Funambola

Un bel po' di tempo fa


Un bel po’ di tempo fa, Ale mi ha invitata a partecipare al gioco delle cinque date importanti della mia vita. La cosa mi ha leggermente messa in crisi, perché, non volendo mancare ad una promessa ma non avendo neanche lontanamente le idee chiare al riguardo, ho tergiversato un po’, navigando tra i ricordi. Ho scoperto che, in realtà, non ho date abbastanza significative da menzionare e, tolta la mia data di nascita, abbastanza singolare, essendo venuta al mondo una fredda mattina del 1° Gennaio 1969 – cosa che mi ha privata della possibilità di festeggiare in maniera degna, visto che tutti dichiarano che sia una data impossibile da dimenticare, ma se ne scordano puntualmente nel momento fatidico e provate un po’ ad immaginare perché – dovrei elencare la data della mia laurea e quella della mia abilitazione alla professione di Arch. Ma, date fatidiche o no, per quanto importanti esse siano, ho preferito ricordare i momenti davvero significativi per me e che non hanno una data ben precisa, ma sono circoscrivibili ad un periodo. Avevo sette anni quando, nel lontano 1976, mio padre comunicò a noi, suoi diletti pargoli, che la nostra fantastica stanza dei giochi, un camera di quasi 35 metri quadri, sarebbe stata ‘smantellata’ per diventare un salotto a tutti gli effetti e che nel pomeriggio sarebbe venuto l’Architetto – figura per noi totalmente ignota e per questo oscura, non ascrivile a nessun cartone animato - a prendere le misure. Una tragedia. A nulla valsero pianti e urla: l’Architetto (c’è sempre un pregresso, nelle nostre scelte) era, ai nostri occhi, il mostro che avrebbe poi distrutto i nostri murales con gli indiani pellerossa – uno dei pellerossa era stato disegnato su una parete da mio fratello seguendo il mio profilo e poi decorato con tanto di penne sulla testa e strisce rosse e blu sugli zigomi – i totem e le tipiche tende coniche, i teepee. Era la fine di un’epoca (e vorrei ben dire).Alla tenera età di dodici anni – eravamo nel 1981, se non ho sbagliato i conti – ho preso l’irrevocabile decisione che sarei diventata Architetto (repetitia iuvant?). E così è stato, malgrado tutto e tutti contro: il giorno della mia abilitazione avrei voluto fare il gesto dell’ombrello rivolto all’umanità intera, ma ero troppo stanca ed euforica, per cui hanno prevalso altri sentimenti ed altri gesti.Il 25 ottobre 1987 (questa me la ricordo, eccome, e sono passati vent’anni…) entrai in una clinica di Bologna per un’operazione importante. Non ringrazierò mai abbastanza mio padre per il coraggio che ha saputo infondermi e mia madre per essermi stata vicina tutto il tempo. I miei fratelli… beh, loro erano a casa ad aspettarmi. Bravi ragazzi.E infine… la quinta data – ma non l’ultima, spero - è segnata nell’agenda dei miei sogni più tosti, insieme a quella dell’abilitazione (depennata). Ogni tanto la sfoglio, per vedere se è ancora lì, assieme alla lettera a Gesù Bambino. Quando – e se: l’ipotetico è d’obbligo - la vivrò, champagne per tutti. Promesso.Grazie, Ale. All’inizio non pensavo che ce l’avrei fatta, ma poi è stato bello.