Creato da Gianni.61 il 19/03/2010

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Musulmani divisi.... e gli italiani? Stanno zitti come al solito?????

Post n°31 pubblicato il 19 Luglio 2011 da Gianni.61


Islam/ Burqa in pubblico, musulmani divisi. Su Affari scoppia il dibattito sul velo



Dopo il primo sì in Commissione Affari costituzionali alla Camera al divieto di burqa e niqab nei luoghi pubblici, con pene fino a 500 euro per chi trasgredisce, scoppia su Affaritaliani.it il dibattito tra gli stessi musulmani sull'uso del velo. Il Movimento per la tutela dei diritti dei musulmani: "Impedire di indossarlo penalizza le donne". Replica l'associazione ACMID Donna Onlus: "Liberiamo le donne che soffrono".


L'INTERVENTO DI SILVIA LAYLA OLIVETTI, PRESIDENTE DEL MOVIMENTO PER LA TUTELA DEI DIRITTI DEI MUSULMANI ALL'ONOREVOLE SOUAD SBAI (PDL), RELATRICE DELLA PROPOSTA DI LEGGE

Desidero innanzitutto premettere che noi del Movimento non siamo, in linea di principio, favorevoli all'uso del niqab, o velo integrale, in Europa. Riteniamo che il suo utilizzo sia, oltre che non supportato da precetti religiosi che ne esplicitino l'obbligatorietà, dannoso per l'immagine dell'Islam in un'Europa già molto provata da orrendi attacchi terroristici i quali, pur non avendo nulla a che fare con il vero Islam e con il suo messaggio di pace, vengono comunque ascritti nell'immaginario collettivo all'ortodossia islamica.

Pur non essendo in linea generale favorevoli all'uso del niqab siamo decisamente contrari ad una proposta di legge che, ben lungi dall'apportare dei concreti benefici alla sicurezza nazionale, si tradurrebbe inevitabilmente in una grave penalizzazione per quelle donne che, per scelta non contrattabile o per costrizione, indossano il niqab.

burqa a

Non possiamo peccare d'ipocrisia affermando che le donne costrette a portare il niqab non esistono, ma sarebbe altrettanto ipocrita considerare risolto il problema della sicurezza nazionale impedendo alle musulmane di indossarlo. Soprattutto in considerazione del fatto che in Italia le donne che indossano il niqab sono una sparuta minoranza.
Se il principio in base al quale si legittima la Sua proposta di legge è quello di garantire in qualche modo la sicurezza nazionale, sarebbe sufficiente imporre alle pochissime donne musulmane col niqab l'obbligo di farsi riconoscere su richiesta nei luoghi pubblici.

A conti fatti, Onorevole Sbai è davvero sicura che impedendo a qualche decina di donne musulmane di indossare il niqab la sicurezza in Italia ne uscirebbe sensibilmente rafforzata? Non si tratterebbe piuttosto di una misura sproporzionata , visto che chi travisa il volto con palese intenzione di delinquere certo non toglie il proprio copricapo per agevolare il lavoro delle forze dell'ordine?

Se le donne musulmane che portano il niqab sono un numero infinitesimale rispetto alla totalità delle donne di fede islamica, ancor più esiguo è il numero di quelle che lo indossano sotto costrizione maschile. Eppure è essenzialmente a loro che la Sua proposta di legge è rivolta. A loro e - probabilmente - alla loro tutela e libertà di scelta.Secondo Lei una donna che vive una condizione di subordinazione tale da essere costretta uscire di casa solo con il niqab, con la Sua (per fortuna ancora non approvata) legge sarà finalmente libera di uscire di casa in hot pants, canotta e capelli al vento o più verosimilmente sarà costretta dal marito violento ed oppressore a starsene in casa definitivamente?

Suvvia,non sarà così poco lungimirante da non rendersi conto che la Sua proposta di legge sarà tutto tranne che un beneficio per quelle donne che vivono veramente in una condizione (islamicamente tristissima e sbagliata peraltro) di costrizione al niqab! La Sua proposta di legge non contribuirà alla "liberazione" di quelle donne che sono obbligate all'uso del niqab dai mariti: sarà la causa della loro definitiva segregazione tra le mura domestiche.

Lei sa benissimo quali conseguenze porterà nella vita di queste donne la Sua proposta di legge qualora dovesse disgraziatamente essere approvata, sa che questa legge non farà fare un solo passo a queste donne sulla via dell' emancipazione. Sa che la Sua legge spezzerà probabilmente per sempre i legami di queste donne - già ai margini della vita sociale e lontane anni luce dall'integrazione e interazione con la società italiana - con il mondo esterno. Perciò Onorevole Sbai Le chiedo di nuovo: questa Sua proposta, cui prodest?

Forse, ma mi auguro di sbagliare, giova alla propaganda islamofoba e a un disegno politico che mira a piegare con la forza le minoranze religiose, fagocitandole nel modello occidentale della società italiana e riducendole al silenzio. Probabilmente giova a chi, con la facile scusa di voler rendere visibili le donne musulmane spogliandole del velo, in realtà vuole solo rendere invisibile l'Islam mettendone fuori legge i simboli più evidenti.

Le chiediamo di aggiungere una riflessione a quelle che certamente avrà già fatto nel ponderare i benefici e le possibili ripercussioni negative della Sua proposta di legge di valutare con onestà le concrete possibilità che la Sua proposta di legge costituisca una forma efficace di tutela della debolissima categoria di donne che vivono una situazione familiare difficile. Le chiediamo di interrogarsi sulle possibili conseguenze del divieto di indossare il niqab in pubblico per quelle donne che lo usano per costrizione e che, in un'aula di tribunale, verosimilmente negherebbero l'imposizione per paura della reazione dei loro mariti una volta tornate a casa.

Forse, Onorevole, Sbai vale la pena aprire gli orizzonti a soluzioni meno drastiche; vale la pena di considerare strade alternative a quella del pugno duro, che in questo caso verrebbe calato in faccia solo alle donne. Sono certa che ragionando con calma e confrontandosi tutti insieme, una soluzione meno punitiva e significativamente più solidale con le donne potrà essere studiata e trovata. Anche nel rispetto di quella che è la base della democrazia e dell'emancipazione femminile, così come la intendo io: vale a dire la libertà di scelta della donna, qualunque sia la scelta in questione. Compresa quella di indossare il niqab.


LA REPLICA DELL'ASSOCIAZIONE ACMID DONNA ONLUS ALL'INTERVENTO DI SILVIA LAYLA OLIVETTI

Sig. ra Olivetti, ci pare doveroso nei confronti della testata Affaritaliani, che ha ospitato la Sua lettera, iniziare questa breve risposta precisando la nostra posizione relativamente alla tutela dei diritti dei musulmani: Lei non ci rappresenta in alcuna maniera e, come Donne marocchine e musulmane in Italia, non riconosciamo la Sua associazione. Cosa che Le significa anche la totale noncuranza di Souad Sbai per le Sue parole, visto che già esiste una querela in atto per le Sue parole su Repubblica. Le consigliamo, quindi, di parlare dei suoi iscritti.

Vede, signora, per quanto riguarda il niqab o peggio il burqa, non si può essere contrari "in linea di principio"; nelle Sue parole è evidente il voler evitare un giudizio netto e tranchant su questa vicenda. Perché probabilmente, non sapendo minimamente cosa provochi un niqab in una donna costretta ad indossarlo, si permette il lusso di girarci attorno. Farebbe bene a non usare questo atteggiamento di gravissimo superficialismo. Se nella Sua mentalità, il niqab danneggia l'immagine dell'Islam in Europa e non le donne che lo portano a forza, di che cosa stiamo parlando? Certo, capiamo perfettamente che chi si converte al'Islam non per fede ma per amore, o magari per altri motivi a noi sconosciuti, ragioni cercando di affossare la propria ex religione, perché simbolo del proprio fallimento di vita.

Ma ci permettiamo di far notare, come donne arabe e musulmane, che la fede è qualcosa di più profondo, la cui conoscenza fa sì che se ne comprendano anche e soprattutto i lati negativi, animati da volontà di miglioramento. Volontà che è poi la base dell'Islam. Chi lo conosce a fondo lo sa bene. Tralasciamo, non senza una certa ironia di fondo, la Sua non comprensione del concetto di ordine pubblico in relazione al divieto di niqab e Le facciamo osservare che dalle Sue parole, se riflettono il Suo pensiero, è evidente che Lei non è mai stata in un'aula di tribunale a difendere una donna dalla violenza del marito o in un ospedale a curarne le ferite, fisiche e psicologiche. Oppure a difendere la memoria di quelle che sono morte per aver chiesto un po' di libertà. Souad Sbai si, e sono più di dieci anni che combatte per la libertà di queste donne, quindi Le suggeriamo di non fare la morale a nessuno, usando peraltro un linguaggio ambiguo e di doppi sensi tipico di un certo ambiente.

Crediamo che non ci fosse termine peggiore per chiudere la Sua blanda e insipida lettera, se non con la parola "islamofobia", che sappiamo esserLe tanto cara; è singolare come una donna si prenda la briga di emettere, in sostanza, una fatwa mascherata contro chi si batte per la libertà delle donne e si difende da un certo oscurantismo. Le fatwe le possono emettere solo gli uomini. Se però essere libere e volere la libertà per tutte le donne è islamofobia, noi siamo convintamente e coscientemente islamofobe. Accettiamo qualsiasi epiteto pur di liberare le donne che soffrono. Contro quell'Islam inquinato e stravolto che vi pregiate di sostenere. È evidente, ci piace farlo notare, che non sapete nemmeno a cosa vi siete convertiti. Come non lo sanno quelle pochissime donne, non arabe, non musulmane ma solo convertite, che sono scese in piazza per protestare contro la legge in Francia.

Vede, il Suo sfogo, frustrato e isterico, proprio non ci sta; ma non perché Lei non sia libera di esternarlo, bensì perché Lei il velo non lo porta. Si erge a gigante di un pensiero di cui non conosce le aberranti conseguenze. Quindi, cara signora, non accettiamo la morale da convertiti. Creda, chi fa della religione un'ideologia o peggio un mestiere vive qualcosa di davvero triste, al limite dello squallore morale e personale. Detto questo, signora, ci perdoni ma dobbiamo congedarci da questa amabile quanto sterile chiacchierata. Chi soffre o non respira l'aria della libertà, almeno nella nostra idea di donne arabe e musulmane tout court, non gradirebbe vederci dibattere ancora con chi spaccia la sua segregazione per un inesistente quanto insostenibile diritto di libertà.

Speriamo che il Ramadan, mese di pace e di riflessione, La illumini

Non so se avete notato... nessuna proposta, nelle parole della Olivetti, tranne quella di lasciare tutto come sta... le donne che sono oggetti nelle mani di mariti prepotenti devono rimanere nelle stesse condizioni... l'importante è non intaccare uno dei loro simboli... Beh! mi dispiace per quelle donne, ma se la loro fine e di rimanere segregate in casa, devono pensarci da sole a liberarsi. Se nessuna donna avesse avuto il coraggio di ribellarsi, nessuno le avrebbe dato nessuno dei diritti che hanno ora. Ma fortunatamente ci sono state donne coraggiose che hanno lottato, per se e per tutte le altre, riuscendo ad avere dei diritti che prima le erano negati... Invece qua si legge di un ritorno al passato. Una legge che dovrebbe garantire una sicurezza, non dovrebbe essere approvata, perchè una manciata di donne che indossa questo atrezzo, corre il rischio di essere segregata in casa a vita... ma invece di non approvare la legge, non sarebbe meglio fare qualcosa contro questi mariti farabutti????


 

 
 
 
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