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IL PRESTIGIO DEI GIUDICI

Post n°218 pubblicato il 29 Dicembre 2008 da giannipardo
 

IL PRESTIGIO DEI GIUDICI
Tutti avranno notato che nei filmati americani il giudice fruisce di un grandissimo prestigio. Nessuno mai si azzarda a contestarlo o a discutere le sue decisioni. Da che cosa dipende, questo? Non certo dal fatto che egli sia competente di diritto: fino a prova contraria, anche in Italia qualunque magistrato lo è. Il prestigio del giudice anglosassone nasce dal modo di reclutamento.
Salvo errori, in Inghilterra e negli Stati Uniti diviene giudice penale chi ha già fatto una lunga carriera nel mondo del diritto. È un legale che ha acquisito un tale credito da essere nominato prima avvocato dell’accusa e poi giudice. Ed è questa la spiegazione dell’arcano: in Italia prima si è nominati giudici e poi si può cercare di acquistare prestigio, in Inghilterra prima si acquista prestigio e poi si può sperare di divenire giudici. Da noi il prestigio del giudice è eventuale, da loro il prestigio è assicurato, perché è esso stesso la ragione della nomina.
In Italia, dove opera un oceano di avvocati, questo sistema offrirebbe innanzi tutto il vantaggio di disporre al bisogno di un numero illimitato di giudici (accelerando così l’iter della giustizia) e soprattutto eliminerebbe il rischio gravissimo di attribuire un’autorità eccessiva ad un giovanotto di ventiquattro o venticinque anni, solo perché ha superato un concorso. Oggi il sistema dà un enorme potere senza contraddittorio a chi non ha ricevuto un sufficiente numero di legnate educative, nella vita: e questo può indurre ad un complesso di onnipotenza o addirittura a forme di squilibrio. Chiunque abbia frequentato un Palazzo di Giustizia sa quanto frequente sia l’incredibile arroganza di certi magistrati. Come diceva lord Acton, il potere tende a corrompere e il potere assoluto corrompe assolutamente. Ogni singolo giudice, soggettivamente, si sente la Cassazione.
L’avvocato invece ha il vantaggio che, in venti o trent’anni di professione, gli capita di vedersi dare ragione mentre ha torto e molto più spesso di vedersi dare torto mentre pensa di avere ragione. Impara dunque sulla sua pelle che la sua opinione non è la legge del mondo. Vede anche quali sono i difetti dei magistrati e tutto questo lo educa ed in una certa misura lo vaccina. Se invece fosse stato giudice sin da principio, nessuno si sarebbe mai permesso di dirglieli sul muso, i suoi errori. Avrebbe emesso con tracotante sicurezza sentenze che in appello o in Cassazione sarebbero state riformate - magari con qualche acida nota sulle sue motivazioni - mentre lui avrebbe potuto serenamente dimenticarle: è ciò che normalmente avviene. Gli avvocati invece seguono qualche caso addirittura nei tre gradi di giudizio e imparano, ancora una volta per esperienza, che gli stessi giudici si contraddicono: dunque è meglio non essere troppo sicuri delle proprie opinioni e val la pena di prendere in considerazione quelle altrui.
A proposito di opinioni: non esiste nemmeno una probabilità su cento che qualcuno prenda in considerazione questa.
Gianni Pardo, giannipardo@libero.it Chi vuol essere sicuro che il suo commento mi giunga, oltre ad inserirlo nel blog, me lo spedisca al superiore indirizzo e-mail. Poiché su questo blog non ricevo un numero sufficiente di commenti, e forse non ho molti lettori, conto di chiuderlo a fine gennaio. Chi fosse ancora interessato ai miei scritti, apra da oggi www.pardo.ilcannocchiale.it
8 dicembre 2008

 
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