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Donne che corrono coi lupi - Clarissa Pinkola Estés

Post n°120 pubblicato il 22 Novembre 2013 da chitarra_mancata


La Donna Scheletro

Aveva fatto qualcosa che suo padre aveva disapprovato, sebbene nessuno più rammentasse che cosa. Il padre l'aveva trascinata sulla scogliera e gettata in mare. I pesci ne mangiarono la carne e le strapparono gli occhi.

Sul fondo del mare, il suo scheletro era voltato e rivoltato dalle correnti.

Un giorno arrivò in quella baia dove un tempo andavano in tanti, un pescatore che non sapeva che era frequentata da fantasmi.

L'amo del pescatore scese nell'acqua e s'impigliò nelle coste della Donna Scheletro. E mentre cercava di tirare su quel grande pesce attaccato all'amo, il mare prese a ribollire, e il suo kayak a essere sballottato, perchè colei che stava sotto lottava per liberarsi. Ma più lottava e più restava impigliata.

Il pescatore si era girato per raccogliere la rete e non vide dunque la testa calva affiorare tra le onde, non vide le piccole creature di corallo che guardavano dalle orbite del teschio, non vide i crostacei sui vecchi denti d'avorio.

Quando si volse, l'intero corpo, così com'era ormai, era salito in superficie e pendeva dalla punta del kayak, tenendosi con i lunghi denti anteriori.

"Ahhh" urlò l'uomo, e il cuore gli cadde fino alle ginocchia, e la gettò giù dalla prua con il remo, e prese a remare come un demonio verso la riva.

Per quanto andasse a zigzag con il kayak, lei restava lì dietro ritta in piedi, e il suo respiro si rovesciava sulle acque in nuvole di vapore, e le braccia si lanciavano in avanti come per afferrarlo e trascinarlo nelle profondità del mare.

"Ahhhhh!" gemeva cercando di raggiungere la terra.

Saltò giù dal kayak, prese a correre tenendo stretta la lenza, e il cadavere bianco corallo della Donna Scheletro, sempre impigliata alla lenza, lo seguiva a balzelloni.

Alla fine l'uomo raggiunse il suo igloo, si lanciò nella galleria e a quattro zampe penetrò nell'interno. Ansimando e singhiozzando giacque nell'oscurità, con il cuore che batteva come un tamburo.

Finalmente al sicuro, grazie agli dei, al sicuro...

Ma quando accese la lampada all'olio di balena, ecco, lei era lì, ed egli cadde sul pavimento di neve con un tallone sulla sua spalla, un ginocchio dentro alla gabbia toracica, un piede sul suo gomito.

Non seppe poi come fu, forse la luce del fuoco ne ammorbidiva i lineamenti, o forse perché era un uomo solo. Fatto sta che sentì nascere come un sentimento di tenerezza, e lentamente allungò le mani sudice e, con le parole dolci che una madre avrebbe rivolto al figlio, prese a liberarla dalla lenza.

Cercò la pietra focaia, usò i suoi capelli per avere un po' più di fuoco. Di tanto in tanto la guardava, mentre ungeva il legno prezioso della sua canna da pesca e riavvolgeva la lenza.

E lei non diceva una parola - non osava - perché altrimenti quel cacciatore l'avrebbe presa e gettata dagli scogli, e le sue ossa sarebbero andate in pezzi.

All'uomo venne sonno, scivolò sotto le pelli e cominciò ben presto a sognare.

Talvolta, durante il sonno, una lacrima scivola giù dall'occhio di chi sogna; non sappiamo mai quale sorta di sogno la provoca, ma sappiamo che è un sogno di tristezza o di struggimento. E questo accadde all'uomo.

La Donna Scheletro vide la lacrima brillare nella luce del fuoco, e d'improvviso sentì una tremenda sete. A fatica si trascinò accanto all'uomo addormentato e posò la bocca su quella lacrima. Quell'unica lacrima era come un fiume, e lei bevve e bevve finchè la sua sete di anni e anni non fu placata.

Mentre giaceva accanto a lui, frugò nell'uomo addormentato e gli prese il cuore, il tamburo possente. Si mise a picchiare sui due lati del cuore e cantava "Carne, carne, carne!" E più cantava, più si riempiva e ricopriva di carne. Cantò per i capelli e per buoni occhi e belle mani piene. Cantò la linea tra le gambe, e il seno, abbastanza grande da trovarvi calore, e tutte le cose di cui una donna ha bisogno.

E quando ebbe tutto fatto, cantò i vestiti, che si togliessero dal dormiente, e scivolò nel letto con lui, pelle a pelle. Rimise il grande tamburo, il suo cuore, nel suo corpo, e così si risvegliarono stretti uno nelle braccia dell'altro, aggrovigliati dalla loro notte, in un altro mondo, bello e duraturo.

Quelli che non rammentano il perché della sua cattiva sorte di un tempo, dicono che lei e il pescatore andarono via e furono ben nutriti dalle creature che lei aveva conosciuto nella sua esistenza sott'acqua.

Dicono che è vero e che è tutto quanto loro sanno.

 
 
 
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