GattoNeronews
incontrarsi per una cena particolare, una cena al buio, dove si scoprono gusti e sapori senza farsi influenzare dalla vista
PRESENTAZIONE
Gatto che si muove con totale sicurezza anche nel buio, gatto che vede al buio.
Riduciamo le distanze. Al buio si può "vedere". Si vede con il sapore del gusto, con l'attenzione dell'udito, con la percezione del tatto, col profumo dell'olfatto.
Questo il progetto della Cena al Buio, un'esperienza-viaggio all'interno di un'oscurità dove si abbattono le barriere, un percorso al buio per esaltare sensi ed emozioni, una sfida per chiunque voglia provarci.
Ci si incontra in una saletta-aperitivo poco illuminata dove si ricevono le spiegazioni inerenti lo svolgimento della serata. Cellulari spenti, orologi fosforescenti disattivati, accendini ed altre fonti di luce dimenticati. Si viene poi accompagnati, a gruppi, da camerieri non vedenti, nella sala totalmente priva di luce e qui ha inizio la coinvolgente esperienza.
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Lettera di una partecipante alla cena al buio
da il Giornale di Vicenza
Lunedì 20 Giugno 2011 LETTERE, pagina 47
«La cena al buio
mi ha fatto
capire
i problemi
dei non
vedenti
Ci siamo mai chiesti cosa vuol dire provare a mangiare qualcosa senza l'ausilio della vista ma utilizzando tutti gli altri sensi? Magari in un ambiente completamente privo di luce.
Ecco cos'è una cena al buio, un'esperienza che fa mettere da parte una volta tanto il senso della vista a favore degli altri, giocare con le cose, distinguere oggetti comuni e godere di sapori e profumi senza lasciarsi influenzare dagli stimoli visivi.
La serata si è svolta a Vicenza alla Trattoria Veneta Al Cervo, una delle tante cene, l'ottava per la precisione, organizzata dall'Unione Italiana Ciechi - sezione di Vicenza, che con il supporto di Slow Food ha permesso di “risvegliare” i sensi del gusto, dell'olfatto, del tatto, dell'udito. In una sala completamente buia siamo stati condotti, in piccoli gruppi in fila indiana e tenuti per mano, al tavolo da Maurizio e Adriano, non-vedenti, e la prima difficoltà è determinare le dimensioni e gli spazi dell'ambiente: quanto grande è? In quanti siamo a tavola? Poi comincio a prendere confidenza, e una volta rassicurati al proprio posto provo a parlare col proprio vicino senza i condizionamenti dell'immagine e dell'apparenza cercando anche di capire cosa c'è a tavola (che posate, quanti bicchieri?).
Esplorare il tavolo in cerca del cestino del pane o la bottiglia diventa un'impresa: attenzione... è la bottiglia dell'acqua o del vino? E ora che l'ho trovata come e quanto ne verso? Ecco, ho rovesciato il bicchiere: per fortuna era acqua... e questo è solo l'inizio.
Arrivano i piatti e prima di tutto cerco di capire cos'è, annusando per carpirne gli odori e uso le mani per saggiare la consistenza e la temperatura; ma non è facile definire la quantità. Molto spesso mi capiterà di portare la forchetta in bocca e non addentare niente perché non non ho raccolto la pietanza: ahimè succede.
Molto difficile è mantenere un'atmosfera di rispettoso silenzio, ma inevitabilmente il tono tende via via ad alzarsi, convinti che i nostri vicini non ci possano sentire. E il tempo scorre tanto che a fine serata gli assistenti non-vedenti ci chiedono per scherzo l'ora: è la riffa dei numeri ma pochi ci azzeccano e rimaniamo sbalorditi quando ci dicono che sono trascorse quasi tre ore... È il dilatarsi del tempo a cui non eravamo assolutamente preparati ci fa azzittire perplessi.
Poi pian piano il “risveglio” della vista attraverso alcune candele che cominciano ad illuminare l'ambiente: ora “vedi” le persone che ti stanno accanto, leggi le etichette delle bottiglie e ti rendi conto dell'ambiente circostante: per noi si è riaperto il sipario sulla nostra quotidianità con la sua luminosità e i suoi colori. Ma per Maurizio e Adriano, non-vedenti che ci hanno accompagnato in questa serata, il sipario sulla luce rimane inesorabilmente chiuso.
Giulia
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Non posso dirvi ''guardate il video''
è una cena al buio, quindi vi dico
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