OCCHI AL CIELO

Giano, il dio bifronte, come me. Contraddizione e complementarietà. Il racconto della mia strada, quella che sto costruendo verso i miei sogni. E di me.

 

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Post N° 95

Post n°95 pubblicato il 12 Gennaio 2006 da GianoReloaded

La scienza delle costruzioni oggi mi ha illuminato sull’amore. Quello che è uno degli esami più bastardi che ci sia mi ha ispirato e fatto sorridere. Capirete…

La mia storia la sapete oramai. Mi sono rimesso in piedi dopo un abbandono, e ho ritrovato (o forse solo scoperto) quello che ero, quello che potevo essere e quello che volevo essere. Qualche successo dopo un momento molto down mi aveva fatto assaggiare pian piano la soddisfazione e piccole vincite. E così mi trovavo in me una delle qualità che di più so che si possono trovare in me. L’ambizione. Fu in quei mesi che nacque la voglia di città, di loft e vespino. Dietro cui c’è la voglia di dimostrare che posso fare bene, trovare un lavoro in cui destreggiarmi, senza paura di ritrovarmi fra gli squali. Anzi, la voglia di misurarsi con queste cose. In fondo avevo sempre messo da parte tutte queste cose. Come l’ottimismo, il sorriso e il voler cercare il lato buono in tutto, perché da lì si parte. Sempre. Ero disposto a lasciare tutto per lei, vivere ed accontentarmi in una città del nord-est per sempre. Per lei. E’ stata una situazione sbagliata, ma che ho voluto e da cui ho imparato. Ho imparato che non si condivide tutto, che bisogna coltivarsi, come ho scritto spesso. Già, perché è finita nel momento in cui ci siamo svuotati a vicenda e non avevamo più niente da condividere.

Così, con i miei sogni e la mia ambizione, sono andato spedito come un treno. In alcuni periodi non c’era nulla più importante degli esami, e se non erano gli esami era il lavoro. Sempre a dimostrare qualcosa, al professore quel che dovevo sapere, oppure a mio padre che riuscivo a spuntare affari più alti di quanto scommetteva lui. Alla fine sono state tantissime altre soddisfazioni. La più grande penso sia stata quando ho sentito mio padre dire al socio che nemmeno lui farebbe mai affari con me.. certo, a me non me lo direbbe mai, ma carpire questo dialogo fu gioia immensa. Poi gli esami superati, tante cose. Ho sempre avuto un sacco di insicurezze su di me, bhè, negli ultimi due anni gran parte sono riuscito a frantumarle, anche se qualcuna permane. Ancora oggi però ricordo una battuta. In argomento un’amica mi chiese “Ma tu, Ale, quando ti sposi?”, non ho fatto in tempo a respirare che un mio amico rispose ”dopo che ha conquistato il mondo”. Insomma, mi sono accorto che mi vedevano come una macchina, cinica e determinata. E il posto per l’amore, in quel momento, non c’era, perché a rinunciare a me, alle mie cose, non esisteva. Da un estremo all’altro insomma.

In fondo un traguardo importante l’ho raggiunto. Conquistare consapevolezza ed equilibrio di me. Avere le mie cose, ed essere una persona con i propri obiettivi, sogni e ambiziose. E su quelle continuare. Però lo spazio c’è ora. C’è voglia di condividere, di porgere quello che posso dare e avere una persona che mi sappia trasmettere sensazioni stimolanti. Ieri l’ho scritto in un commento da Roxeen. Probabilmente da soli possiamo essere in equilibrio, stare bene a volte felici. Ecco, la mia idea di amore è quel passo in più, oltre la felicità, l’amore per qualcuno appunto. Quello per cui si rinuncia anche a qualcosa di proprio, volentieri.

La scienza delle costruzioni mi ha ispirato. Immaginate due persone come colonne. Se insieme salissimo su una trave, il primo che traballa fa cadere l’altro. Come salire su uno sgabello per arrivare più in alto. Instabile e pericoloso. Se invece quella trave ce la mettiamo sopra le due colonne, che succede? Creiamo una struttura solida interdipendente. La trave schiaccia e tiene in piedi le colonne, e su quella ci si può perfino costruire ed è in grado di sopportare carichi e sollecitazioni. Io vedo quella trave come l’amore. Perché l’amore secondo me non è la base su cui costruire la propria felicità. Ma il luogo ove mettere la propria. E insieme ne farà una più grande. Insomma, non è un pavimento sopra cui cercare di stare in piedi. Ma un tetto che ci tiene insieme e ci permette di metterci dentro le nostre cose.

Una buona rappresentazione di quel che è per me l’amore. E l’ho trovata in un libro di ingegneria. E pensare che manco lo volevo fare quell’esame.

 
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