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Un blog creato da francesconieddu il 09/06/2009

Libri e jazz

non sei mai finito sei hai una buona storia e qualcuno cui raccontarla

 
 

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Un risveglio

Post n°4 pubblicato il 21 Luglio 2009 da francesconieddu
 

La risacca indolente dell'Oceano Fantastico deposita sulla battigia ossi di ricordi. Gnomi beffardi dondolano tra i vapori del dormiveglia, irridono miraggi. E' l'ora in cui i sogni si coricano.  Mi alzo. Frugo nello specchio.  Non ricordo, non so.  Avverto un turbamento.  Sgorgano parole:

Vorrei tornare nel parco che sai

trovarti ancora sulla panchina d’un tempo

e leggere nei tuoi occhi che m’hai atteso

fiduciosa.

 
 
 

Il mio primo "giallo" : SCACCO DALL'INFERNO - Un'indagine dell'ispettore Coronas

Foto di francesconieddu

Mi piace scrivere, come a molti. Si dice che nel nostro Paese ci siano più scrittori che lettori. Comunque sia, un editore genovese -Fratelli Frilli Editori- ha investito su di me; sottolineo l'aggettivo "genovese": se ha deciso di sborsare, qualcosa di buono deve aver intravisto. Fidatevi. Il mio primo "giallo" è' uscito in libreria nell'aprile 2006, è stato ristampato e si trova ancora. È un giallo ambientato a Cagliari, capitale di Sardegna che guarda alla modernità europea cogli occhi abbagliati dal sole dell’Africa. Qui presta servizio il protagonista, l’ispettore di polizia Efisio Coronas, responsabile della Sezione Omicidi della Squadra Mobile. Sardo, quarantenne, single, apprezzato dai colleghi e dalle donne, Coronas si ritrova –vuoi per dovere, vuoi perché “tirato dentro” dall’antagonista- ad indagare, durante l’estate 2003, su un omicida seriale che anticipa le proprie gesta con messaggi enigmatici.Un romanzo poliziesco classico, incentrato su una serie di delitti agghiaccianti, concatenati. Un’indagine complessa e articolata, che si sviluppa nel rispetto dei ritmi investigativi e delle corrette modalità operative. Pur raccontando una vicenda intricata, la lettura risulta agevole. Un’opera di pura fantasia, eppure uno spaccato di vita reale. Una storia che prende forma gradualmente, man mano che i personaggi e le loro vicende delineano l’ordito.In primo piano: Coronas, la sua donna, i suoi amici ed altri personaggi –“cammei” o comprimari- dotati d’un loro intrinseco spessore, attori di storie non banali, spesso giocate sui sentimenti o sull’aspetto umoristico; storie che innervano la trama irrobustendola e impreziosendola.Di contorno (ma non solo): gli scacchi; il latino; la limba; un po’ di romanticismo e di sesso; ....Sullo sfondo: la Città del Sole e la Sardegna tutta, con le sue tradizioni, le leggende, la natura incomparabile, i sapori, l’artigianato, il folclore.In sottofondo: la tromba lancinante e la voce struggente di Chet Baker.L’enigma insito nel giallo incombe e si rinnova più volte. Proprio quando parrebbe sciolto, si condensa in un ultimo enigma: lo scacco dall’Inferno.Lo stile è curato ma semplice, per non appesantire la narrazione della vicenda.

 
 
 

Marinai perduti - Jean Claude IZZO

Post n°2 pubblicato il 10 Giugno 2009 da francesconieddu
 

A bordo dell’Aldebaran, carretta del mare trattenuta all’ormeggio nel porto di Marsiglia a causa di grane burocratico/giudiziarie, sono rimasti il comandante libanese Abdul Aziz, il vice comandante greco Diamantis e il giovane marconista turco Nedim. L’attesa inoperosa aggredisce le coscienze travagliate dei marittimi così come le lamiere rugginose della nave in disarmo. Ciascuno dei tre, privato della possibilità di annegare le proprie frustrazioni nel Mediterraneo, si ritrova a pesare la propria vita e a misurarne il disperante fallimento. «È perché siamo a terra… Da troppo tempo. Ci cambia tutto. Non abbiamo più il mare di mezzo e di colpo scopriamo il vuoto. E la paura di tuffarci».Pagina dopo pagina, il desiderio di riscatto monta, travolgente, come l’onda vitale che li ha condotti sin lì. Non è possibile rinnegare il passato: significherebbe abbandonare quell’onda, la sola a dar loro una speranza di poter essere spinti in salvo. «Essere stati è una condizione per essere » afferma il comandante. Cresce la necessità di riscattare le rispettive esistenze governando quell’onda verso l’unica rotta possibile, che punta decisa sulle secche dei sospesi d’amore.I tre marittimi sono figli del Mediterraneo, anime accomunate da tradizioni, luoghi, porti, sogni, desideri frutto di culture similari, germogliate dalla stessa radice. Le loro esistenze rischiano il naufragio a Marsiglia, non nel mare in tempesta; le coscienze usurate, contrariamente alle navi, mal sopportano la bonaccia.Solo l’amore potrà dare un senso a tutto, perché, dice ancora Abdul Aziz parlando della propria donna: «Più belle di Céphée ne ho viste in tutti i porti del mondo… Ma lei… Quello che lei aveva negli occhi era solo per me ».In questa frase è racchiusa la forza e la grandezza di Izzo, il suo più profondo insegnamento: i sospesi della vita si pagano con un’unica valuta, l’amore; ciascuno ha quindi la possibilità di chiudere in attivo i conti con la propria esistenza; ciascuno avrà sempre un buon motivo per vivere, fino all’ultimo istante.

 
 
 

Chet Baker - Rughe & jazz

Post n°1 pubblicato il 10 Giugno 2009 da francesconieddu
 
Foto di francesconieddu

Chet Baker è considerato da molti il più grande trombettista bianco della storia del jazz. Nacque a Yale, in Alabama, in piena crisi del ’29, da una famiglia assai modesta. Il padre, dopo aver tentato la carriera di musicista, sbarcherà il lunario con lavori saltuari. La madre, perennemente preoccupata di garantire con il suo impiego di commessa un sostentamento dignitoso al suo amatissimo pargolo, lo subisserà di attenzioni e aspettative per tutta l’infanzia e l’adolescenza, con ciò segnando i successivi rapporti di Chet col gentil sesso. Giovanissimo si arruola nell’esercito, dando inizio ad una vita errabonda interamente dedita a due passioni totalizzanti: la musica e la droga. Non sapeva leggere la musica; suonava ad orecchio, riproducendo con sorprendente facilità, all’istante, ciò che ascoltava. Nel '51 fu scelto da Charlie Parker per suonare nella sua band in una serie di concerti nella West Coast. Nel '52 si unì al Gerry Mulligan Quartet, divenendone in breve una delle punte di diamante, per via delle sue capacità strumentali fuori dal comune. Giunse alla notorietà con l'assolo di My Funny Valentine, eseguita dal Quartet. Dopo il rapido declino del Quartet, dovuto ai problemi di droga di Mulligan e a disaccordi fra Mulligan e Baker, questi fondò una propria band in cui, oltre che suonare la tromba, cantava. Nel '54 vinse il premio di migliore strumentista nel sondaggio della prestigiosa rivista Down Beat, superando musicisti del calibro di Miles Davis e Dizzy Gillespie.Aveva un'aspetto attraente ed un’aria molto cool: la tromba puntata sul pavimento del palco, lo sguardo malinconico, gesti misurati, rare parole. Possedeva un carisma naturale, per cui risultava intrigante nonostante fosse del tutto inaffidabile e non si creasse problemi ad impantanare nel fango della tossicodipendenza chiunque gli orbitasse intorno. Le biografie lo descrivono come un padre pessimo e come un compagno -per le donne e gli uomini con cui ha diviso qualcosa- se possibile peggiore.Divenne un'icona, il James Dean del jazz, finché le droghe cominciarono a minarne l’esistenza conducendolo al carcere anche nel nostro Paese, a Lucca, per oltre un anno, dopo un processo che fece davvero scalpore. Qualcuno racconta di note struggenti provenienti dalla cella, e di persone radunate all’esterno ad ascolatarle ammaliate. Seguirono espulsioni da Germania ed Inghilterra ed innumerevoli disavventure collegate alla dipendenza; il tutto inframmezzato da una quantità imprecisabile di incisioni, realizzate alla minima opportunità pur di pagarsi il vizio. Morì ad Amsterdam, nel 1988, in circostanze tuttora poco chiare.Questo ritratto più che sommario, integrabile attraverso la consultazione dei numerosi documenti facilmente reperibili, non vuole avere nessunissima pretesa; ha soltanto il fine di introdurre la domanda che sorge spontanea ascoltando Chet Baker suonare e cantare: "Come è possibile che un uomo tanto dissoluto abbia raggiunto le vette del lirismo?"Per quanto mi riguarda, ancora una volta la risposta è nei libri; in questo caso, nel Narciso e Boccadoro di Hermann Hesse: talvolta rotolare nel fango è la via più breve per giungere alla santità. E’ l’unica spiegazione che io trovo ragionevole, a proposito di come Chet abbia maturato la sua arte. In cosa consista la sua arte, invece, l’ha chiarito con geniale semplicità Paolo Fresu, uno dei migliori trombettisti attualmente in circolazione. Intervistato di recente da La Nuova Sardegna, ha espresso questo concetto: "Amo sia Miles Davis che Chet Baker. Si tratta di due maestri, mostri sacri. La musica di Davis ha a che fare con la tecnica; quella di Baker, coi sentimenti".Sono fatalista, detesto i rimpianti: la sezione “Occasioni mancate” è forse la più anoressica del mio personalissimo archivio, raccoglie ben poche schede. Mi sono imbattuto in Chet una decina d'anni fa, è stato un colpo di fulmine, e da allora ne custodisco la scheda in quella nostalgica sezione. Lui è lì, sul palco, suona, rapito; la penombra, il fumo, la campana della tromba, nascondono alla vista rughe prodigiose, fenditure profonde sino al cuore.

 
 
 
 

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