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Un blog creato da feroce.saladino il 12/09/2006

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Post N° 120

Post n°120 pubblicato il 09 Novembre 2008 da feroce.saladino
 

(fine)

C’è solo da sperare, affinché la nostra società non diventi ancora più razzista, fascista e arrogante di quanto già non sia, che il Decreto non venga convertito in legge e decada. Altrimenti la Carfagna stessa dovrà temere un bello stupro liberatorio da parte di maschi infoiati che vivono ai margini della società, resi violenti dalla forzata castità voluta dalle leggi.

 
 
 

La leggenda dell'Autore - Editore

Post n°121 pubblicato il 01 Dicembre 2008 da feroce.saladino
 

 La leggenda dell’Autore che volle farsi Editore

 

Rispondo un po’ in ritardo alla richiesta di Lady Eileen di raccontare la mia esperienza di autore-editore.

Quando faticosamente arrivi allo stadio in cui hai prodotto qualcosa che ritieni possa avere la dignità di uno scritto e vorresti far conoscere agli altri con un’appropriata veste editoriale – sebbene l’aver composto qualcosa in forma leggibile non faccia di te necessariamente uno scrittore – sorge un nuovo problema che avevi completamente rimosso o sottostimato: l’impossibilità di pubblicare. Non sto a dilungarmi sulle difficoltà e gli ostacoli pressoché insormontabili che qualunque “scrittore” esordiente incontra nella ricerca di un editore che trasformi il prodotto di tanto lavoro, sacrifici, tempo, passione, in un libro, il tuo primo libro.

Mi ero stancato di dover elemosinare una briciola di interesse o un minuscolo frammento del prezioso tempo che case editrici di serie A, B o C, segreterie editoriali, curatori di collane, collaboratori e figure anonime gelosamente custodivano, opponendo risibili dinieghi o difficoltà insormontabili alle mie discrete proposte di esaminare il manoscritto o quantomeno ottenere un minimo di considerazione da parte di qualche addetto ai lavori che potesse, non dico schiudermi le porte della pubblicazione, ma almeno avvicinarmi all’obiettivo.

Così ho deciso di assumermi completamente la responsabilità dei miei destini letterari, fondando io stesso una casa editrice che avrebbe pubblicato prima di tutto i miei lavori, eventualmente estendendo ad altre opere e ad altri autori il suo campo di attività. Se poi le cose non fossero andate a buon fine…crepasse pure Sansone con tutti i Filistei.

In fondo la figura dell'editore è assimilabile ad un'entità metafisica di cui quasi non ci si accorge e che si potrebbe anche trascurare. Infatti, chi si incarica di stampare i libri è propriamente il tipografo; l'editore non scrive, ma si avvale di autori, scrittori, curatori, traduttori, fotografi, disegnatori. Non rilega e non impagina: questo è compito di legatorie, grafici, illustratori. E neppure diffonde e fa conoscere il libro: spetta alla distribuzione, alla pubblicità, ai critici. E allora cosa fa una casa editrice? Sceglie i testi da pubblicare e gli autori, che costituiranno il suo patrimonio umano e culturale; coordina le persone coinvolte nella realizzazione dei progetti e interviene in tutte le fasi mirate alla realizzazione del prodotto “libro”; infine, cosa non meno importante, decide riguardo il taglio distintivo e la politica editoriale da adottare, secondo criteri di coerenza e omogeneità, nella scelta dei temi, dei contenuti, degli autori che formeranno l'impostazione culturale dell'impresa.

Ebbene, sono riuscito miracolosamente a riunire in una sola persona, il sottoscritto, quasi tutte queste figure, professionalità e competenze.

La prima cosa che giustifichi la necessità e l’esistenza di una casa editrice, per quanto minuscola e monocomponente, è… avere qualcosa da pubblicare. E io disponevo di una quantità di dialoghi derivanti da relazioni virtuali, scambi di mail, video-conversazioni, litigi, mascheramenti letterari, goffi tentativi di seduzione a distanza e battute più o meno godibili, più o meno divertenti, argute o bizzarre riguardo l’eterna, terrena Commedia delle relazioni fra i due sessi.

Materia impubblicabile, lo ammetto, da parte di un editore moderno che riconosce dignità e soprattutto ritorno economico solo alle opere narrative, ai libri-inchiesta su argomenti di attualità o scandalistici, alla trasposizione cartacea di spettacoli comico-televisivi, o riflessioni, conversazioni, memorie, grumi autoreferenziali, apparizioni autobiografiche di vip, personaggi “divenuti” famosi e idoli delle folle.

Per il mio primo libro – M@il di cuore, m@il d’amore –, l’unico, per ora, che si sia concretizzato in una più che dignitosa forma cartaceo-editoriale, dovendo necessariamente contare sulle sole mie forze e finanze, ho operato in completa autarchia. Ero “scrittore” ma dovevo anche trasformarmi in editor, curatore e correttore di me medesimo. Ho gestito da solo i rapporti con la tipografia e ho fornito i dovuti suggerimenti al grafico per ottenere la veste editoriale, l’impaginazione e la realizzazione delle copertine come desideravo, proprio come fanno le signore dell'alta società che, non avendo problemi lavorativi o economici controllano, affiancano e sovrintendono all'attività dell'architetto cui hanno affidato il compito di arredare la casa.

Nel frattempo, mentre attendevo la consegna delle copie, completavo l’iscrizione alla camera di commercio e gli atti formali di carattere fiscale connessi con la mia “avventura” editoriale. La prima cosa da regolarizzare è l'iscrizione all'ufficio IVA: aprire una partita IVA consente di emettere e ricevere fatture, per incamerare il valore aggiunto sulle prestazioni e “scaricare” cioè scontare poi sul totale dell'imposta da restituire allo Stato, l'importo dell'IVA che si è già pagata con gli acquisti di beni o servizi relativi all'impresa. Un piccolo imprevisto è stata la scelta della categoria in cui iscrivermi all'Agenzia delle Entrate: la voce corrispondente a “Scrittore” non esiste; dopo varie ricerche, l'impiegato dell'ufficio mi ha proposto una voce generica, “Altre creazioni artistiche e letterarie”, in cui possono rientrare eterogenee figure di “creativi”: poeti, scrittori, sceneggiatori, e altri realizzatori di “opere d'arte o dell'ingegno” che non rientrano in categorie specifiche.

Ma per essere riconosciuto come impresa in campo editoriale, cioè per diventare “Editore” a tutti gli effetti, dovevo iscrivermi alla Camera di Commercio, al Registro delle imprese. Ora io non avrei avuto alcuna difficoltà a fondare una Casa Editrice bonsai, ovvero un'azienda formata unicamente da me stesso, ma un inghippo fiscale me lo impediva. Infatti le mie prospettive di partenza erano più che sicure: avrei avuto, chissà per quanto, solo spese e nessun introito. Sarebbe stato logico e naturale iscriversi all'Ufficio IVA scegliendo come categoria principale le “Altre creazioni artistiche” e come attività aggiuntiva l'“Editoria”, usufruendo del regime contabile dei “minimi” che prevede appunto una contabilità semplificata per un volume di affari annuo non superiore a 30.000 €: io vi rientravo ampiamente poiché fondavo un'azienda in perdita, con spese sicure e nessuna garanzia, non dico di guadagno, ma neppure di recupero degli investimenti. Però non era possibile approfittare di quella opportunità perché, come ogni regola comporta un'eccezione, dal regime dei minimi era proprio espressamente esclusa l'Editoria, insieme con poche altre attività. Ciò forse è dovuto al fatto che ai libri in commercio si applica un'IVA agevolata (4% anziché il solito 20% degli altri prodotti o servizi) assolta direttamente dall'Editore, cioè non aggiunta al prezzo finale del libro ma “pagata” a monte dall'editore stesso. A farla breve, non potevo iscrivermi direttamente come impresa editoriale poiché in tal modo avrei dovuto tenere una contabilità ordinaria e appoggiarmi ad un commercialista-vampiro a cui avrei dovuto corrispondere, per i suoi servigi - consistenti in una specie di lista della serva, dove andavano elencati solo alcuni importi con il segno “meno” davanti e nessun segno “più”-, alcune migliaia di euro.

Dopo vari ripensamenti, notando che fra le varie categorie possibili per l'iscrizione all'Ufficio IVA c'era anche la voce “Editoria Musicale”, ho scelto quest'ultimo genere di attività che mi consente di realizzare partiture, spartiti e insomma di stampare musica, oltre che, teoricamente, produrre CD audio. Ciò mi era doppiamente utile poiché io non sono solo un aspirante scrittore ma anche un musicista mancato, nel senso che non sono in grado di suonare, cantare o comporre, ma posso leggere la musica e decifrarne i simboli; inoltre possiedo un potente programma che mi permette di scrivere e digitalizzare partiture, stampare spartiti e anche memorizzarli su CD. Insomma, dispongo di tutto quanto serve per stampare musica, oltre che i libri normali, e grazie a quel escamotage superavo anche la difficoltà fiscale sopra descritta e finalmente potevo scegliere la contabilità secondo il regime dei minimi.

Superato lo scoglio della partita IVA, per operare come scrittore è più che sufficiente l'iscrizione alla sola categoria delle “Altre creazioni”, ma per esistere come impresa editoriale bisogna iscriversi alla Camera di commercio: è questo il motivo per cui ho dovuto aggiungere l'attività secondaria di “Editoria musicale”. L'iscrizione al registro delle imprese, che presuppone la regolarizzazione all'Ufficio IVA, è stata assai meno tormentata e anche non troppo onerosa (c'è una tassa annuale da pagare di poco superiore ai 100 €).

Mi sono dilungato sugli aspetti fiscali dell'attività editoriale, ma immagino che a voi interessino di più i risvolti “romantici” e culturali della produzione di libri. Ne parlerò la prossima puntata.

Solo un'amara considerazione: entro faticosamente nel mondo dell'imprenditoria e guarda caso le borse e l'economia globale subiscono un crollo quasi come quello di Wall Street nel 1929...Sarà un segno premonitore?...

 
 
 

AUTORE - EDITORE

Post n°122 pubblicato il 08 Dicembre 2008 da feroce.saladino
 

Per pubblicare un libro, fondamentale è la scelta della tipografia. Io non ho fatto troppe ricerche. Ho valutato un preventivo da una tipografia importante che era anche casa editrice. Il prezzo relativo a un numero minimo di copie (500) mi sembrava alto. Ho contattato una seconda tipografia che mi dava l'aria di una gestione più “familiare” e, per lo stesso numero di copie, chiedeva circa 1000 € in meno. Il titolare di questa seconda ditta è una persona alla mano, non freddamente professionale. Voleva “trattarmi bene”, anche per una forma di orgoglio aziendale, ma per il miglior risultato, volendo curare personalmente la cosa, gli era necessario avere “la testa sgombra” da altri impegni anche se pensava di affidare la realizzazione grafica del libro ad un collaboratore di sua fiducia. Così passarono inutilmente alcuni mesi, dal tardo autunno del 2007 fino a gennaio del 2008. Troppo tardi mi accorsi che il mio tipografo apparteneva alla vecchia scuola e non sapeva nulla di computer e di tecniche digitali, che invece suo figlio padroneggiava perfettamente. Purtroppo il titolare “storico” era il padre e questi voleva gestire personalmente le “public relations”, porgendomi su un piatto d'argento come fosse una diretta emanazione della sua arte, il contributo del grafico e il prodotto finale. Quando, dopo lungo tergiversare, l'impegnato artigiano si decise a cavar fuori dal prezioso scrigno il sospirato collaboratore di sua fiducia, un ragazzo abile nel lavoro con le immagini ma non altrettanto esperto di italiano poiché di madre lingua spagnola, potei finalmente affrontare gli aspetti tecnici del progetto, senza inutili chiacchiere, poiché parlavo con uno che capiva le mie richieste. Al grafico spiegai che cosa intendevo realizzare per ciò che riguardava la copertina, e il “taglio” da dare alla sequenza dei dialoghi, allo scambio di e-mail che costituiva la materia su cui era fondato il libro. Alla fine, la mia opera prima, che era già tutta scritta, impostata al computer e memorizzata su CD, dimodoché sarebbe bastato trasferire e adattare semplicemente il file per avere già pronta la “matrice” per la stampa, venne messa in discussione e il ragazzo venezuelano mi convinse che era necessario reimpaginarla, ma non più con un normale programma di videoscrittura, bensì già nel suo software per la grafica, InDesign, della Adobe. In tal modo, perdevo la mia autonomia, non potendo elaborare personalmente, e gratis, le correzioni e gli adattamenti richiesti dalla nuova impaginazione. Ero alla mercé del grafico perché solo lui poteva modificare i caratteri, i font, gli stili di scrittura e l'armonizzazione generale in quanto era lui a disporre del software. Con Word o un qualunque altro programma di scrittura si sarebbero facilmente realizzate quelle noiose trasformazioni delle impostazioni di pagina, che invece ero costretto a lasciare al giovane collaboratore. Se avessi previsto questa difficoltà, avrei provveduto ad impaginare da solo il testo, seguendo le indicazioni del grafico, evitando di lavorare fianco a fianco, di dover controllare gli inevitabili errori di ortografia e sintassi che un non-italiano madrelingua inevitabilmente compie...e avrei risparmiato anche diverse centinaia di euro corrispondenti alle ore da lui impiegate per riadattare quello che io stesso avrei portato a termine utilizzando i miei soli mezzi.

C'è stata anche un'intensa discussione per la scelta della copertina. Io volevo e ho infine ottenuto una rappresentazione ironica del feroce Saladino, su un retroscena di famose icone artistiche, per ottenere una simpatica e intelligente parodia. L'immagine sul davanti del libro mostra il Saladino intento a chattare al computer, nella sua tenda situata in basso rispetto ad una riproduzione a tutto campo delle Muse inquietanti di De Chirico, quadro metafisico che ai ferraresi richiama direttamente la loro città, poiché presenta, in alto, la sagoma del Castello Estense.

IL FEROCE SALADINO

Sul retro del libro, che raccoglie lo scambio di mail con mie corrispondenti di Ferrara e Firenze, il Saladino è raffigurato nudo, nella stessa posizione del David di Michelangelo, mentre osserva il Ratto delle Sabine, gruppo marmoreo del Giambologna collocato sotto la Loggia dei Lanzi di Palazzo Vecchio, a Firenze.

Dopo qualche mese la bozza era finalmente pronta, ma ancora c'erano piccoli ritocchi da fare al testo o all'impaginazione che comportavano noiose spiegazioni e la mia presenza all'atto della correzione operata dal grafico per il motivo indicato sopra. Un'altra manciata di settimane se n'è andata, a libro ormai pronto per la stampa, per ottenere, tramite Internet, l'attribuzione dell'ISBN (International Standard Book Number), ovvero il codice numerico che individua ogni libro regolarmente pubblicato da un qualsiasi editore del globo. Nella fattispecie, M@il di cuore, m@il d'amore è individuato dal numero ISBN 978-88-903532-0-8, dove – mi sembra – “88” indica che la casa editrice si trova in Italia; “903” dovrebbe indicare l'Editore, nel mio caso Flying Dutchman p. & m. e “532” è il prefisso telefonico della città dove ha sede la casa editrice, cioè Ferrara. Gli altri numeri si riferiscono proprio a quella singola pubblicazione, distinta da tutti gli altri titoli presenti nel catalogo di quel Editore. Dall'ente che rilascia l'ISBN in Italia ho anche ottenuto l'attribuzione del codice a barre. Esso ha lo scopo di velocizzare le operazioni di presa in carico di un prodotto commerciale da parte di un punto vendita, in questo caso rappresentato dalla libreria. Tutto questo ha un costo, naturalmente, anche se non particolarmente elevato, ma è un'operazione necessaria se vuoi che il tuo libro sia una vera pubblicazione editoriale, che si può proporre a qualunque libreria, ai critici e sottoporre alle giurie dei concorsi per i libri editi, e non un mero prodotto tipografico.

Alla fine di tutta questa avventura, i tempi “tipografici” e di legatoria per avere in mano il cosiddetto “menabò” - cioè la stampa di prova che corrisponde, in ambito musicale, alla prova generale immediatamente precedente la “prima” di un'opera lirica – e poi il sospirato mio primo libro sono stati, in rapporto ai tempi di gestazione, assai ridotti. Alla fine di giugno 2008, dopo circa 8-9 mesi di travaglio, e 3 giorni prima della partenza per le vacanze estive, avevo le mie 500 copie del volume. Così nel pieno della calura estiva e dello svaccamento e del disinteresse generalizzato che va fino alla metà di settembre, dopo il 15 luglio, al ritorno dalle ferie, dovevo cercare di mettere in piedi una mini campagna pubblicitaria per far conoscere l'opera e il suo misconosciuto autore.

(segue)

 
 
 

Post N° 123

Post n°123 pubblicato il 15 Gennaio 2009 da feroce.saladino
 

 La leggenda dell’Autore 

che volle farsi Editore

Parte Terza

Chiedo scusa ai 2 o 3 lettori, neanche troppo assidui, di questo blog per la mia lunga assenza, dovuta al mio dispersivo, cronicamente congestionato e inconcludente stile di vita.

Riprendo la breve (?!) storia dell’autore che voleva diventare editore, affrontando gli spinosi problemi legati alla promozione del libro - quando esso, in un modo o nell’altro,  è giunto al traguardo della pubblicazione  (anche se in proprio) - e alla sua distribuzione.

Tornato in città dopo le vacanze estive, a metà luglio, quando nella indolente, torrida, assopita Ferrara tutti sono boccheggianti e sudati per l’afa e il clima equatoriale, e hanno come unico interesse l’imminente fuga al mare o ai monti, io dovevo cercare di convincere quei quattro gatti di librai che sopravvivevano solo grazie all’aria condizionata, ad accogliere qualche smarrita copia della mia opera prima fra le pile di “Gomorra”, del tomo postumo della Fallaci, dell’ultimo adescante Moccia, di “Firmino”, di Codici da Vinci, di “Solitudine dei numeri primi”, di Henry Potter e degli altri titoli più o meno meritatamente di successo che viaggiavano ampiamente sopra le centinaia di migliaia di copie vendute.

Che spazio poteva mai ritagliarsi il mio povero libro, unico prodotto di editore sconosciuto, quasi un’invenzione virtuale come il suo stesso autore (il feroce Saladino) nell’interesse dei lettori? Nessuno, ovviamente: i sogni non si realizzano mai.

Sapevo che sarebbe stata dura, ma non pensavo che è un’impresa quasi impossibile riuscire a farsi leggere da qualche decina (centinaia?... migliaia?...) di curiosi, ricercatori di novità, onnivori divoratori di carta stampata.

Il guaio è che al giorno d’oggi non è più l’autore a fare il libro, ma l’editore che lo sostiene con il suo prestigio, il peso economico e tutto l’apparato pubblicitario che gli sta dietro. Normalmente si pensa che a colui che scrive l’opera - cioè lo scrittore o lo studioso il quale con la sua abilità compositiva, la sua fantasia, la sua preparazione, esperienza e competenza -, alla persona che ha dedicato la maggior parte del tempo e delle energie intellettuali alla stesura ed elaborazione del manoscritto, all’autore insomma, vadano meritatamente i ricavi maggiori, qualora la sua opera colga il successo. Invece, chi ci guadagna di più, se non altro in rapporto all’impegno profuso, invero puramente accessorio e senza alcun rischio d’impresa, è la distribuzione che arriva ad incidere sui costi in misura del 50, fin anche al 60% del prezzo di copertina. Il resto va all’editore – che deve però pagare tipografo, legatore, grafico, i collaboratori editoriali, lo Stato, cui lascia il 4% di Iva, i costi di promozione e di marketing; infine, forse rimane qualcosa anche all’autore, cui spettano i diritti di sfruttamento della sua opera e il cui compenso si traduce in una sorta di contributo simbolico, se è uno scrittore sconosciuto, con percentuali via via crescenti che raramente raggiungono il 10% del prezzo di copertina, nel caso di uno scrittore già affermato che ha un potenziale di vendita di decine o centinaia di migliaia di copie.

Da ciò si comprende che i grandi gruppi editoriali (Mondatori, RCS, Feltrinelli) che si avvalgono di una propria distribuzione e dispongono di una rete di negozi “in franchising” dove sono proposti principalmente titoli e autori della loro “scuderia”, possano permettersi guadagni molto maggiori rispetto a chi è invece “strangolato” dai costi di distribuzione, e possono altresì investire nella pubblicità le somme risparmiate nella promozione dei loro libri, allo scopo di  stimolare e guidare la curiosità dei lettori verso certi  titoli, se possibile per renderli dei “must”, dei prodotti di cui non si può fare a meno e che è necessario conoscere, acquistare, possedere e anche, se non si vuole rimanere isolati, “leggere”.

(segue) 

 
 
 

Autore - Editore

Post n°124 pubblicato il 25 Gennaio 2009 da feroce.saladino
 

La leggenda dell'Autore che divenne Editore

Parte Quarta

 

Dunque, quando si arriva faticosamente a scrivere un libro e si è anche riusciti, più o meno fortunosamente, a pubblicarlo, è lecito pensare che l’autore abbia raggiunto il suo scopo e che da quel momento l’opera, in base al suo valore intrinseco, alla sua originalità, bellezza, e capacità di presa sul pubblico, inizi a camminare da sé e a richiamare masse di utenti e lettori bramosi di conoscerla…invece no! Quando il libro ha raggiunto una sua dignitosa veste editoriale, è come un bambino che, per crescere, ha bisogno di essere nutrito, seguito, assistito con amorevoli cure, indirizzato, educato, protetto ed aiutato, altrimenti, la spietata legge della sopravvivenza lo farebbe morire di inedia e di stenti nel totale disinteresse di quei potenziali lettori che invece vengono attratti, come falene in una notte d’estate, dalle luci, dai colori e dagli artifici della concorrenza.

Per il momento, non ho fatto altro che osservare e riflettere e subire questa crudele legge della giungla editoriale italiana, dove prevale il più forte e il più “spalleggiato”  su cui puntano i riflettori della ribalta, o meglio, del business culturale nostrano.

In un ambiente asfittico e chiuso come quello italiano, dove pochissime persone leggono (i cosiddetti lettori “forti” quelli che leggono più di 10 libri l’anno, pare siano appena il 5-6% della popolazione) c’è poco da correre. Se poi aggiungiamo che il “bacino d‘utenza” potenziale per gli scrittori in lingua italiana è ridottissimo rispetto a chi, ad es. scrive in inglese, si capisce come un successo editoriale nella nostra penisola sia un evento paragonabile, a livello globale, alla tempesta in uno stagno. 

Riportando il discorso a bomba, cioè alle possibili strategie per farsi conoscere come autore e promuovere la vendita del libro, bisognerebbe, teoricamente, prevedere un prezzo di copertina in grado di coprire i costi di produzione, distribuzione e marketing, ma non è così semplice.

Nel mio caso, a cosa servirebbe far stampare un numero adeguato di copie, per far contento il tipografo e far pervenire il volume a tutte le patrie librerie, pagando anticipatamente lauti quanto immeritati compensi alle agenzie incaricate di rifornire i punti vendita, quando nessuno andrà mai a cercare un libro di cui ignora l’esistenza, il contenuto e pure l’autore?

Quando ancora non avevo riflettuto su questi fenomeni, credevo che rifornendo di copie gratuite le biblioteche della mia città e consegnandone personalmente alcune altre ai librai del circondario, rigorosamente in conto-vendita, modalità che non comporta alcun rischio da parte loro, alla fine il passa parola, la pubblicità indiretta fornita da lettori entusiasti avrebbe compensato la totale assenza di un supporto pubblicitario e aiutato la diffusione del libro. Pensavo che, per curiosità o per caso, qualcuno imbattendosi in questa originale  pubblicazione che dovrebbe attrarre fin dalla copertina, avrebbe iniziato a posarvi gli occhi, a scorrerla, a consultarla e finalmente a leggerla, trovandola interessante o divertente, e ciò avrebbe fornito l’”innesco”, la scintilla di avvio della sua popolarità; l’opera avrebbe iniziato ad essere conosciuta e quindi richiesta…  Ma si trattava di una pia illusione. Il libro è più sconosciuto di una setta segreta, più clandestino di un gruppo terroristico. Insomma, è stato totalmente ignorato, non ha nemmeno il fascino tenebroso di un libro maledetto...

 

(segue)

 
 
 
 

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