Quando nacque Celia Peren (il 30 aprile 1882), la Grande Bonificazione Ferrarese era stata dichiarata conclusa da appena due anni. Dieci anni dopo la grande ed ultima rotta del Po a Guarda Ferrarese, il territorio era stato redento e i terreni, rimasti vallivi per oltre due secoli (dopo il fallimento della bonificazione estense a causa del taglio di Porto Viro) ridati completamente all’agricoltura. I problemi sociali esplosero. A Serravalle e nei paesi vicini grande fu l’incremento della popolazione, che tuttavia si ritrovò in condizioni di sfruttamento, di miseria, di analfabetismo, di mancanza di servizi adeguati, con vie di comunicazione impraticabili per gran parte dell’anno. Erano nate le Leghe operaie e il marxismo aveva facile presa su una popolazione schiacciata dal latifondismo. La promiscuità dilagante era uno dei tanti segnali del malessere delle popolazioni della Bassa. L’atto di battesimo di Celia (Atto n. 28 dell’1.5.1882 - Archivio Abbaziale Parrocchiale di Serravalle - Ferrara) ci dice che alla nascita ella non venne riconosciuta né dal padre né dalla madre. Il nome stesso sembra attestare, se guardiamo all’etimologia, che la bambina poteva considerarsi uno scherzo, una burla. Una leggerezza peccaminosa e illecita consumata fra un uomo, forse già coniugato, e una donna anch’essa sposata, o ancora fra un celibe e una donna sposata: casi non infrequenti in quell’epoca. Non abbiamo indagato in proposito, perché l’atto canonico è di per sé eloquente. L’ufficiale dello stato civile le affibbiò un cognome inventato, Peren, che la accompagnerà negli atti civili fino alla morte. La madre, tuttavia, sembra che l’avesse riconosciuta, solo religiosamente, attraverso una correzione che appare nell’atto di battesimo per mano del sacerdote, don Pio Minghetti, che il 21 ottobre 1901 benedisse le nozze di Celia (identificata nell’atto di matrimonio col cognome della madre, atto n.7 a pag. 126 del Registro dei Matrimoni dal 1869 al 1908) con Teseo Biolcati. Nonostante le origini, ebbe con ogni probabilità una sua riconosciuta dignità allorché entrò nell’ambiente della grande famiglia patriarcale dei Biolcati. Non ebbe figli, ma si donò totalmente alla parrocchia che grazie all’intraprendenza di don Giuseppe Minguzzi stava realizzando la benefica istituzione di un Asilo Infantile, costruito nel 1912 ed inaugurato il 22 giugno dell’anno successivo, con la presenza delle Piccole Suore della S. Famiglia di Castelletto di Brenzone (Vr). La famiglia di Celia fu, dunque, quella parrocchiale e dell’Asilo in particolare. Donna di elette virtù, sempre assidua alle funzioni religiose, esempio vivente del Vangelo, come amava definirla l’abate-parroco don Giuseppe Fabbri (e come leggiamo sul giornale parrocchiale della S. Pasqua 1956 e in "Dal Campanile", anno II, n.3 del marzo 1975), la Biolcati visse in povertà e mai esitò a dare del suo, magari privandosene, a chi ne avesse bisogno. Aveva una Fede incrollabile e una devozione smisurata alla Madonna, la cui statua, acquistata con i sudatissimi risparmi di una vita, volle accanto a sé fino alla morte, avvenuta per paralisi cardiaca il giorno 1 dicembre 1955 (come recita l’atto di morte n. 28. P.I.S.A. - Uff. 3°- Comune di Berra) e non il 30 novembre (come appare sulla lapide funeraria) in una angusta camera sita in Piazza Ticchioni. Ella, munita di tutti i sacramenti e visitata da innumerevoli parrocchiani, dispose che, alla sua dipartita, la Madonna, che era tutta la sua ricchezza, fosse collocata nell'Asilo per dare un esempio alle giovanissime generazioni. Così avvenne, e dal momento della chiusura della Scuola Materna, la statua è conservata nella sagrestia parrocchiale. “La Celia” - come era chiamata da tutti - morì dopo un mese interamente dedicato dalla parrocchia alla recita serale del Santo Rosario, quasi l’anticipo di un partecipato suffragio di tutta la Comunità per una donna esemplare, che tanto si era prodigata per la “Peregrinatio Mariae” nelle famiglie iniziata l’8 dicembre del 1953. E dopo la S. Missione Mariana (dall’11 al 18 dicembre 1955), ecco la benedizione del tempietto della Madonna Pellegrina al Ponte Pietropoli come degna conclusione dell’Anno Mariano. Il più grande desiderio che l’aveva sorretta nella sofferenza, venne esaudito dalla Madonna, e proprio in quell’anno dedicato a Maria Santissima, Celia Peren andò ad incontrarla definitivamente in Cielo.
BIOGRAFIA DI CELIA PEREN IN BIOLCATI
Quando nacque Celia Peren (il 30 aprile 1882), la Grande Bonificazione Ferrarese era stata dichiarata conclusa da appena due anni. Dieci anni dopo la grande ed ultima rotta del Po a Guarda Ferrarese, il territorio era stato redento e i terreni, rimasti vallivi per oltre due secoli (dopo il fallimento della bonificazione estense a causa del taglio di Porto Viro) ridati completamente all’agricoltura. I problemi sociali esplosero. A Serravalle e nei paesi vicini grande fu l’incremento della popolazione, che tuttavia si ritrovò in condizioni di sfruttamento, di miseria, di analfabetismo, di mancanza di servizi adeguati, con vie di comunicazione impraticabili per gran parte dell’anno. Erano nate le Leghe operaie e il marxismo aveva facile presa su una popolazione schiacciata dal latifondismo. La promiscuità dilagante era uno dei tanti segnali del malessere delle popolazioni della Bassa. L’atto di battesimo di Celia (Atto n. 28 dell’1.5.1882 - Archivio Abbaziale Parrocchiale di Serravalle - Ferrara) ci dice che alla nascita ella non venne riconosciuta né dal padre né dalla madre. Il nome stesso sembra attestare, se guardiamo all’etimologia, che la bambina poteva considerarsi uno scherzo, una burla. Una leggerezza peccaminosa e illecita consumata fra un uomo, forse già coniugato, e una donna anch’essa sposata, o ancora fra un celibe e una donna sposata: casi non infrequenti in quell’epoca. Non abbiamo indagato in proposito, perché l’atto canonico è di per sé eloquente. L’ufficiale dello stato civile le affibbiò un cognome inventato, Peren, che la accompagnerà negli atti civili fino alla morte. La madre, tuttavia, sembra che l’avesse riconosciuta, solo religiosamente, attraverso una correzione che appare nell’atto di battesimo per mano del sacerdote, don Pio Minghetti, che il 21 ottobre 1901 benedisse le nozze di Celia (identificata nell’atto di matrimonio col cognome della madre, atto n.7 a pag. 126 del Registro dei Matrimoni dal 1869 al 1908) con Teseo Biolcati. Nonostante le origini, ebbe con ogni probabilità una sua riconosciuta dignità allorché entrò nell’ambiente della grande famiglia patriarcale dei Biolcati. Non ebbe figli, ma si donò totalmente alla parrocchia che grazie all’intraprendenza di don Giuseppe Minguzzi stava realizzando la benefica istituzione di un Asilo Infantile, costruito nel 1912 ed inaugurato il 22 giugno dell’anno successivo, con la presenza delle Piccole Suore della S. Famiglia di Castelletto di Brenzone (Vr). La famiglia di Celia fu, dunque, quella parrocchiale e dell’Asilo in particolare. Donna di elette virtù, sempre assidua alle funzioni religiose, esempio vivente del Vangelo, come amava definirla l’abate-parroco don Giuseppe Fabbri (e come leggiamo sul giornale parrocchiale della S. Pasqua 1956 e in "Dal Campanile", anno II, n.3 del marzo 1975), la Biolcati visse in povertà e mai esitò a dare del suo, magari privandosene, a chi ne avesse bisogno. Aveva una Fede incrollabile e una devozione smisurata alla Madonna, la cui statua, acquistata con i sudatissimi risparmi di una vita, volle accanto a sé fino alla morte, avvenuta per paralisi cardiaca il giorno 1 dicembre 1955 (come recita l’atto di morte n. 28. P.I.S.A. - Uff. 3°- Comune di Berra) e non il 30 novembre (come appare sulla lapide funeraria) in una angusta camera sita in Piazza Ticchioni. Ella, munita di tutti i sacramenti e visitata da innumerevoli parrocchiani, dispose che, alla sua dipartita, la Madonna, che era tutta la sua ricchezza, fosse collocata nell'Asilo per dare un esempio alle giovanissime generazioni. Così avvenne, e dal momento della chiusura della Scuola Materna, la statua è conservata nella sagrestia parrocchiale. “La Celia” - come era chiamata da tutti - morì dopo un mese interamente dedicato dalla parrocchia alla recita serale del Santo Rosario, quasi l’anticipo di un partecipato suffragio di tutta la Comunità per una donna esemplare, che tanto si era prodigata per la “Peregrinatio Mariae” nelle famiglie iniziata l’8 dicembre del 1953. E dopo la S. Missione Mariana (dall’11 al 18 dicembre 1955), ecco la benedizione del tempietto della Madonna Pellegrina al Ponte Pietropoli come degna conclusione dell’Anno Mariano. Il più grande desiderio che l’aveva sorretta nella sofferenza, venne esaudito dalla Madonna, e proprio in quell’anno dedicato a Maria Santissima, Celia Peren andò ad incontrarla definitivamente in Cielo.