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Sui sentimenti e dintorni« Shakespeare: sonetto | Fernando Pessoa » |
Oh, che luce vedo sprigionarsi lassù, da quella finestra? È l’oriente, lassù, e Giulietta è il sole! Sorgi, bel sole, e uccidi l’invidiosa luna già pallida di rabbia ed ammalata, perché tu, che sei sua ancella,() sei di gran lunga più splendente di lei. Non restare sua ancella, se è invidiosa di te; la sua veste s’è fatta ormai d’un colore verde scialbo e non l’indossano altro che le sciocche. Gettala via!… Oh, sì, è la mia donna, l’amore mio. Ah, s’ella lo sapesse! Lei mi parla, anche senza dire una parola. Come mai?… Perché è il suo occhio che mi parla, e io risponderò. Oh, ma che sto dicendo… Presuntuoso che sono! Non è a me, che lei parla. Due luminose stelle, tra le più fulgide del firmamento avendo da sbrigare qualcosa altrove, se ne sono andate dalle loro sfere e hanno pregato i suoi occhi di brillarvi fino al loro ritorno… E se quegli occhi fossero invece al posto delle stelle, e quelle stelle sulla sua fronte? Allora sì, la luce del suo viso farebbe impallidire le stelle, come il sole la luce d’una lampada; e tanto brillerebbero i suoi occhi per i campi del cielo, che gli uccelli si metterebbero tutti a cantare credendo fosse finita la notte. Guarda come poggia la sua guancia su quella mano… Un guanto vorrei essere, su quella mano, e toccare quella guancia!
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