Funambola

Conversatori.


Non essendo una grande parlatrice, non amo a mia volta i grandi parlatori a ufo. Mi piace chiacchierare amabilmente, ma la conversazione deve avere un senso e un luogo e un momento. Per fare un esempio recente, non capisco chi, incontrandomi per caso per strada, mi trattiene mezz'ora buona a raccontarmi del parrucchiere che le ha sbagliato le meches se, prima di questo momento, io e lei ci siamo viste sì e no due volte e tutte e due le volte ci siamo scambiate niente più che un saluto di convenienza. Ma andare per gradi (di conoscenza) no, eh?Non amo, poi, particolarmente, quelle situazioni conviviali in cui non conosco nessuno, epperò sono costretta a parlare per forza, non importa (si fa per dire) quel che si dice, purché si faccia quel che il galateo consiglia: si conversi amabilmente del più e del meno. E si sorrida, sempre. Non sempre si è dell'umore adatto, però. Quando ricevo un invito a un pranzo o a una cena che contempli un numero elevato di commensali perlopiù sconosciuti, certe volte scapperei volentieri a gambe levate. Per il semplice fatto che, uno, non sai mai chi ti capita a fianco e, due, nove volte su dieci si è costretti a sorbirsi un polpettone farcito non compreso nel menù. Poi c'è il caso eclatante in cui io e il mio compagno andiamo a cena fuori e pregustiamo una tranquilla cenetta a tu per tu: c'è sempre qualcuno dai tavoli vicini che attacca bottone. Sempre. Lo abbiamo constatato, tutto sommato non troppo infastiditi, ma alquanto stupiti. Questo sabato sera eravamo a cena in un agriturismo: il gruppetto di cinque persone, entrato poco dopo di noi, doveva aver pensato che potevamo sentirci soli nella nostra solitudine di coppia (ma è mai possibile?) e aver scambiato il nostro sorridente "buonasera" per un invito a scambiare (più di) due chiacchiere. Col risultato che la nostra cenetta a tu per tu se n'è andata, ma non del tutto per fortuna, a farsi benedire.D'altro canto resto largamente perplessa da quei tipi comunemente definiti di poche parole. Il mio collega è così e certe volte mi snerva, perché io ho bisogno di sapere tutto, ma proprio tutto, di quel che si è detto a quella riunione o a quell'incontro a cui non ho potuto essere presente. Per me è vitale, mi dà lo sprone per caricarmi di entusiasmo o, nella peggiore delle ipotesi, di mollare tutto.- Allora, com'è andata?- ... Bene.- Ok. Ma che hanno detto?- E' piaciuto.- Piaciuto come? Quanto? Erano entusiasti?- Eh, hanno detto che andava bene...E, poi, quando non ci si può sentire a voce, i messaggi sul cellulare.Io: "Tutto ok per quello che mi hai chiesto. Spero di rivederti presto, ti abbraccio forte."Risposta:"Grazie mille."