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Creato da: stefano6680 il 27/04/2009
Il Blog Della Fiom Berco

 

 

Sciopero Generale

Post n°202 pubblicato il 16 Novembre 2012 da stefano6680

 
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Intervista a Landini

Post n°201 pubblicato il 25 Settembre 2012 da stefano6680

Cinque ore di vertice, tra governo e Fiat, hanno prodotto poco più che un comunicato stampa. «Io spero che Monti convochi presto anche noi, perché mi piacerebbe poter capire meglio e discutere», dice Maurizio Landini, segretario generale della Fiom, il sindacato dei metalmeccanici. «Perché stando al comunicato e ai giornali - aggiunge - l’unica cosa certa è che, come avevamo previsto, Fabbrica Italia non esiste più».

Landini, Marchionne ha detto a Monti che gli investimenti ci saranno “al momento idoneo”. Porti pazienza...
Mi sembra che di pazienza ne abbiamo avuta molta, e che molta ne abbiano avuta i lavoratori. Dire che gli investimenti arriveranno quando sarà il momento idoneo vuol dire in realtà rinviarli, ancora una volta, con l’unica conseguenza dell’au - mento del ricorso alla cassaintegrazione.

Fiat ha però detto che non ha chiesto nulla al governo, che farà da sé.
È propaganda. La verità è che se Marchionne non farà investimenti nel giro di sei mesi, ci sarà urgentemente bisogno di ammortizzatori sociali. Fiat non ha chiesto finanziamenti pubblici perché sa che a breve dovranno darglieli spontaneamente.

Intanto però fanno da soli «anche grazie alla sicurezza finanziaria garantita dalle attività extra-Ue», ha spiegato Marchionne.
Bene, parliamo delle attività in giro per il mondo: mi pare che Fiat in Serbia, in Brasile e negli Stati Uniti, abbia preso i soldi pubblici, anche in prestito, restituendo tutto con gli interessi. Non c’è nulla di cui vergognarsi: il settore dell’auto è, da sempre, finanziato da investimenti pubblici.

E se il momento idoneo non dovesse arrivare mai?
Siamo l’unico paese dove c’è un solo produttore: non è così in Corea, in Germania, in America e neanche in Francia. Io credo che si debba parlare di concorrenza: se Fiat non è in grado, si apra a nuovi produttori.

A chi?
Ad esempio alla Volkswagen che ha mostrato un interessamento per l’Alfa Romeo. Il compito però, anche qui, è del governo. Monti decida se gli interessa continuare a produrre automobili.

Il nuovo piano della Fiat è mantenere la produzione in Italia grazie all ’export.
Mi pare sia la conferma che è la Chrysler ad aver comprato la Fiat, e non viceversa, e che l’Italia diventerà presto una provincia senza più una prospettiva industriale.

Sì, ma è possibile o no?
Marchionne sostiene che si può continuare a produrre in Italia solo se si vende in America. Ma se in Italia quest’anno si sono prodotte 450 mila auto, e se, per rispettare a pieno la nostra capacità produttiva, dovremmo raddoppiare quel numero, le vogliamo vendere tutte in America? Vi pare credibile? Pare credibile a quei sindacati che hanno creduto alla favola di Marchionne?

E cosa sarebbe credibile?
Gli investimenti. Se Fiat in Europa continua a perdere quote di mercato è, molto banalmente, perché non fa innovazione, non presenta modelli nuovi.

C’è la nuova 500L, dice Marchionne, e poi il Freemont.
Esattamente: tutti modelli che vengono prodotti in Canada, in Messico o in Serbia. In Italia facciamo solo la Panda, questo è il punto. Il risultato è che a Mirafiori si lavora tre giorni a settimana e che quello basta. Non vorrei che Fiat pensasse quindi che quello di Termini Imerese non sia più un suo problema, come non vorrei lo pensasse per l’Irisbus, lo stabilimento dove si facevano gli autobus.

Non lo deve pensare la Fiat. E il governo?
Noi corriamo il rischio che accanto alla Fiat ci sia Finmeccanica - che vuole dismettere tutto ciò che non è militare - Alcoa, il settore elettrodomestico e poi la siderurgia. Ovunque guardi, per uscire dalla crisi, serve un intervento di indirizzo pubblico per modificare il sistema e difendere l’occupazione.

 
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Appello

Post n°200 pubblicato il 25 Settembre 2012 da stefano6680

COMUNICATO RSU BERCO FIM – FIOM – UGL

L’11 LUGLIO 2012 THYSSEN KRUPP HA COMUNICATO ALLE RSU DELLA BERCO  DI COPPARO CHE L’INTERO GRUPPO ERA STATO MESSO IN VENDITA.

SONO ORMAI TRASCORSI PIU’ DI DUE MESI DA QUELLA COMUNICAZIONE, ED  AD OGGI LE RSU E LE  ORGANIZZAZIONI SINDACALI PROVINCIALI VENGONO TENUTE TOTALMENTE ALL’OSCURO SU QUANTO STA ACCADENDO.

AI LAVORATORI DELLA BERCO NON E’ DATO SAPERE COSA E CHI STIA DECIDENDO DEL LORO DESTINO FUTURO E DI  QUELLO DELLE LORO FAMIGLIE.

LA VOLONTA DA PARTE DELL’AZIENDA E’ QUELLA  DI NON  VOLER  INFORMARE I LAVORATORI ED I LORO RAPPRESENTANTI SU QUESTA VICENDA.

LA DISCUSSIONE CHE  STANNO  FACENDO SULLA VENDITA,  TENENDO FUORI DAL TAVOLO DELLA TRATTATIVA I RAPPRESENTANTI DEI LAVORATORI, NON  LASCIA BEN SPERARE PER IL MANTENIMENTO DEI LIVELLI OCCUPAZIONALI, E SULLA TENUTA PRODUTTIVA FUTURA DELLO STABILIMENTO.

UN ULTERIORE   INDEBOLIMENTO DELLA CAPACITA’  PRODUTTIVA DELLA BERCO POTREBBE CAUSARE UNA POTENZIALE PERDITA  DI ALTRI  POSTI DI LAVORO,PER NOI QUESTO  E’ UN PROBLEMA CHE NON DEVE RIGUARDARE SOLO I LAVORATORI DELLO STABILIMENTO, MA TUTTA LA COMUNITA’ COPPARESE E DELL’INTERA PROVINCIA.

E’ FIN TROPPO EVIDENTE QUALI SAREBBERO LE RICADUTE NEGATIVE SULL’ECONOMIA DELLE FAMIGLIE DEI LAVORATORI  E  SU QUELLA DI TUTTO IL TERRITORIO.

IL 3 OTTOBRE LE ORGANIZZAZIONI  SINDACALI E LE RSU DEGLI STABILIMENTI BERCO SONO STATE CONVOCATE A ROMA AL MINISTERO DELLO SVILUPPO ECONOMICO PER LE ORE 11, 00.

NON SAPPIAMO SE IN QUELL’INCONTRO CI SARANNO DATE INFORMAZIONI UTILI A TUTELARE I LAVORATORI E LA CAPACITA’ PRODITTUVA DELLO STABILMENTO , OPPURE SE SARA’ SOLO UN INCONTRO INTERLOCUTORIO SENZA CONTENUTI DI SOSTANZA.

LE  RSU  E I LAVORATORI  DELLA BERCO DI   COPPARO  NELLE  ASSEMBLEE IN SCIOPERO SVOLTE   GIOVEDI 20 SETTEMBRE, HANNO DECISO UNA MOBILITAZIONE DI 2 ORE DI SCIOPERO CON PRESIDIO DAVANTI ALLA PORTINERIA DALLE ORE 10,00 ALLE ORE 12,00, CON LO SCOPO DI TENERE ALTA L’ATTENZIONE DI TUTTE LE  ISTITUZIONI LOCALI, PROVINCIALI, REGIONALI  E NAZIONALI SU QUESTA VICENDA.

LA MOBILITAZIONE SARA’ ESTESA ANCHE AGLI STABILIMENTI DI CASTEL FRANCO VENETO E BUSANO CANAVESE CON LE STESSE MODALITA’.

PERTANTO

LE RSU DÌ FIM – FIOM E UGL CHIEDONO A TUTTA LA POPOLAZIONE DÌ COPPARO E DÌ TUTTI I  COMUNI LIMITROFI DÌ PARTECIPARE AL PRESIDIO DAVANTI ALLA PORTINERIA DELLA BERCO INSIEME AI  LAVORATORI IN SCIOPERO  

IL GIORNO 3 OTTOBRE 2012 DALLE ORE 10,00 ALLE ORE 12,00.

VI ASPETTIAMO NUMEROSI

                                                               RSU DI FIM – FIOM - UGL

 
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Se Landini abbandona le primarie...

Post n°199 pubblicato il 18 Settembre 2012 da stefano6680

http://static.controlacrisi.org/images/auto/fd/fd6c4503dce13ff9853b2c3863954668cba6fe462e160eab2d0b6a47.jpg Landini alla festa della Fiom di Torino, davanti a Vendola ha detto una cosa giustissima, ha detto che occorre partire dai programmi e non perdersi troppo sulle discussioni delle alleanze. Sembra passato un secolo dallo scorso anno, quando si discuteva di primarie e “sparigliamenti”, di logiche maggioritarie senza mai mettere al centro le questioni dirimenti. 
Oggi, dopo mesi di crisi feroce e con un Governo tra i peggiori per i lavoratori non è più così, Landini mette al centro della discussione  il Fiscal Compact, il vincolo di bilanico in Costituzione, le controriforme del lavoro da cancellare, la democrazia in fabbrica. Le frasi di Landini così come riportate da “Pubblico”  ( che riportiamo di seguito) segnano un passo in avanti notevole nel dibattito a sinistra. La foto del “Palazzaccio” ed i referendum sembra abbiano smosso qualcosa, aprendo una proposta politica chiara che il segretario della Fiom illustra in maniera semplice, partire dai referendum sui diritti del lavoro per definire una coalizione sociale e discutere della possibilità di condensare questo in una coalizione politica.  Nelle prossime settimane avremo i referendum in campo negli stessi giorni in cui il PD svolgerà le primarie. Se Landini continuerà a sostenere questa idea si aprirà uno spazio pubblico di discussione che attraverserà tutto il paese. Di fatto avremo una netta divisione tra un partito che ha preso una direzione ed una coalizione sociale con elementi costituenti che ne ha presa un'altra. Certo, la base del PD firmerà i referendum e poi voterà le primarie, ma il programma del PD non si modificherà di una virgola, il prossimo Governo resterà impermeabile ad ogni istanza riformatrice. E' vero, ad oggi la maggioranza dei segretari che si sono fatti immortalare nella foto del Palazzaccio sono disponibili ad avere una interlocuzione con il PD: Vendola ha chiuso l'accordo e Di Pietro prova a farlo su una base più progressiva. A quanto è dato sapere però le difficoltà di linea politica di Vendola che rischia di ritrovarsi legato ad una coalizione che vira verso il centro in totale rispetto dei vincoli europei, sono le stesse di Di Pietro che difficilmente riuscirà a rientrare in coalizione a meno che non abbandoni la linea dura contro Monti. Landini in queste ultime settimane pur ribadendo che la Fiom è forza sociale e non ha intenzione di diventare forza politica, lancia messaggi che sembrano chiarissimi. Per Landini insomma non è con le primarie che si risolvono i temi messi sul piatto, anche perchè come ha detto ieri l'altro alla radio lui ha solo la tessera della CGIL e dell'Anpi e non partecipa a primarie di partito.  A buon intenditor...

Landini: serve un partito del lavoro 

«È il momento di pensare a cose che non sono state mai pensate. Nel contesto attuale, io mi pongo anche il problema se può nascere una nuova formazione politica che rappresenti il lavoro». È un Maurizio Landini meno reticente del solito quello che conclude la festa della Fiom di Torino confrontandosi con Nichi Vendola sul tema «Far contare il lavoro».

A «Fiumana 2012», per dieci giorni, attraverso discussioni e faccia a faccia con diversi esponenti del centrosinistra, il sindacato dei metalmeccanici della Cgil non ha perso occasione per incalzare la politica. Non ha mai smesso, secondo un’espressione che è ricomparsa in maniera quasi ossessiva nella maggior parte dei dibattiti in programma, di «mettere i piedi nel piatto».

Ed è dialogando con il presidente della regione Puglia e con Concita De Gregorio che il segretario generale della Fiom ha posto in maniera forse più esplicita di quanto non abbia mai fatto in passato il problema della rappresentanza politica del lavoro.

Landini ci tiene comunque a precisare, una volta di più, che il sindacato non ha intenzione di farsi partito. Ma la Fiom, per quanto gelosa della sua autonomia, non è indifferente a quanto si svolge a livello politico sopra le teste dei lavoratori.

E, visto che l’interlocutore questa volta è Nichi Vendola, il riferimento obbligato è alla competizione interna al centrosinistra. «Le primarie», sostiene Landini «corrono il rischio di spostare il tema. La discussione a prescindere sulle alleanze non mi piace».

Al contrario, secondo il segretario dei metalmeccanici della Cgil, è dai contenuti che bisogna partire. «Negli ultimi due anni, con la vicenda Fiat, da Pomigliano in poi, si è aperta una fase costitutiva dei rapporti di lavoro. Siamo al capovolgimento della lotta di classe. Eravamo abituati a pensare che la lotta di classe la faceva chi stava peggio per migliorare le proprie condizioni, ma oggi è chi sta meglio e si è arricchito enormemente all’interno di un modello di sviluppo che ci ha portato alla crisi a fare la lotta di classe».

E, per di più, la fa con una copertura legislativa come quella offerta dall’articolo 8 della cosiddetta «manovra di agosto», l’ultima del governo Berlusconi, che oggi i referendum anti Fornero puntano a cancellare ma che, prosegue Landini, «è stato scritto sotto la dettatura di Marchionne per dare un riconoscimento legale agli strappi messi in campo dalla Fiat rispetto al contratto nazionale».

Ripartire dai referendum, dunque. Che significa, secondo il segretario della Fiom, «rimettere al centro il lavoro, tentare di capovolgere la sudditanza all’impresa che c’è oggi». Ovvero, proporre delle politiche che siano radicalmente alternative a quelle del governo Monti. «C’è bisogno di ricominciare a pensare in termini di intervento pubblico, in termini di piani industriali per i vari settori strategici della nostra economia. Ma sappiamo bene che questo non si può fare se si accetta il fiscal compact e il pareggio di bilancio in costituzione. Prima di parlare di alleanze, è su cose come queste che bisogna dire una parola chiara».

Come a dire: in che modo potrebbe un futuro governo di centrosinistra invertire la rotta delle politiche di austerità senza mettere in discussione i vincoli europei e il pareggio di bilancio oramai costituzionalizzato anche col voto favorevole del Partito Democratico?

È una suggestione che viene subito raccolta da Concita De Gregorio e girata in forma di domanda a Nichi Vendola: «Come si concilia la necessità di fare battaglie come quelle che stanno alla base dei referendum anti Fornero, e più in generale, la necessità di politiche redistributive, con l’idea di un’alleanza strategica col Pd?».

Il governatore pugliese, va detto innanzitutto, non ha ancora ufficializzato la sua candidatura alle primarie. «Scioglierò la riserva a fine mese. Ho qualche problema da affrontare e superare, visto che nei prossimi giorni ho delle contese giudiziarie. Penso infatti che, se mi presento, devo apparire come una persona immacolata. Io sono sicuro di aver sempre agito in maniera limpida e trasparente ma, prima di scendere in campo, voglio che questa situazione venga certificata. Non voglio che chi mi sostiene e crede nella mia battaglia debba mai avere una qualche ragione di imbarazzo».

Sciolta la riserva, si tratterà di provare a replicare «quel percorso tramite il quale, per ben due volte, mi sono visto costretto a vincere sul centrosinistra per poter poi vincere sul centrodestra».

Vendola riconosce che «nel Pd esistono due anime: una liberista e una no». «Con chi faccio questa battaglia? Io penso che vada fatta seguendo l’esempio di quanto successo con i referendum su acqua pubblica e nucleare». Dunque il primo legame da rinsaldare, secondo il presidente della Puglia, è quello con la sinistra diffusa e spesso priva di tessera, con quella fetta di opinione pubblica che vuole il cambiamento e che, a giugno 2011, «è stata in grado di esprimere una scelta antiberlusconiana e ha fatto vincere il centrosinistra suo malgrado».

«Non voglio lottare per perdere bene», prosegue Vendola, «perché le persone chiedono alla politica che possa cambiare le loro vite. A me l’alleanza interessa nella misura in cui è una contesa delle idee. Certo, questa prospettiva non ce la regala nessuno. Non sto edulcorando l’oggetto, rispetto al Pd. Dico solo che questa è una battaglia necessaria. Di più: che l’avverto come un obbligo morale, che sento il dovere di provarci».

Ma Landini non è convinto che il terreno delle primarie sia quello giusto. «Oggi siamo di fronte alla messa in discussione della libertà delle persone. Si considerano le primarie uno strumento di democrazia perché consentono di scegliere i candidati, ma bisognerebbe fare una discussione seria su come la democrazia sia stata scippata sul posto di lavoro. Oggi con l’espulsione della Fiom da molte realtà tanti lavoratori non si possono più esprimere liberamente e scegliere i propri delegati. Anche questa è una questione di democrazia».

Dunque la priorità è rimettere al centro il lavoro e la sua rappresentanza anche per evitare l’involuzione della democrazia. «Ci vuole il coraggio di rischiare», chiosa il segretario della Fiom. «Anche noi, in fondo, di fronte al ricatto di Marchionne avremmo potuto nasconderci. Ma abbiamo scelto di non farlo perché sapevamo che sarebbe stato molto peggio per i lavoratori che aspiravamo a rappresentare. Bisogna rischiare. Oggi c’è la necessità di avviare un processo costituente che apra alla creazione di una nuova soggettività politica».

 
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Romiti veste il maglione Fiom

Post n°198 pubblicato il 17 Settembre 2012 da stefano6680

 

di Diego Novelli


Quando il cosmopolita amministratore delegato della Fiat, Sergio Marchionne, annunciò in pompa magna il piano “Fabbrica Italia” con venti miliardi di investimenti entro il 2014 si levarono entusiastici inni di plauso da parte dell’allora ministro del Lavoro Sacconi, del Comune, della Provincia, della Regione e dei segretari generali della Cisl e della Uil.
Come contropartita era però sottinteso che i sindacati dovevano firmare un accordo aziendale che peggiorava, in nome della produttività, le condizioni di lavoro in fabbrica. Un sacrificio in cambio della garanzia dell’occupazione.


La Fiom non firmò quell’accordo perché violava le norme vigenti (contratto nazionale), chiedendo invece di conoscere il piano degli investimenti. Il piano non fu mai presentato (se non in un comunicato stampa di poche righe), mentre il referendum indetto sull’accordo venne approvato a maggioranza dai lavoratori di Pomigliano e Mirafiori poiché – come predicò Bonanni – era una certezza per il futuro.
Chi osò avanzare delle riserve fu bollato come estremista, non solo dal giornale della Fiat, ma anche dai vertici del governo e delle istituzioni locali. Ci fu chi invitò i lavoratori a stendere un tappeto rosso (red carpet) per accogliere Marchionne.
Non sono trascorsi due anni da quegli eventi quando già il vento della crisi soffiava dagli Stati Uniti all’Europa. Oggi ministri del governo tecnico ci fanno sapere che non hanno strumenti per intervenire.
Ma Passera e la Fornero lo hanno mai letto l’articolo 41 della nostra Costituzione?
Mentre gli osannatori del manager della Fiat tacciono abbandonandolo al suo destino, Cesare Romiti è sceso in campo indicando come responsabile di ciò che sta accadendo in Fiat “l’uomo che non indossa mai la giacca”.
Che il Cesarone – soprannominato dagli operai torinesi “sgiafela leon”, schiaffeggiatore di leoni – per vent’anni stretto collaboratore dell’avvocato, indossasse la felpa della Fiom non l’avremmo mai potuto immaginare. Invecchiando si diventa saggi.

 
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