Creato da Kuqi il 23/03/2013

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Piccolo racconto: Amore per il pensiero e odio della mente

Post n°39 pubblicato il 15 Maggio 2014 da Kuqi

"Fa freddo là fuori" pensò Giorgio guardando dal finestrino del pullman la gente incappottata che camminava svelta nei marciapiedi del centro. 

Ma, dopo tutto, il freddo lo avrebbe dovuto affrontare pure lui una volta sceso al capolinea e lo avrebbe dovuto sopportare lungo tutta la sua consueta passeggiata.

Era quasi un mese da quando si era lasciato con Gabriella e la sua mente era confusa, nonostante lui fosse tornato a vivere. Vivere... se si può chiamare vita un'esistenza fatta di routine, sorrisi, incomprensioni, persone a destra e a sinistra, alle quali forse lui non importava più di tanto e per le quali nemmeno lui, data questa percezione di mancata importanza, avrebbe speso molto tempo. La sua vita era diventata un autentico rebus, un inferno in piena regola, nonostante non fosse molto diversa da quella che aveva vissuto prima di conoscere Gabriella. Era ritornato infatti ad essere single, con amicizie, quattro passioni, lo studio all'università, proprio come prima di conoscerla. Eppure in tutto quello che aveva mancava un senso logico, ancora di più quando stava ancora insieme a lei. Tutto, infatti, aveva perso significato, gusto, ordine. Qualsiasi attività o persona gli infondeva angoscia, tristezza, mancanza di futuro, desolazione, solitudine, eppure aveva tutto: una fidanzata, una famiglia, degli amici, delle passioni e perfino lo studio procedeva spedito. E allora perché sentirsi così? Questa sua malinconia portò Gabriella a tagliare i ponti, stanca di quella relazione stagnante con una persona ormai accecata dal suo disagio ingiustificato. Quella rottura irreversibile non fece soffrire più di tanto Giorgio, forse perché non l'amava davvero o forse perché aveva delle grosse gatte da pelare, come il ridare sapore ad un'esistenza diventata insipida per il suo cervello. Nel periodo antecedente alla rottura vi era stata questa incredibile sensazione ansiosa, triste, che si ripercuoteva sull'umore di Giorgio, sul suo appetito e sul suo sonno. Successivamente alla rottura l'ansia, l'appetito e il sonno erano tornati ai loro livelli normali, ma l'angosciosa atmosfera di tristezza continuava a incupire le sue giornate, forse perché Giorgio aveva paura che, una volta spariti i sintomi del suo mal di vivere, una volta riappropriatosi a poco a poco del gusto delle cose della vita, tutto questo tornasse più forte di prima. Forse era proprio per questo che stava ancora male, proprio durante il periodo di guarigione. E poi in fondo al cuore immaginava che Gabriella si facesse viva, un giorno, per chiedergli di tornare insieme. Questo da un lato lo turbava, perché temeva di tornare a stare male insieme a lei, così come era successo i mesi scorsi, mentre dall'altro lato costituiva la speranza che lei tornasse sui suoi passi, lo prendesse con sè, lo amasse e lo salvasse dal nulla che avanzava. Crisi e pensieri ordinari di una vita monotona di un ragazzo altrettanto ordinario, afflitto, alla soglia dei vent'anni, dal mal di vivere. "Può essere che, superato questo momento, io maturi nella consapevolezza dei valori primari e delle cose belle che valgono il vivere?" "Può essere che sia solo un check-point?" "Possibile che ci voglia così tanto a guarire?". Mille domande affollavano il crogiolo che era diventato il cervello di Giorgio, che sapeva di dover affrontare una sorta di continuo tormento interiore fatto di punti interrogativi nei lunghi mesi che lo attendevano. Lui, angosciato, si rifugiava nelle sue passioni, pian piano tornate ad essere fonte di distrazione e di piacere, mentre "a passi tardi e lenti", come direbbe Petrarca, andava misurando e assaporando i campi della sua vita con una buona, ma cauta, dose di ottimismo. Gabriella era il passato, eppure continuava ad essere presente col suo nome, le sue abitudini, il suo sorriso, nei volti delle persone che Giorgio incontrava. Un tempo, lui che mirava sempre al minimo dettaglio da poter ricondurre alle trame di un qualche destino, che lui stesso immaginava procedesse consequenziale a suo piacimento, avrebbe badato a tali coincidenze per tirare acqua al mulino di tale fato. Ma adesso no. Non più, al momento. Un ragazzo che, con la scusa del "tutto succede per un motivo", se la cantava e suonava da solo, decide di interrompere il concerto sillogistico-fatalistico con sede nei suoi pensieri. È come se avesse deciso di spegnere l'interruttore dell'amplificatore che alimentava il suono costante e pluriennale di uno strumento (il suo cervello) che egli stava rifiutando in tutte le forme del suo usuale operato. "Non male"-pensava-"vivere in un corpo con un cervello diviso in compartimenti stagni: da una parte troviamo la ragione, ben informata dalle cimici disseminate ad arte fra le pieghe di ogni singola emozione, coadiuvate da strumenti da far invidia ai più moderni laboratori di ricerca, in modo da registrare ed inviare i dati statistici del livello di veridicità e di intensità del sentimento. Dall'altra troviamo la mente che era sempre abituata a fluire nel suo decorso intuitivo-deduttivo e di pensiero da moltissimi anni, tenuta in scacco dalla sua metà malvagia, che travisava le fallaci informazioni delle cimici, inibendo e promuovendo a piacimento l'attività della sua parte gemella". Il mondo sarebbe andato avanti nella sua continuità, fatta di giorni, stagioni, propositi, sogni, illusioni, azioni, malattie, mentre lui stava lì, seduto nel pavimento gelido dei suoi pensieri, circondato da una nebbia densa di ragionamenti e ritrattazioni senza fine, a tenere a bada le due metà della sua mente. Nel frattempo, un semaforo rosso richiama la sua attenzione; era il semaforo posto qualche metro prima il capolinea. Ne ebbe la conferma quando diede un'occhiata agli alberi spogli del cortile della scuola media lì di fronte. Capì che era tempo di scendere dal mezzo. Prenotò la fermata, attese l'arrivo e scese, pronto ad imboccare il marciapiede in un'uggiosa giornata invernale. Come aveva previsto prima, vedendo la gente incappottata, si rese conto che faceva freddo e che da questo, assieme ai suoi pensieri, sarebbe stato accompagnato lungo tutto il percorso verso casa.

 
 
 
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