Funambola

La mia città Lucera


Quello che ricordo di te è il tuo odore. Quell’aria fresca e asciutta che ti porti addosso come una ragazza d’estate. Sembri accogliermi silenziosa nelle tue vesti, come un amante a lungo atteso. Chiudo gli occhi e ti rivedo com’eri, sonnolenta e quasi austera signora di provincia, adagiata su quelle colline che si allungano dolcemente sul mare verde e ocra del Tavoliere. I palazzi ottocenteschi e i giardini rigogliosi di piante e di fiori, le pietre riarse e le strette viuzze che si aprono all’improvviso, quasi faticose per chi non ti conosce ancora. E un sorriso di fanciulli che traspare in ogni tua piccola piazza, tra biciclette e palloni, i disegni con il gesso tracciati quasi a ogni angolo di strada. La morra con i sassi, i giochi con la corda. Una bambina nella bottega del nonno e il suo cucchiaino di caffè, odoroso di sambuca.“Quando torni a casa?”L’arco ogivale di Porta Troia mi invita su per Corso Manfredi. Poi mi inerpico quasi su Via IV Novembre, che mi invoglia con l’aroma intenso del caffè appena torrefatto in Piazza Bonghi. Un odore che ti stordisce. Respiro piano l’ombra saracena della tua storia, piccoli frammenti che raccontano di donne velate e minareti, di quella Lugerah araba che dicono fosse più bella della Còrdoba dei califfi. Non lo so, e non m’importa. Quello che tu sei stata, quando ancora non mi avevi tra le tue braccia, mi intenerisce ma non mi appartiene. Così come non mi appartiene quello che sei diventata. Ma nei miei ricordi sei bella come allora. Amata, temuta, odiata. Rimpianta.“Nonno, me le dai, cento lire?”Il mercato. Ti aggredisce l’olfatto e lo sguardo e ti respinge. Poi ti riprende a gran voce coi suoi richiami che vanno al rilancio. Le grida in un dialetto che stento a capire. La frutta, i fiori, le verdure fresche che sanno di campagna. Un fiume di braccia e di gambe che mi spinge lungo le strade invase dalle bancarelle. E lì, in fondo, alta e maestosa sul fianco di Piazza Duomo, la casa dei nonni. Le zie. La macchinetta del caffè sempre pronta sui fornelli. Le pizze fritte e le orecchiette. I vestiti di carnevale all’ultimo minuto, i giocattoli custoditi gelosamente nella stanza dei giochi. Le risate e le sgridate.“Li vuoi i maccheroni appiccicati, principessa?”Lo sguardo si alza sull’imponente Cattedrale. La piazza, tutta, si allarga nel sole di mezzogiorno. Ogni angolo sembra aprirsi e poi chiudersi come per un gioco di nascondino. Lassù, più in alto ancora, il tuo castello sembra aspettarmi. Posso quasi sentire il sommesso richiamo del profumo di quel bosco dove tante volte ho corso a perdifiato con le Giovani Aquile. Ma non ho voglia di continuare. Resto a guardarti così, qui. Nel vero angolo di casa mia. Il solo luogo dove vorrei tornare."Quando ti apparirà da lontano l'arco ogivale di Porta Troiae vedrai in un volgersi immenso di solitudine Lucera, dal chiarore infinito del grano, balzata sui suoi tre poggi, potrà succederti che alcuni fra i più avventurosi fantasmi della storia vengano a mettersi allato".Giuseppe Ungaretti, 1934