LA FINALE. » |
Post n°1 pubblicato il 06 Febbraio 2012 da giuseppelatanza
AMEDEO CHE VOLA.
Taranto, aprile 1948. - Ancora con questa storia? Fila a prendere l'acqua per don Cesare, piuttosto. La signora Carmela guardò il piccolo Amedeo e con un gesto infastidito gli indicò il secchio di rame. Amedeo avrebbe dovuto andare all'anello di San Cataldo a prendere un po' di acqua per le acquasantiere della chiesa di San Domenico. Ci sarebbe andato con il barcone del nonno. Così prese il grosso secchio lucido e sbatacchiandolo a destra e a manca si allontanò ferito da una mamma che non credeva al suo figliolo, quando gli diceva che era capace di volare. Peppino era appena tornato, e la sua pelle era ancora levigata dal sole di aprile. Peppe u'gnure lo chiamavano. Vent'anni di mare aperto sulla paranza di Saracino, la Maria Vergine del Lido II avevano imbrunito la sua pelle fin sotto il collo, facendo spiccare il bianco dei suoi occhi come quelle statue di ebano che si potevano vedere nel negozio dei Calò, arredi esotici. Si sedette sulla sedia impagliata e osservò Carmela passare un pannetto nero sulle sue unghie rosa e lucidarle come aveva fatto ogni giorno della sua vita, rimirandosele compiaciuta. - E Amedeo? - All'anello. - rispose Carmela, senza distogliere gli occhi dalle mani.- l'ho mandato a prendere l'acqua. Questa storia di volare mi ha stancato. Non fa che ripeterlo da giorni. Vorrei sapere chi gli ha messo in testa certe cose. - È un bambino. Lo sai che i bambini hanno molta fantasia. Peppino tirò fuori dal taschino una sigaretta mozzata e mezza bruciacchiata. Prese uno spillo dal cassetto della macchina per cucire e ci infilzò il mozzicone. Accese la sigaretta con una boccata robusta e sorrise. Il mio Amedeo che vola, pensò. Gli sterpi scricchiolavano sotto i piedi di Amedeo. Doveva andare all'anello di San Cataldo, un fiotto di acqua dolce che zampillava in pieno Mar Grande, a cento metri dalla costa. Si racconta che, tempo fa, san Cataldo avesse buttato il suo anello in quel punto, e avesse dato vita a quella sorgente di acqua dolce in mare, che sgorgava in cerchi concentrici da tempo immemorabile. Don Cesare voleva che l'acqua santa della sua chiesa dovesse essere santa sul serio, prima ancora di benedirla. E Amedeo ci andava volentieri, perché così poteva rimanere un po' da solo con nonno Cosimo e fantasticare senza che la mamma potesse rimproverarlo. Amedeo, superato il ponte di pietra prese a destra, verso la campagna. Vide le rondini descrivere nel cielo dei cerchi e abbassarsi velocemente a pochi metri dal suolo. Strinse il manico del secchio fra le mani e alzò il passo verso le rondini che svolazzavano basse davanti a lui. Cominciò a trotterellare, le ginocchia sbattevano contro il rame. Poi allungò il passo e cominciò a correre, correre a perdifiato. I suoi piedi cominciarono a sollevarsi da terra, leggeri, in alto sempre più in alto, Amedeo ormai aveva imparato come si faceva, respirando forte, alzando le ginocchia, sollevarsi dal terreno e alzarsi in volo, per pochi metri, giusto qualche salto. Amedeo raggiunse il barcone del nonno a riva, percorrendo decine di metri senza toccare il terreno. Amedeo era capace di volare. Ma nessuno voleva crederci. - Don Cesare ha fernuto l'acqua nata vota? Nonno Cosimo sbucò alle spalle di Amedeo e gli diede uno scappellotto sulla nuca. - Sì nonno. Gliene porto un secchio pieno stavolta, così dura di più. - Ca se facesse u'bagno nell'acqua santa, chillu fetente? Amedeo rise. Nonno Cosimo parlava napoletano, nonostante a Napoli ci avesse vissuto solo i due anni del militare. Lo faceva per vezzo, gli piaceva la parlata dei marinai che ogni tanto approdavano nel porto, ai quali vendeva cozze e ostriche da portare a Napoli. Nonno Cosimo sollevò Amedeo dalle ascelle e lo mise dentro il barcone. Nonno, tu mi credi che volo? Eccome no! Pure nonno tuo vola... Amedeo vide il nonno voltarsi a mollare gli ormeggi. Le sue spalle sussultavano da risa soffocate. Neanche nonno Cosimo gli credeva. Ma tra due giorni ci sarebbe stata la processione dell'Addolorata. Amedeo avrebbe dimostrato a tutti che era capace di volare.
Un bisbiglio. Le comari, sull'uscio di casa a sgranare rosari, si volsero a guardare Carmela e la piccola Concetta che salivano la scalinata del Vasto, mano nella mano. Carmela si era lucidata le unghie ed ora riflettevano la luce del sole al tramonto come uno specchio. La piccola Concetta trotterellava al fianco della madre incespicando i passi e coprendosi di tanto in tanto gli occhi con la manina. Più dietro Amedeo saltellava sotto gli occhi del padre e del nonno. Pregustava già lo stupore del paese quando, sotto gli occhi di tutti, dopo la cerimonia, si sarebbe librato nell'aria come un uccello. La folla pressava sotto la scalinata della chiesa di San Domenico, alla mezzanotte meno cinque. La statua della Madonna Addolorata ondeggiava pesante sopra le spalle dei confratelli, sotto il sagrato. Don Cesare era sul sagrato, addobbato dai paramenti di raso viola, e spennellava nell'aria con l'aspersorio di stagno spruzzatine di acqua santa e benedetta dell'anello di san Cataldo. La statua avrebbe fatto il giro del paese e sarebbe giunta in piazza Fontana. Proprio lì, nella piazza, Amedeo avrebbe dato dimostrazione delle sue capacità. Qualche giorno prima aveva provato il percorso: avrebbe corso in cerchio lungo il perimetro della piazza e sotto gli occhi di tutti avrebbe spiccato il volo. Amedeo era sotto la torre dell'orologio, con le spalle poggiate al muro, ed attendeva il momento opportuno per cominciare a correre. La folla cominciava a riempire gli spazi. Alcuni erano a ridosso della fontana che si ergeva al centro della piazza, altri si affacciavano al parapetto della marina per vedere le lampare che si apprestavano a partire. Amedeo notò che ora c'era spazio sufficiente per prendere la rincorsa. Si staccò dal muro e si sistemò sulla strada che circondava la piazza. Si strofinò le mani sui pantaloni e... - Attenzione a tutti! Vedete come sono capace di volare! Tutti si volsero a guardare quel soldo di cacio che gridava a squarciagola l'inizio della sua impresa. Mamma Carmela lanciò un sguardo di rimprovero ad Amedeo il quale le sorrise. - Vedrai, mamma! - e cominciò a correre. La gente gli fece largo, ridendo, arrivò qualche scappellotto volante, ma Amedeo non ci badò, tra un po', pensava, sarò io a ridere. I piedi correvano a più non posso, Amedeo cominciò a sentirsi leggero, sempre più leggero, un giro, due giri, tre giri, il vento gli scompigliava i capelli, e lui andava sempre più veloce, i suoi piedi sempre più leggeri, altri dieci passi e...spiccò un gran salto, certamente notevole per la sua età, ma non si alzò che pochi centimetri da terra e ricadde sulle piante dei piedi tra le risa della gente. Si sentì strattonare. La mamma era furiosa. Eppure Amedeo sapeva volare, lo aveva fatto tante volte, da solo. Non sapeva perché non ci fosse riuscito quella volta. Sentì una grande amarezza.
Mamma Carmela lucidava silenziosamente le unghie della piccola Concetta. - Stai buona, ho quasi finito. Amedeo era seduto sul pavimento e giocava con un soldatino di piombo senza testa e con la baionetta spuntata. Per tutta la serata era rimasto silenzioso, attendendo il rimprovero della madre. - Amedeo, mi prendi il nastro rosa lì sul letto? - disse Carmela. Strisciò fino al bordo del letto, prese il nastro e, senza alzare lo sguardo lo porse alla madre. - Cosa c'è? Ti dispiace tanto non saper volare? - Io so volare. L'ho fatto tante volte. - Certo. Ma se non sai neanche nuotare... La risata della madre mortificò il piccolo Amedeo. Decise che non avrebbe più tentato di volare di fronte a sua madre. Qualche giorno dopo, nonno Cosimo lo portò all'isola di san Pietro, per fargli vedere i pesci volanti che si lanciavano fuori dall'acqua inseguendo sciami di moscerini. Arrivarono sulla riva sabbiosa e deserta dell'isola. - Piglia accà. Nonno Cosimo porse ad Amedeo un cesto con del pane di grano e del formaggio. Amedeo era silenzioso e il nonno capì che il bambino pensava ancora alla figuraccia che aveva fatto alla festa dell'Addolorata. - Piccirì, tene pensiere? Amedeo non rispose. Ma si sentiva più sereno, lontano dal paese. Nonno Cosimo fece cenno al bambino di accomodarsi sotto i pini e si allontanò alla ricerca di telline, lungo la chiara battigia dell'isola. Amedeo vedeva il dorso nudo e muscoloso del nonno imperlato di sudore chinarsi ogni volta che scorgesse telline grosse e promettenti sotto la sabbia bagnata. Il sole batteva come d'agosto e lui aveva voglia di raccoglier telline con il nonno, che ormai si era allontanato molto. Si avvicinò alla riva e si chinò ad immergere le mani nell'acqua fredda del mar Jonio. Decise di raggiungere il vecchio e si incamminò lungo la riva. La sabbia scottava e costrinse Amedeo ad allungare il passo. Sentì qualcosa di strano, un senso di vertigine piacevole. Cominciò a correre verso il nonno, sempre più veloce, alzando le ginocchia più che potesse. Sentì i piedi leggeri, le gambe che si sollevavano, vide la sabbia sotto di sé scorrere velocemente. Stava volando. Era riuscito a sollevarsi da terra di qualche palmo ed ora stava volando. - Nonnoooo! Guardamiii! Nonno Cosimo si voltò e vide il nipote cadere con un tonfo sordo sulla sabbia. No! Pensò Amedeo, non mi ha visto! Non mi ha visto! Sono caduto prima che potesse vedermi! Il vecchio accorse dal nipote. - Piccirì! Ti sei fatto male? No, nonno. Solo un po' di spavento. Non hai visto, nonno? - Cosa? - Niente... Amedeo era sconsolato. Non era ancora riuscito a far vedere di cosa era capace. Passò qualche minuto di silenzio. Il vecchio ed il bambino erano l'uno a fianco all'altro, a raccogliere telline dalla sabbia. - Amedeo... - disse il nonno. - Sì? - Ie nun te putev' verè. Nisciune pò verè. Amedeo si sentì le vene dei polsi gelare. Dunque il nonno sapeva? - Nisciune ne pò verè. Il piccolo era sbigottito. - Vederci? Perché, anche tu...? - Anche tuo padre. Simme capace e'vulà. Ma sulo se nisciuno ci guarda. Pe' chiste la gente nun te crederà mai.
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