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Post N° 41

Post n°41 pubblicato il 15 Dicembre 2006 da feroce.saladino
 

PARTE SECONDA

IL SENTIRE

Reazioni del soggetto

Ripartiamo dallo stesso soggetto: il maschio. Gli studi fatti su questa tipologia di essere umano hanno dimostrato che di fronte alle emozioni ed allo stress il maschio tende a ritirarsi e ad isolarsi. Anzi, per usare la stessa metafora che ho incontrato sui vari scritti consultati, si rifugia nella sua caverna a riflettere.

Quando un uomo entra nella sua caverna la donna non deve assolutamente sollecitarlo ad uscirne altrimenti viene mangiata dal drago, ossia rischia di allontanarlo ancora di più.

Interessante… ma ciò che è ancora più affascinante è che il bisogno di ritrovare se stesso, e quindi di allontanarsi, nell’uomo cresce maggiormente quando è innamorato.

Questa spiegazione mi ha allargato il cuore perché mi ha fatto scoprire una meravigliosa verità: gli uomini che ho frequentato erano tutti pazzi di me, visto che passavano la maggior parte del loro tempo a ritrovarsi… adesso che lo so sto molto meglio.

Mi viene solo un dubbio… com’è che quando sono innamorata il mio unico desiderio è quello di perdere me stessa nel mio uomo? Com’è che anelo trascorrere con lui ogni istante del mio tempo ed ogni occasione di distacco è motivo di sofferenza? Sarà perché sono donna?

La maggior parte delle donne quando è innamorata vive di luce riflessa, quella luce emanata da colui che un giorno (che prima o poi maledirà) è apparso come un dio da adorare e venerare. La maggior parte di quelle donne è destinata a vivere al buio. Probabilmente è una questione genetica, una sorta di fotosensibilità congenita, altrimenti non si spiegherebbe l’innata capacità di infatuarsi esclusivamente di uomini che dell’impegno hanno fatto la loro unica ragione di vita e che, quindi, non possono beare la donna della loro presenza.

Gli uomini in questione presentano alcune caratteristiche peculiari. La prima è che sono attaccatissimi al lavoro, stakanovisti al punto da fare straordinari non remunerati pur di poter godere della soddisfazione di esercitare la professione o il mestiere che hanno avuto la fortuna di intraprendere.

La seconda è che sono attorniati da amici di infanzia e non, con i quali hanno la necessità di trascorrere almeno un paio di sere alla settimana per poter passare momenti allegri e goliardici, indispensabili per la stabilità psicofisica di ogni individuo.

La terza è che sono dei fanatici dello sport, attività alla quale dedicano almeno un altro paio di sere settimanali per poter provare quel sottile piacere di sfinimento, tanto utile a scaricare lo stress accumulato col lavoro e le serate fuori casa.

Va da sé  che il tempo che resta loro a disposizione per poterci irradiare con la loro presenza si concretizza in scampoli di spazio tra un impegno e l’altro, nei quali noi donne cerchiamo di infilarci per poter trarre quanto più giovamento possibile dai benefici raggi che tanto necessitano alla sopravvivenza della nostra anima e del nostro cuore.

Ebbene, nonostante ci si debba accontentare di essere infilate tra una partita a carte ed un torneo di calcetto, dobbiamo ancora fare i conti con il bisogno che ha l’uomo di ritrovare se stesso, con la sua necessità di ritirarsi ed isolarsi.

Ma se l’uomo non si smarrisse costantemente nel lavoro, negli amici o nello sport non avrebbe alcuna necessità di ritrovarsi. Così, invece, perso in mille frenetiche attività, tra le quali non bisogna dimenticare anche la sua biologica tendenza al tradimento, è ovvio che ad un certo punto si debba fermare.

Ciò che mi incuriosisce maggiormente e mi lascia quel tantino perplessa è che quando l’uomo matura la necessità di isolarsi, non lo fa stando a casa dal lavoro, o rinunciando agli amici, o rimandando la serata in palestra o magari evitando di elargire altrove il suo seme per la prosecuzione della specie. No. Lo fa scartandoci dalla sua vita, a maggior ragione se è innamorato.

Chissà perché siamo così insensibili a tanta dimostrazione d’affetto…

Il fatto è che ci risulta difficile accettare che quando desideriamo donarci completamente al nostro compagno, lui non apprezzi e vada a nascondersi nella caverna pur di evitare di ricevere un ‘sì prezioso cadeau.

E l’accettazione è ancora più difficoltosa quando il soggetto a cui abbiamo deciso di porgere il gradito presente non è esattamente catalogabile tra quei soggetti che potrebbero aspirare a partecipare alle selezioni di “uomo dell’anno”.

In effetti, a ben pensarci, i maschi che generalmente costellano la vita di una donna sono più che altro individuabili nella categoria “uomo delle caverne”, per cui è perfettamente naturale che si ritirino nel luogo in cui hanno avuto origine… perché mai, allora, ci ostiniamo ad aspettare che ne escano, invece di augurarci che ci restino a vita?

Gli abissi della mente umana…

Ho visto donne splendide sotto tutti i punti di vista perdersi dietro uomini così idioti da puzzare di intelligenza; quelli, per intenderci, che:

-                              sono in grado di formulare una frase di senso compiuto solo se l’argomento di cui si discute tratta di sesso;

-                              prima ancora di essersi presentati ci tengono a precisare che per loro la libertà è una condizione imprescindibile se si vuole iniziare un rapporto;

-                              hanno precisi valori di vita, quali l’alcool e gli organi genitali femminili;

-                              offrono, in fondo, una grande opportunità alla donna che li frequenta: quella di sapere sempre ciò che pensano. E’ bello poter dire loro quanto abbiamo letto nei suoi pensieri per sentirci rispondere “ma come fai a saperlo?”. E’ ancor più bello sorridergli beate sussurrando “l’ho sentito col cuore” e pensare beffarde <<è perché sei scontato>>.

Se un uomo così si ritira, la donna dovrebbe cogliere l’attimo e fuggire a gambe levate, avendo cura di far perdere le sue tracce. Purtroppo, valendo sempre il detto “in amor vince chi fugge”, la tapina attende trepidante il ritorno dell’amato facendo ben attenzione a non disturbarlo.

Quando l’orso esce dalla caverna il segnale è chiaro: ha ritrovato se stesso… un vero peccato, avesse ritrovato qualcun altro sarebbe stato sicuramente meglio!

Accade, però, che quando il vaso della donna è colmo, anch’essa desideri ritrovare se stessa e per un certo tempo senta la necessità di isolarsi per cercare almeno di capire qual è quella forza sconosciuta che la spinge ad attaccarsi ad un uomo, che del principe azzurro che sognava da bambina non ha nemmeno i contorni.

Normalmente questa necessità la donna la sente quando arriva alla consapevolezza che tutti gli sforzi profusi per il compiacimento del proprio compagno non hanno sortito l’effetto desiderato, ossia il pieno possesso del suo cuore.

Di solito, per cercare di possedere l’uomo che abbiamo scelto tra una vasta rosa di pretendenti… sì, insomma, quei due o tre che ci hanno degnato di uno sguardo, utilizziamo tutte le nostre energie per cercare di migliorare l’aspetto fisico. Nonostante la piena coscienza di possedere un’intelligenza, una cultura e una sensibilità che meriterebbero sempre di essere utilizzate e rinnovate, sappiamo d’istinto che se desideriamo attirare l’attenzione di un maschio dobbiamo puntare sull’estetica. Al massimo possiamo cercare di ampliare le nostre conoscenze in fatto di macchine e di calcio, ma niente di più.

Nel momento esatto in cui scopriamo di essere attratte da un maschio di razza umana si apre lo scenario sul primo atto della tragedia che ci accompagnerà per buona parte della nostra vita. Ci guardiamo allo specchio e improvvisamente scopriamo che l’immagine che vediamo riflessa non è quella di una donna in perfetta forma fisica, ma quella di un’insolita quanto indesiderata coltivazione di frutta della più variegata specie.

Infatti un’analisi neanche troppo minuziosa della nostra silhouette ci svela ciò che per lungo tempo abbiamo finto di non vedere: una tonda anguria che risiede nel nostro ventre, due grappoli d’uva che si sono saldamente ancorati ai glutei e due prugne rinsecchite che hanno rubato il posto ai nostri seni.

Chiaro che il primo sentimento che ci pervade è quello della desolazione, ma lo spirito battagliero che contraddistingue una donna in amore alla fine prende il sopravvento ed inizia così la lunga ed estenuante guerra contro grasso, cellulite e segni del tempo.

Il piano di battaglia prevede, nell’ordine:

1)                           dieta con assunzione di alimenti a ristrettissimo contenuto calorico, quindi: una foglia di lattuga, una di finocchio e mezza costola di sedano. Frutta no, perché tra anguria, uva e prugne ne abbiamo già noi da vendere. Gli svenimenti sono contemplati ed auspicabili, perché segno che stiamo seguendo la dieta correttamente;

2)                           assunzione di almeno tre litri di acqua al giorno nonché di almeno uno di tisana diuretica e depurativa. Le corse in bagno a scaricare i liquidi sono anche un’utile attività sportiva adatta allo scopo che ci siamo prefisse;

3)                           massaggi drenanti, snellenti, rassodanti e rilassanti. Spendere quasi tutto lo stipendio per questo tipo di trattamenti serve soprattutto a seguire alla lettera il punto 1) del piano di battaglia;

4)                           due ore alla settimana di acquagym, mezz’ora di corsa al giorno intorno all’isolato e almeno tre serie da trenta di addominali prima dei pasti principali. Quest’ultimo punto si riesce ad attuare solo se si sopravvive ai punti precedenti.

Non c’è che dire, se ci prefiggiamo qualcosa ce la mettiamo veramente tutta per raggiungere lo scopo. Ed è con fierezza che, dopo un mese di dura lotta, ci poniamo nuovamente di fronte allo specchio per poter finalmente ammirare l’agognato corpo snello e sodo,  risultato di tanti sacrifici.

Impossibile descrivere la rabbia, il dolore e la frustrazione che si provano quando si scopre che l’anguria non ha traslocato, che i grappoli d’uva sono ancora saldamente ancorati ai nostri glutei con tutti i loro acini e che gli unici frutti che hanno subito delle trasformazioni sono le prugne, che anziché essere tornate in vita si sono rinsecchite ancora di più.

L’amarezza della sconfitta può solo essere mitigata da abbuffate di cioccolata e profiterols, ma anche un bel piatto di spaghetti alla carbonara o una teglia di melanzane alla parmigiana possono essere utili allo scopo.

Passata la rabbia e la frustrazione, grazie all’appagamento dei sensi dato dall’essersi ingozzata con quanto di più calorico offre il mercato dell’alimentazione, la donna ricade inevitabilmente nell’abisso della disperazione quando, colta da un’insolita botta di coraggio, si pone nuovamente davanti allo specchio.

Inutile dire che da questo punto si riparte dal n. 1) del piano di battaglia.

Quando noi donne realizziamo che, nonostante l’attenzione spasmodica data alla cura del corpo, la conquista del maschio che abbiamo scelto è ancora ben lungi dall’essere compiuta, ecco che incomincia il secondo atto della tragedia: chiediamo consigli alle nostre più care amiche. Il dramma nel dramma è che ognuna di loro ci darà un parere diverso e completamente opposto a quello delle altre. La lucidità mentale della donna innamorata, già di per sé labile, subisce il crollo definitivo.

I consigli forniti dalle amiche sono i più disparati, ma riassumibili nei seguenti gruppi:

A)   far comprendere all’oggetto dei nostri desideri quanto siamo innamorate di lui, senza pudori e reticenze, cercando di essere presenti il più possibile nella sua vita con telefonate, messaggi e improvvisate. Risultato: l’amato ci invierà un messaggio telegrafico col quale ci farà sapere di essersi arruolato nella legione straniera;

B)   farsi desiderare adottando lo stesso stile di vita del maschio, ossia attaccamento al lavoro, sport, amici e solo qualche ora da dedicargli, neanche tutte le settimane. Risultato: mentre siamo al lavoro, imponendoci di impegnare il tempo per indurlo a desiderarci, lo vedremo passare avvinghiato ad una bionda mozzafiato;

C)   presentarsi agli appuntamenti vestite sempre con abbigliamento super sexy consistente in minigonne inguinali, scollature profonde, autoreggenti a rete e guêpière. Risultato: lui sarà sicuramente attratto da noi, ma ci dirà con brutale sincerità che una come noi non la vorrebbe mai come madre dei suoi figli.

Nell’orgia del delirio la donna si schianta e, priva ormai di qualsiasi energia, si arrende all’evidenza e decide di ritirarsi… magari non nella caverna, perché rischia di trovarci il maschio… ma in un accogliente chalet di montagna, con tanto di tendine di pizzo e camino acceso.

I manuali in circolazione suggeriscono che, quando l’uomo si rifugia nella caverna, la donna deve astenersi dal cercare di farlo uscire in quanto rischia di allontanarlo ancora di più. Tutto ciò che deve fare è aspettare paziente che lui esca. Questo la donna lo sa perché si sforza di comprare il manuale, di leggerlo e di metterlo in pratica.

Non so se esistono manuali che suggeriscono agli uomini come comportarsi quando una donna va a farsi un soggiorno nello chalet in montagna, ma se anche esistesse gli uomini non lo comprerebbero e men che meno si sognerebbero di leggerlo e di metterlo in pratica.

Quando una donna sente il bisogno di ritrovare se stessa, quindi, è inutile che si aspetti lo stesso trattamento che riserverebbe all’uomo. Quando una donna si ritira nel suo chalet deve essere pronta a veder divelta a suon di accettate la porta che finalmente si era decisa a tenere chiusa. Se, colta da un insolito rispetto di se stessa, decide comunque di non uscire fino a quando non è certa delle scelte che deve compiere, avrà la spiacevole sorpresa di non trovare il suo compagno paziente ad attenderla.

Il detto “in amor vince chi fugge” vale solo se a fuggire è l’uomo.

 
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