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Gianluca Sinopoli

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Scrivere emozioni ( estratto da ' I racconti della resistenza' )

Post n°460 pubblicato il 19 Maggio 2014 da Gia_79

 

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Un tempo, quando si scriveva, esisteva una cosa che veniva chiamata, paradossalmente, 'brutta copia'. Dico paradossalmente perché di brutto non aveva niente, considerando ch'era quello il posto in cui si cominciavano e si finivano, o no, i capolavori della letteratura. Era quello, lo spazio, entro il quale si compiva, genuino, il rito della creatività letteraria.
Oggi, quando si scrive, lo si fa con gli apparecchi digitali, e lo spazio della 'brutta copia' non viene più attraversato. Paradossalmente, esiste solo la bella copia. E dico paradossalmente perché di bello, rispetto a quella bellezza genuina che, un tempo, iniziava e finiva nella 'brutta copia', in queste belle copie, c'è ben poco.
D'altro canto, è leggittimo anche pensarla diversamente; così, magari: ' Cosa volete che le importi, a un'emozione, se la digitate s'uno smartphone o se la scrivete s'un foglio. Tutto ciò che le interessa è solo il suo espletarsi, saltando fuori, da voi. Perché vuole disperdersi, così, lasciandovi in quel brivido d'averla provata'. Pensiero inattaccabile, difficile da smontare; tuttavia, si tratta di una verità. Ed io, poi, non ho nessuna voglia di mettermi a fare il nostalgico, anche perché la nostalgia, tra le mie corde, occupa un posto molto piccolo.
Però mi sembra troppo facile, questa storia, vista così. Perché, forse, un'emozione gradirebbe più collaborazione e meno grossolanità; anche se in questa grossolanità, aleggia, da qualche parte, un'ombra visibile di verità. Ma forse è il caso di supporre che le emozioni, sopra a un foglio, ci vogliono finire, così, ricalcate da quell'andatura ormai impigrita della calligrafia. Perché sono quelli, i caratteri imperfetti attraverso i quali un'emozione vuole andare, lentamente, a morire di dolcezza, quelli vostri. In fondo, le emozioni, sono personali; e di personale, nei caratteri preimpostati degli apparecchi elettronici, non c'è niente, se non la fantasia di chi li ha immaginati.
Alla fine, il punto cruciale in cui mi piacerebbe condurvi con questa storia, è un momento. Che non è tanto quello in cui un lettore compra un libro, o apre un blog, e legge; quanto quell'altro, forse di un grammo più importante per il risultato qualitativo finale, in cui uno scrittore si decide a scrivere. Vorrei, senza pretese, che rammentaste l'importanza di lasciare alla creatività della scrittura il suo percorso naturale; lasciando le emozioni legate, o collegate, allo scrittore fino all'ultimo momento, quello dell'abbandono, quello del passaggio dall'anima di chi scrive all'anima di chi legge; fino a quel momento, fragilissimo, di completare sopra a un foglio, con la penna tra le mani, il cerchio di una o, o il mezzo cerchio di una u. Perchè, forse, è leggittimo anche credere che un'emozione possa sentirsi trascurata senza la completezza del suo processo di espulsione, e che possa decidere di saltare fuori incompleta, di conseguenza.
Del resto, una volta Bukowsky scrisse, probabilmente s'un foglio, che: 'l'unico atto poetico necessario è la scrittura della poesia, e tutto quello che viene dopo è propaganda'.
Parola chiave: scrittura; non battitura.

 

 

 

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