Il Blog delle fiabe

Le avventure del cactus Matteo, di Furbettin e della stella vaga.


  Le avventure del cactus Matteo, di Furbettin e della stella vagaQualcuno lo doveva pur fare, così l'ho fatto io, con errori e dimenticanze, forse, ma sforzandomi di dire tutto ciò che sapevo.Prima di tutto, mi presento: salve a tutti! Sono Matteo, il cactus di casa. Ah scusate! Dimenticavo di dirvi che questa è proprio una storia strana e, se siete contrari ai petardi o soffrite di vertigini, potete già chiudere il libro e prenderne un altro.Come dicevo: salve! Io sono Matteo il cactus di casa, di solito abito sul davanzale della finestra, quella sopra al terrazzino, mi godo il sole tutto il giorno, se piove, però, Fabio mi porta dentro al caldo. Fabio è il mio boss, è lui che si prende cura di me e mi racconta le cose. La mia vita non era felice finché non fui regalato a Fabio: da allora va molto meglio! Ma questa non è la mia storia e quindi basta divagare. Questa è la storia di Fabio e delle sue avventure spaziali. Dovete sapere che tutte le sere d'estate, io e Fabio stiamo alla finestra a guardare le stelle. Lui, tra una puntura di zanzara e l'altra, mi spiega le costellazioni.«Vedi quella è l'Orsa Maggiore, quella è Venere … » o Marte? Adesso non ricordo, io non ho mai capito niente, ma mi piace stare con lui ed ascoltarlo.Una sera, come al solito, eravamo lì, con il naso all'insù, ed ecco che salta in testa al mio boss l'essere più brutto, più sporco e più vecchio che abbia mai visto.Fabio fa un balzo e lo guarda con la bocca aperta. «Ohi, Ohi la mia povera schiena, non ho più l'età per queste cose, ciao giovanotto! Furbettin per servirti!» Visto che Fabio non chiudeva la bocca, il "coso" continuò dicendo: «Io sono uno stellino, viaggio nelle stelle, e spesso vengo attirato dai pianeti più interessanti. Si da il caso che fossi attaccato a una cometa, ma, mentre dormivo, si deve essere sciolta, così sono stato attirato qui: sul vostro pianeta. È tutta la notte che giro in cerca di qualcuno interessato alle stelle e quando ti ho visto mi sono tuffato in picchiata, ma non conosco ancora la forza di gravità del vostro pianeta così non sono riuscito a frenare in tempo. Ah, a proposito, scusa per il bernoccolo!». Infatti il povero Fabio aveva proprio un bel bernoccolo in testa! «Adesso che hai trovato me cosa farai?» gli disse Fabio massaggiandosi il punto indolenzito. «Non ho mai soggiornato in questo sistema. Non so bene dove sono, credo che mi guarderò in giro. Per caso non è che si potrebbe mangiare? Sai, avrei un po' di fame!». Stranamente mi guardava con uno sguardo da far venire i brividi e mi vengono ancora, se ci penso! Fabio, che ha il cuore d'oro, gli disse: « Ma certo, cosa mangi?» «Quella tortina verde deve essere molto buona» disse allungando la mano verso di me, «Ahi! Ma di che materiale è fatto?» Fabio ridacchiò. «Quello è Matteo, è un cactus, non si mangia! Se vuoi ho le pesche di mamma, ce ne sono tante sull'albero» disse indicando il pesco «Prova a mangiarne una, così senti se ti piace». L'esserino balzò su un ramo dell'albero e iniziò a divorare le pesche dicendo:«Bbuo…ne…cos…a so…no?». «Fabio basta parlare è tardi vai a dormire». La voce di mamma arrivò al momento giusto. «Io devo andare a dormire, se vuoi puoi dormire nella mia camera» spiegò il mio boss a Furbettin. L'essere spaziale saltò direttamente sotto il letto, da lì non si mosse fino alla sera dopo. Quando, improvvisamente, come se non fosse passato neanche un secondo dall’ultima volta che ci aveva visti, esordì dicendo: «Devo tornare sulla mia cometa e tu mi devi aiutare». Fabio sgranò i suoi occhi azzurri e aprì la bocca per dire qualcosa ma l'esserino fu più svelto di lui. Preso il mio boss sotto braccio, saltò accanto a me sul davanzale, da lì andò su un albero e poi non li vidi più. Passai delle ore terribili, in attesa del loro ritorno poi, finalmente, alle sei, eccoli tornare tutti e due: Fabio era coperto di polvere e il viso era così scuro che non gli si vedevano più le lentiggini; quanto a Furbettin era più brutto che mai: polveroso e nero assomigliava a un bastone bruciato. Fabio ebbe una bella punizione dai genitori e non poté uscire di casa per tre giorni. Così mi raccontò quello che gli era capitato quando "l’amico" spaziale lo aveva portato con sé. Con una specie di corda, si erano attaccati ad un aereo, e da quello erano poi passati ad un altro, e poi ancora ad un altro e così via per tutta la notte. Nonostante fossero protetti da una bolla, il fumo dei jet li aveva tutti anneriti. Furbettin si era persino arrabbiato per il fatto che i nostri aeri volassero troppo bassi. E avevano anche rischiato di schiantarsi a terra, perché Furbettin preso dalla rabbia, stava distruggendo la sfera che li proteggeva. Adesso Fabio aveva paura, se quell'essere non fosse riuscito a tornare a casa, l'avrebbe costretto ancora a viaggiare con lui tra le correnti fredde e gli uccelli arrabbiati. Cosa che puntualmente accadde al termine della punizione, per due giorni consecutivi. Per fortuna, di lì a poco, sarebbe stato il 10 agosto, San Lorenzo, e, continuava a ripetere il mio boss, la cometa si sarebbe avvicinata. Io sperai che avesse ragione visto che ogni mattina tornava più nero e più stanco che mai. Quel che è peggio, però, era l’umore di Furbettin. Tornava sempre più cattivo, sempre più arrabbiato, solo i miei aghi gli impedirono, più di una volta, di tirarmi un calcio ben assestato. Fabio si ricordò che i palloncini gonfiati con l’elio, se ti sfuggono di mano, salgono nel cielo, ma non sapeva quanto in alto, così iniziò a pensare ad una soluzione, e poiché era molto intelligente in due giorni predispose tutto. I fuochi d'artificio che papà non aveva usato il primo dell'anno e che mamma aveva nascosto in soffitta; dieci palloncini a elio rubati da Furbettin nelle varie sagre estive; una tuta spaziale ricavata da uno zaino ed ecco fatto! Il piccolo mostro spaziale faceva veramente ridere. Se ci penso, rido ancora! Fabio fece al suo vecchio zaino Invicta due buchi per le gambe nella parte inferiore e due buchi ai lati, per le braccia. Strinse il cordino intorno al collo di Furbettin e nella tasca superiore dello zaino, che ora gli era dietro la schiena, inserì i petardi di papà. Per finire in bellezza, sulla tasca davanti, che gli faceva da marsupio, legò i palloncini. Alle undici, quando papà e mamma dormivano, Furbettin ci salutò e salì sempre più in alto nel cielo buio. Ad un certo punto si udirono diversi colpi di petardo e poi più niente. È già passata una settimana da quella sera e dello stellino nessuna traccia. Fabio guarda il cielo e mi spiega ancora le stelle. Dice che Furbettin ora è sulla stella Vaga, perché non sapeva neanche lui da dove provenisse, poi ride e ripete spesso che deve proprio raccontare questa storia a qualcuno. Io l'ho fatto! Spero proprio che vi sia piaciuta, che ci crediate, oppure no!DaisyDary