Funambola

Ma un bel "ma che te ne frega", no?


"...cerco solo di non dire niente di sbagliato. E allora va a finire che non parlo, e faccio la figura di quello che non ha niente da dire." Diego De Silva, Non avevo capito nienteCredo che le cose vadano dette senza tanti giri di parole; eppure è un'arte che non ho ancora imparato. Più che l’assenza di parole, mi sorprende il fatto che, anche se la voglia di comunicare è tanta, esse gìrino a vuoto in un serbatoio pieno senza trovare la loro naturale via d’uscita. Ecco: naturale. Abbiamo qualcosa da dire? Diciamola. Invece no: siamo pieni di sovrastrutture, di schifosissimi limiti che il più delle volte ci siamo creati da soli e, anche, accidenti a loro, di paure. Paura di dire pure la cosa più giusta ma nel modo sbagliato, di essere fraintesi, di annoiare, di essere fuori luogo, di non essere accettati, in fin dei conti. La cosa più importante diventa il mostrarsi in un certo modo: naturalmente è sempre un modo che pur ci piace, che ci attrae, ma che poi alla fine non ci fa affatto dire quello che volevamo dire. Accadde una normalissima mattina, in un bar normalissimo di una normalissima cittadina di provincia: mi stavo gustando un meraviglioso cappuccino, di quelli densi e pannosi che ti fanno venire voglia di fare come i bambini e di spazzolare con la lingua bordo bordo per raccogliere tutta la panna adagiata nella tazza, quand’ecco che dalla radio sparano a tutto volume “Felicità” di Albano e Romina. Come mi sono goduta quel momento, non si può raccontare. Non avevo compagnia, eravamo io e la mia tazzona accoccolata tra le mani, cantavo “un bicchiere di vino con un panino, la felicità” ed ero felice. Felice di non dover vedere nessuno snobbissimo paio d’occhi fuori dalle orbite per quella canzone che tutto è considerata fuorché trendy, felice di non dovermi sorbire chiacchiere inutili, sorrisi inutili, smancerie inutili. Felice di non dovermi preoccupare della canzone giusta, del vestito giusto, del trucco giusto, delle parole giuste. Ero felice di essere felice di quella normalissima mattina. Ero felice. Punto. Ed è bella, la felicità, quando puoi condiverla con qualcuno. Ma se avessi raccontato a qualcuno, che pur mi adora, quanto mi era piaciuto ascoltare Felicità di Albano e Romina, sarei stata presa per una povera quarantenne rincoglionita sul viale del tramonto. Perché è ovvio che, poi, non ce l’ho fatta e l’ho raccontato e col “mi sa che un po’ ti sei rincoglionita” si è persa tutta la magia di quel momento.Ok, non ho detto praticamente nulla, eppure ho detto tutto quello che avevo da dire: ho un milione di cose belle, ridicole, divertenti, spensierate, ma anche tristi e deprimenti, perché ci stanno, da tirare fuori, ma non ci riesco. Finché Santa Sovrastruttura mi resterà appollaiata sulla spalla come una scimmia. P.S.: Però quando ci penso, a quella normalissima mattina, mi sbrilluccicano ancora gli occhi.Le cose che non dici