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CAOS LISTE: LA PAROLA E I RICORDI DEL NOSTRO PRESIDENTE: TEODORO BUONTEMPO

Post n°19 pubblicato il 03 Marzo 2010 da solodestra

«La presentazione delle liste è un atto fondamentale nella vita di mi partito, non può essere considerato un semplice adempimento burocratico che chiunque può assolvere». Teodoro Buontempo scuote la testa. Le notizie che arrivano sulla lista del Pdl nel Lazio e sul listino di Formigoni in Lombardia sembrano quasi irritano. Lui, da segretario provinciale del Msi, di queste vicende ne ha viste tante, ha vissuto in prima persona i momenti in cui ci si metteva in fila con i documenti sotto il braccio. Anzi, come ci tiene a sottolineare, «con quel tesoro di nomi che bisognava custodire».
•     Facciamo un passo indietro… Era talmente importante l’immagine del partito che a un certo punto la federazione missina di Roma, nel 1989, stanca di vedere il Pci conquistare sempre il primo posto sulla scheda elettorale — che era anche il più visibile all’apertura della scheda elettorale — si mobilità dal mese di giugno ventiquattrore su ventiquattro per battere tutti sui tempi alle amministrative di ottobre.
•     Fu quasi un sfida dettata dall’orgoglio.
Sì, e proprio questo elemento creò entusiasmo e mobilitazione. C’era un presidio davanti al portone di via dei Cerchi, aspettavamo ogni giorno che venissero chiusi gli uffici. Noi eravamo in un mio vecchio Land Rover a passo lungo, le ragazze si alternavano nel portarci vivande e cibo. Ormai lo sapevano tutti, non c’era più dubb io su chi fosse il primo in fila.
•     Che cosa accadde la mattina della presentazione delle liste?
I responsabili del Pci trovarono un quadrato di militanti composto da quasi cinquecento giovani. Non passava un filo d’aria, era impossibile superare quel cordone. Appena si apri 11 portone di via dei Cerchi, con Giulio Maceratini e Donato Lamorte andammo a presentare la liste e fummo i primi in assoluto. Da quel momento, e lo dico sorridendo, cambiarono la legge e il posto sulla scheda fu sorteggiato.
•    Come si viveva la vigilia?
Be’, io mi relazionavo con Donato Lamorte, che è molto tecnico, allo scopo di non commettere errori e tutelare le liste. Riuscivamo pure a lasciare lontano dai fogli chiunque, anche il più autorevole personaggio del partito, perché nelle liste ci sono annidi aspettative e di sacrifici… Era un grande onore custodire quel passaggio fondamentale, spesso la notte prima non si dormiva per paura che uno sbaglio compromettesse il traguardo. Non esistevano i telefonini ma c’erano le staffette per
comunicare le cose utili da fare. In poche parole, non si rimaneva mai isolati nel seggio, cosa che credo invece sia accaduta a Roma.
•     È necessario, quindi, puntare soprattutto sugli uomini giusti…
Chi presenta le liste dev’essere una persona autorevole, capace di prendere decisioni e rispondere picche a chi, a qualunque livello, si sia messo in testa dl cambiare le carte in tavola. In secondo luogo la lista, per un partito, è come un tesoro da custodire e io, che per tanti anni sono stato ai vertici del Msi, ricordo che la stesura finale della lista spesso veniva effettuata fuori dai luoghi di attività politica.
•    Per quale motivo?
Proprio per evitare che le notizie diventassero di dominio pubblico con conseguenti pressioni sulla stessa lista. Il rapporto era diretto tra la persona titolata alla presentazione e il vertice del partito. Nessuno poteva interferire perché trovava i telefoni “occupati”. D’altronde non c’era nessuno che fosse disponibile a compromettere il “bene comune” per questioni personali.
•    Che cosa manca oggi?
11 senso di responsabilità proprio nei confronti del ‘bene comune”. Anche quando nel nostro vecchio mondo c’erano le correnti, al momento della presentazione della lista si privilegiava l’interesse superiore del partito. Figuriamoci, sapevamo pure che gli amici erano stati messi fuori… Oggi, in tutte le forze politiche, ci sono troppe persone sempliciotte, magari pure arroganti, che non hanno un attaccamento alla comunità e che rispendono al padroncino di turno. (da “SECOLO D’ITALIA” -EDIZIONE DEL 2 FEBBRAIO 2010)

 
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