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Post N° 40

Post n°40 pubblicato il 14 Dicembre 2006 da feroce.saladino
 

SUB 4 - ESSERE ABBANDONATO

 

L’uomo teme di essere abbandonato.

La donna, se ne dovrebbe dedurre per contro, lo spera. Ah, non vede l’ora che l’essere al quale ha donato tutto il suo cuore e la sua anima e che occupa ogni millimetro quadrato dei suoi pensieri un bel giorno sparisca per sempre dalla sua vita…

Ma forse è meglio sfatare questa convinzione: noi donne non temiamo di essere abbandonate, noi abbiamo il terrore di essere abbandonate.

 

Se siamo disposte a sopportare tradimenti, incomprensioni, indifferenza…

Se riusciamo ad accettare che la notte ci sbuffi in faccia come un mantice ed il mattino ci stenda con un’alitata…

Se abbiamo la capacità di ridere delle sue battute idiote…

Se fingiamo un orgasmo paradisiaco per farlo sentire il maschio più maschio dell’universo…

 

non è perché abbiamo lo spirito di sacrificio di Madre Teresa di Calcutta, ma perché abbiamo la viscerale paura che colui che, in fondo in fondo, non sopportiamo possa un giorno non tornare più a casa. E la paura è tanto più intensa quanto più ci si inoltra nell’età avanzata.

 

Quando si è giovani, dopo un abbandono, si ha ancora la prontezza di riflessi di dire con orgoglio: “morto un papa se ne fa un altro”. Quando si arriva alla mia età si pensa che se anche si ha per le mani un sacerdote che mai farà carriera, è meglio tenerselo buono per evitare che decida di diventare buddista.

Occorre, però, anche ammettere che ciò che ci turba maggiormente è che il nostro papa o sacerdote che sia non riesca a comprendere quale immensa fortuna gli sia capitata ad averci incontrato. Rimaniamo eternamente stupite che l’essere al quale abbiamo concesso di averci per tutta la vita, anziché venerarci come delle sacre icone, un bel giorno decida di volare verso altri lidi.

La nostra incomprensione, infatti, la manifestiamo apertamente quando, accecate dal dolore della scoperta del tradimento, gli urliamo con tutta la rabbia che abbiamo in corpo “TANTO NON NE TROVERAI MAI PIÙ UNA COME ME”.

Bisogna dire che, dal canto suo, l’uomo ha quella risposta giusta che riesce a zittirci e mortificarci in un colpo solo: “e chi la vuole una come te… se la volevo non andavo a cercarmene un’altra”. Il ragionamento non fa una grinza.

Da lì comprendiamo che, anche se ci siamo sbattute come anguille per appagare il nostro compagno e tenercelo tutto per noi, non c’è modo di arginare un fiume in piena che ha preso la via della tracimazione … ma…

 

… almeno possiamo dire di averci provato…

 

 

SUB 5 – NON SENTIRSI ACCETTATO

 

L’uomo teme di non sentirsi accettato.

Pare che un uomo non possa sopportare che la propria compagna gli dia dei consigli perché il messaggio che ne riceve è una dimostrazione di sfiducia nei suoi confronti. Insomma, se una donna si permette di suggerire al proprio compagno, ad esempio, di chiedere informazioni circa il modo di raggiungere una certa determinata meta (l’esempio non è casuale, ma ricavato dai molti trattati che ho letto), lui si sente profondamente ferito perché pensa di non essere in grado di affrontare la situazione…

Perché, non è vero? Se si perde in stradine di campagna mentre la meta da raggiungere è in pieno centro città, non sono i nostri consigli a non farlo sentire adeguato, è che lui non lo è. Punto.

 

A che livello di accettazione può sentirsi una donna che, in compagnia del proprio partner, pur andando dritta alla meta, scala la marcia dell’automobile che sta guidando con una frazione di secondo prima del tempo teoricamente dovuto e si sente aggredire come se avesse commesso il più ignobile dei reati?

La donna che commette questo imperdonabile errore, non solo si sente rivolgere degli epiteti degni del più demente degli esseri umani, ma si deve pure sorbire un intero trattato sull’uso corretto del mezzo di locomozione, oltre che beatamente accettare che il gioiellino con cui un infausto giorno ha deciso di accoppiarsi concluda la sua omelia con un classico: “è inutile che ti spieghi, tanto non capisci niente”.

 

Ma il punto fondamentale è un’altro.

 

Il vero dramma, a parere della sottoscritta, si compie quando, volente o nolente, una donna della mia età si trova a doversi confrontare con una soda e tornita rappresentante del gentil sesso non ancora trentenne.

Per intenderci, alle ultraquarantenni di confrontarsi con le trentenni non potrebbe minimamente interessare. La colpa, in realtà, è del compagno che predilige la carne giovane a quella, diciamo, un po’ più matura. A lui il saggio popolare “gallina vecchia fa buon brodo” non interessa minimamente. A lui il brodo di gallina fa schifo.

Il livello di accettazione di se stessa per una donna di mezz’età è più o meno quello del suolo, punto in cui la forza di gravità trascina tutte quelle parti del corpo che dovrebbero fungere da carta moschicida per i nostri mosconi.

La tonicità della pelle è pari a quella della buccia di una mela avvizzita ed i glutei e il seno subiscono un lento ma inesorabile cedimento pari a quello della ben più nota Torre di Pisa.

Inutili risultano essere gli oboli mensilmente depositati presso le più disparate attività commerciali del settore estetico: profumerie, erboristerie, farmacie, estetiste e palestre. Le giriamo tutte sperando prima o poi di trovare quella che possiede il prodotto o il trattamento fatto apposta per noi.

Non ci fermiamo neanche quando visioniamo di persona la pelle incartapecorita della titolare dell’esercizio in questione.

La ragione dovrebbe indurci a pensare che se la signora in questione è ridotta in quello stato, nonostante abbia per le mani tutto lo scibile che la scienza e la tecnica hanno studiato nel campo dell’estetica,  il motivo è uno solo: non c’è modo di arrestare i danni del tempo.

La speranza ci induce a credere fermamente che la crema che ci viene propinata o il massaggio che ci viene proposto su di noi avrà senz’altro un effetto miracoloso.

Mio malgrado io stessa devo ammettere che non c’è modo di contrastare la forza di gravità, nonostante l’impegno profuso per arrestare il crollo di quello che una volta ritenevo essere il mio cavallo di battaglia (un seno prosperoso).

In tempi ancora non sospetti mi ero fatta tatuare due delfini su un seno. Ora, tutte le volte che spalmo la miracolosa crema rassodante del momento su quelle che sarebbe meglio definire due sunsweet, mi ritrovo ad osservare due lunghe anguille. Bene, se un giorno mi ponessero la domanda: “possono i mammiferi d’acqua salata trasformarsi in bisce d’acqua dolce?”, io posso rispondere fiera: “si”.

Il fatto è che le situazioni in cui non ci sentiamo adeguate e, quindi non accettate, occupano un raggio d’azione di 360°… a tutto tondo, per intenderci. Più ci sentiamo inadeguate, più le occasioni in cui temiamo di apparire delle amebe si espandono a macchia d’olio. Il dramma è che non ci arrendiamo, anzi… per noi è uno stimolo a dare e fare sempre di più per compiacere e compiacerci.

Un circolo vizioso dal quale è praticamente impossibile uscire… ma…

 

… almeno possiamo dire di averci provato…

 

  

SUB 6 – NON SENTIRSI NECESSARIO

 

L’uomo teme di non sentirsi necessario.

Uh! Ma è un timore che non deve assolutamente avere, lui non è necessario. Lui è indispensabile. Se non esistesse chi provvederebbe a minare la nostra stabilità psicologica? Occorre dire, comunque, che in tal senso abbiamo anche noi la nostra bella missione da compiere.

Al di là di ciò, la donna ha modo, nel corso della sua vita, di sperimentare quanto il detto “tutti siamo utili, nessuno è indispensabile” sia incredibilmente perfetto e calzante in una relazione a due.

Normalmente l’esponente del gentil sesso, non si sa bene per quale recondito motivo, una volta instaurato un rapporto apparentemente soddisfacente con colui che pensa, ma sarebbe meglio dire si illude, sia l’uomo della sua vita, subisce una sorta di rincitrullimento (anche in questo caso ho usato un eufemismo) e incomincia a prodigarsi a mo’ di assistente sociale per quello che lei ritiene il soddisfacimento dell’amato.

La pietosa metamorfosi da donna interessante-intrigante-sexy a donna assistente sociale è ancora più devastante se i due soggetti in questione non convivono. Piano piano, ma con un inesorabile progressivo incalzare, la donna incomincia a mettere in azione tutte le sue arti da perfetta massaia nel timore di non riuscire a soddisfare appieno tutte le necessità ed i bisogni della sua dolce metà.

Tutto incomincia quando lei, dopo una notte di intensa e invereconda passione passata nella casa del maschio prescelto, va in bagno per darsi una rinfrescata e scopre che i sanitari, che credeva essere di un bel grigio fumo di Londra, in realtà sono ricoperti da una fitta coltre di calcare e residui di dubbia provenienza.

Da lì a trasformarsi in perfetta donna delle pulizie il passo è breve.

 Ma non si accontenta, provvede anche a lavare e stirare con amorevole cura l’inaudita montagna di indumenti e panni che oramai il novello giannizzero della pulizia e del bianco più bianco che più bianco non si può giornalmente si procura di lasciarle, magari con tanto di messaggio di urgenza (chissà mai perché prima si vantava di riuscire a lavare tutti i suoi panni sporchi con un solo carico di lavatrice una volta ogni due settimane).

Il top, però, viene raggiunto quando, al colmo della frenesia data dall’esigenza di sentirsi indispensabile a tutti i costi, la donna si cimenta nella preparazione dei più svariati manicaretti a base di cibi tassativamente sani e di provenienza biologica, allestendo un vero e proprio servizio catering che non sempre comporta la sua partecipazione al desco.

Per riuscire ad essere così “efficienti” con il nostro partner dobbiamo però sopportare dei piccoli sacrifici.

Pulire casa sua significa avere la nostra ridotta a poco meno di un letamaio. Lavare e stirare i suoi panni equivale a svegliarsi un giorno e scoprire di non avere neanche un paio di slip puliti. Cucinare per lui vuol dire sostentarsi di miseri avanzi. Tutto questo comporta che quando lui viene a casa nostra, e scopre la devastazione in cui viviamo, avrà un unico pensiero: “che disastro… una donna così non la sposerò mai”.

E come possiamo noi non temere di non essere necessarie quando, dopo tutto lo sbattimento appena descritto, scopriamo che in realtà i nostri uomini quando vivono da soli adorano la casa in disordine, non sopportano le camicie apprettate e soffrono di attacchi di bile ogni volta che ingeriscono un cibo che non abbia il marchio d.o.c. “Mac Donald”? … ma…

 

… almeno possiamo dire di averci provato…

 
 
 
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