OCCHI AL CIELO

Post N° 357

Era da un po’ di tempo che i miei ormoni erano sopiti. Cause di tutto ciò credo siano state la riduzione della mia vita mondana (ma migliorata in qualità) e l’inverno, che ha coperto le grazie delle fanciulle per strada. Ultimamente mi ero entusiasmato all’idea di dover far colloqui per scegliere una segretaria, ma il tenore medio delle candidate mi aveva spinto alla rassegnazione di vedere una bella fanciulla in ufficio. Sprazzi di bellezza sono arrivati quando ho deciso di visionare una ragazza che alla voce esperienze professionali aveva una sfilza di lavori come standista nelle fiere e qualche apparizione in una tv locale. Entusiasmi spenti alla frase “io cercherei un full-time, anche se il pomeriggio sono impegnata con l’uni!” (il senso ancora mi è sconosciuto!). Martedì l’ultima candidata, e dulcis in fundo è stato. Nel momento stesso in cui ho aperto la porta ho sentito le farfalle nel cervello… difatti, giuro, non ho capito più nulla. Mi incrocio subito con questi occhi grandi e marroni, con solo un filo di trucco. Mi allunga la mano per dirmi “piacere …” e già ero distratto. A parlare erano un paio di labbra perfette, incorniciate in viso rotondo di una bella carnagione scura su cui risaltavano le due perle alle orecchie. Non bastesse tutto ciò, una bella frangia ampia e i capelli raccolti in alto a scoprire una delle linee di mandibola più belle e dolci che abbia mai visto. A quel punto la partita era già chiusa. Le faccio lasciare il cappottino marrone e la sciarpetta bianca all’ingresso, e la faccio accomodare in ufficio. Ad aggravare la situazione ci si mettono i premianti jeans con rotondità degne di giotto, la linea ben esaltata da uno stivale marrone glamour con un po’ di tacco ma soprattutto la maglietta con vista sul decolté sotto la giacca.

Solito cliché… le dico di “parlarmi di te”, e mentre fluivano le parole ero impegnato in un volo pindarico che ci vedeva sulla prua di un translatantico, mentre saltellavamo mano nella mano in un campo di margherite, mentre modellavamo un vaso di terracotta abbracciati l’un l’altra, mentre in bianco e nero viaggiamo per Roma su una vespa, vestiti con un trench mentre ci salutiamo all’aereoporto in una sera cupa e mentre mi aspetta coperta di soli petali di rosa su un letto a 5 piazze con lenzuola di raso nero e candele sparse con due flut di champagne in mano. Giusto in quel momento esaurisce gli argomenti e mi tocca parlarle dell’azienda, dei progetti eccetera… alla fine, scorrendo il curriculum le faccio qualche domanda. Il fatto che più volte mi dicesse “come ti ho già detto prima” mi ha fatto capire che forse, mentre parlava all’inizio, era meglio ascoltarla anziché starsene col prosciutto nelle orecchie a immaginare! In questa parte molto colloquiale devo pure aver detto frasi del tipo “Si.. piace anche a me il suono del flauto traverso”, “eh, anch’io amo follemente il Natale” e “già, romantico come Schubert ce ne son pochi, manco Bach!”. Sta di fatto che il colloquio è finito prima che potessi chiederle se voleva sposarmi.

E per buona mezza giornata si è guadagnata pure la prima posizione ex-equo nella classifica dei miei amori platonici (insieme a Rose Pipettes). Riportando il colloquio al capo ho proposto di mettere a budget investimenti per un “assuefatore ottico aziendale”.. ma probabilmente alla fine ci toccherà prendere la tipa che assomiglia a Gegia, che però sa cosa sia una fattura e soprattutto sa usare power point… Però ho riscoperto il caro buon vecchio vizio di infatuarmi ad ogni orecchino di perla, microsedere o frangetta che mi passa sotto il naso!