè che Enel e altre compagnie usano il governo come cavallo di troia. E non solo sulle rinnovabili, ma su tutto il pacchetto: non vogliono la liberalizzazione del solare, che farebbe crollare i prezzi dell'energia a vantaggio di consumatori e imprese. Per questo chiedono una clausola di revisione nel 2014."

Eppure la penisola ha un potenziale solare enorme, potrebbe essere un gigante. "Alcuni gruppi vogliono solo controllare il mercato” conclude l’euro-parlamentare.

Francesca Farina

 
 
 
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