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LE DINAMICHE UMANE COMUNICATIVE E RELAZIONALI AFFETTIVE

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Quando si parla di comunicazione tra gli esseri umani, non si può fare a meno di considerare anche gli aspetti relazionali che la caratterizzano.
Inoltre, si devono sempre tener conto gli strumenti comunicativi e i linguaggi che l’essere umano adotta per trasferire un messaggio da un individuo ad un altro o, per comunicare interiormente con se stesso.

Nelle nostre azioni quotidiane comunicative e relazionali interpersonali e intrapersonali, usiamo sia i codici verbali, che conosciamo molto bene e che sono attribuibili alla nostra capacità di razionalizzare, che quelli non verbali, di cui non ne conosciamo il linguaggio, né la struttura e che sono attribuibili al nostro sistema inconscio. 

Questi ultimi, spesso, trasferiscono messaggi difformi da quelli che vorremmo inviare, sia verso noi stessi (dialogo intrapersonale) che verso gli altri (dialogo interpersonale), minando altresì, la qualità del rapporto con noi stessi che, con i nostri simili. 

Conoscere il linguaggio dell’inconscio, ci permette di migliorare, sia la qualità della comunicazione interiore che esteriore e la qualità delle nostre relazioni interpersonali: familiari, di coppia, nel lavoro, nelle amicizie, ecc..

Lo scambio comunicativo e relazionale tra umani, è, inoltre, il modo attraverso il quale nutriamo emotivamente il nostro inconscio.

Sembrerebbe che questo processo inizi già dal momento del nostro concepimento e i primi contatti comunicativi di rilevante significatività, per lo sviluppo della nostra personalità, sono con le figure importanti della nostra esistenza, quelli che vengono definiti: Caregivers. 

La qualità di questi nutrimenti, ossia, dei “bisogni emotivi” di cui ci alimentiamo fin dal nostro concepimento, determinano le caratteristiche della nostra personalità, dando vita ad un nostro personale modello del mondo interiore, che sarà la nostra bussola con la quale ci muoveremo ed orienteremo nel mondo rispondendo positivamente o negativamente a specifiche situazioni e per le quali, sentiremo attrazione o repulsione: contesti, ambienti, persone, cose, animali, ecc..

Spesso, accade che una relazione venga interrotta, solo perché non siamo attenti ai messaggi che riceviamo, o meglio, siamo troppo attenti alle verbalizzazioni, ma, soprattutto, pesiamo molto di più gli aspetti negativi della relazione stessa, anziché far emergere gli aspetti positivi di un rapporto ed i punti in comune che abbiamo con l’altro/a/i.

Le conseguenze di tali dinamiche, generalmente, innescano un processo di chiusura delle parti in causa nei quali è attivo un conflitto, anche se non si può escludere che la chiusura al dialogo, possa essere voluta solo da una delle parti in causa e ciò avviene, sia a livello razionale che psicoemotivo ed affettivo, inconsciamente.

Solitamente, da questi conflitti relazionali affettivi, non ne esce mai un vincitore, ma, bensì, due perdenti o più perdenti (in quest’ultimo caso laddove il conflitto interessi più persone).

Il problema si ingigantisce quando, poi, viene eliminata qualsiasi opportunità di dialogo, magari anche dai toni aspri e accesi, nonché la possibilità di un confronto che possa permettere alla rabbia repressa di essere tirata fuori dalle parti coinvolte nel conflitto.

La rabbia, è uno dei tanti sentimenti ed emozioni che gli esseri umani provano, strettamente collegata, spesso, ad un altro stato emotivo: l’odio.

Tutti è due questi stati, nel caso di una relazione conflittuale, hanno però qualcosa in comune: sono l’alterazione di uno stato emotivo più nobile che conosciamo come “Amore”.

L’essere umano, ha bisogno di nutrirsi di emozioni positive per vivere serenamente ed in pace con Sé stesso, i suoi simili ed il resto della realtà che lo circonda.

Non soddisfare i propri bisogni emotivi, secondo le nostre esigenze, altera il nostro sistema psicoemotivo che ci spinge, ancora di più, verso la sofferenza, alimentando il conflitto che si è creato dentro e fuori di noi. 

È bene prendere coscienza, quindi, delle dinamiche comunicative e relazionali inconsce che siamo in grado di mettere in atto, per sviluppare una qualità comunicativa “intra” e “interpersonale”, che più si confà alle nostre esigenze personali di autodeterminazione e autorealizzazione, favorendo lo sviluppo di sempre migliori relazioni tra umano e umano, in una sorta di mediazione e, non negoziazione, dove a vincere, se così vogliamo definire il risultato finale di un rapporto conflittuale, sono tutte le parti in causa e non una a dispetto dell’altra (delle altre). 

Etimologicamente la mediazione deriva dal latino “mediare” = essere a metà; la transazione (negoziazione) deriva dal verbo latino “transigere” = spingere oltre. Da qui, si può ben capire che, spesso, laddove ci sia la possibilità di un confronto, tra persone coinvolte in un conflitto relazionale affettivo, la differenza tra mediare e negoziare è sostanziale e determinante per il buon fine della relazione sessa. 

Con la “MEDIAZIONE”, favoriamo i rapporti tra due o più parti fino ad arrivare ad una soluzione che soddisfi entrambi considerando le esigenze dell’altro (altri), rispettando le sue (loro) scelte. Qui non c’è un vincitore, ma, tutti vincono; 

con la “NEGOZIAZIONE”, invece, facciamo leva su tutto ciò che ci permette di riuscire ad ottenere il massimo per noi stessi, al di la delle esigenze dell’altro. L’obiettivo, in questo caso, è uscirne vincitori a discapito di uno o più perdenti. E purtroppo, laddove, naturalmente, vi è la possibilità di confrontarsi, spesso, la “Negoziazione” è quella che viene pratica maggiormente, a discapito di una più sana pratica volta alla “Mediazione”. 

Cordialmente

Dott. Massimo Catalucci Cr.

www.massimocatalucci.it

 
 
 
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