GIORNI STRANI

Sabrina e quel pacchetto di liquirizia purissima (5).


 
       Il treno regionale sembra rallentare e approssimarsi al capolinea, ma quel modo sornione di Emanuele di tirar fuori il quotidiano dalla borsa significa che c’è ancora un po’ di tempo. E presumibilmente ne approfitterò, come il malato terminale che si fuma l’ultima sigaretta.   Quella dannata bottiglia sul portapacchi continuo a osservarla, cerco di spostarla con la forza del pensiero, ma non c’è nulla da fare: non ha la minima intenzione di ruzzolare sul pavimento, fra i miei piedi e quelli del cavaliere.   A un certo punto, con quel sorriso appena abbozzato, mi porge il pacchetto di liquirizia purissima.     Una mia esitazione ed ecco il pacchetto stramazzare al suolo. Ci sono innumerevoli gesti banali, a cui non diamo mai una certa rilevanza, e che, a nostra insaputa, potrebbero e possono rovesciare una vita umana. Prima o poi, in modo casuale, l’ordinario compie il suo coup de theatre… e quando è ora non guarda in faccia a nessuno.    Nell’universo esiste solo quel pacchetto, adesso.    Mi accuccio e nel momento in cui lo afferro, sul dorso della mia mano sento un corpo estraneo. Caldo, dominante, ruvido: è la mano del mio compagno di viaggio.   Solo un forte bagliore, e nient’altro. Solo quella fragranza dell’Hypnose di Lancolme, mai diversa come ora. Solo una voglia pazzesca di coricare la mia vita su un giaciglio asettico; e con essa, tutte le frenesie e le abitudini e le facili soddisfazioni di tanti, troppi anni. Anni zeppi di appuntamenti e giornate programmate al minuto. Giornate semplicemente perfette.   Ho la bambagia nelle orecchie.      <<Scusami che imbranata…>>   <<Lascia a me.>>   <<Che cretina… è rimasta solo una liquirizia…>> sputo con un filo di fiato, neanche avessi fatto una maratona.   <<Una ma buona>>, esce da quelle labbra lievemente polpose.       Ci ritroviamo in piedi, sospinti da una forza invisibile. Sono alta quasi come lui, e ne vado fiera.   <<Chiudi gli occhi>>, mormora Emanuele.   <<Ma dai… mica siamo ragazzini.>>   <<Ti fidi di un biologo?>>     Lo assecondo e sento un qualcosa sull’uscio delle mie labbra: è l’ultima liquirizia rimasta. Mi suggerisce, senza proferire parola, di ripassargliela nella sua cavità.   E’ un tutt’uno, le percussioni sulle rotaie e i battiti dall’interno. Stiamo accelerando?   Ormai siamo l’uno dentro l’altro. Quest’uomo bacia come tracciasse una sinusoide… inizia con timidezza e prudenza, quindi affonda la lingua gradualmente e inizia a ruotarla a spirale, suggerendomi di seguirlo, sino a osare sempre di più, toccando il culmine dell’onda positiva; per poi diminuire l’invasività del gesto, sino a ritornare al punto d’origine.    Ci separiamo per annegarci quanto basta negli occhi dell’altro - scuri i suoi -, per capire qualcosa, per trovare una parvenza di spiegazione, ma c’è poco da capire. Pertanto decido di ripartire alla carica io.   Gli mordicchio il labbro inferiore, e proseguo con avidità divorando quella bocca, sfruttando con mestiere i miei bellissimi denti, quasi fossi un'adolescente. Le mie labbra più grosse si sono impossessate dello scettro di comando,   Sono in trance, come non capitava da anni.   Quindi ci rincolliamo fra il tepore dello scompartimento. Dopodiché lui cade all’indietro sulla poltroncina usurata. Forse l’ho spinto. O forse ha perso l’equilibrio. Mi agguanta i polsi e mi fa montare seduta sopra di lui. Non ho paura delle conseguenze.------------------------------------------------------------------------------------------------------Parte4: http://blog.libero.it/GIORNISTRANI/11314732.html