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Il diritto di vita e di morte 1

Post n°41 pubblicato il 09 Agosto 2007 da Giubizza
 

Ritornando alle mie meditazioni in tema di aborto, continuo a rimanere davvero perplesso pensando alla sveltezza con cui i sostenitori di tale pratica hanno liquidato la questione della natura non umana dell’embrione umano senza alcuna argomentazione scientificamente valida.
Ciò che a prima vista mi viene da notare è il solito stile che caratterizza ogni azione, provvedimento, propaganda o altro che si propone di dare alle donne nuovi diritti, nuovi privilegi, nuove prerogative e nuovi poteri, nonché nuove libertà e nuove difese. Nessuna importanza assume il fatto che tali diritti, privilegi e altro trovino corrispettivi contrappesi in doveri e responsabilità, né che siano garantiti in qualche maniera anche agli uomini, né che siano sostenuti da argomentazioni valide e approfondite, da documentazioni ben ferrate o altro ancora. Né tantomeno che urtino diritti e libertà altrui. No, basta fare delle affermazioni, basta gridare che l’assenza di tali azioni e provvedimenti costituisce in qualche modo una forma di sottomissione e oppressione del sesso femminile, una schiavizzazione delle donne. Questo basta perché semplici affermazioni assurgano al rango di “prove scientifiche”.
Eppure la questione dell’aborto legale rientra a mio umile parere in due principi fondamentali. Quello della coerenza nei rispetti della natura umana e quello della prudenza nella salvaguardia della salute umana.

Umano e non umano
Il primo principio riguarda la definizione di cosa è umano e cosa non lo è. Datosi che nei sistemi giuridici occidentali la salvaguardia giuridica della vita umana è pressoché il criterio basilare e che tutto ciò che è umano va tutelato dalla legge e considerato soggetto di diritto e quindi titolare di diritti e oggetto di protezione legislativa, la legge non può permettersi di legalizzare alcuna forma di omicidio. Nessun attentato a una vita considerata umana può essere appoggiato dalla legge. Si è vero che in alcuni paesi vige l’eutanasia legale e la pena di morte, ma questo secondo me è un altro discorso. Una vita umana innocente e capace di assolvere certe funzioni o che si prevede che potrà assolverle, non può essere legalmente soppressa. Ecco quindi che per l’aborto serve una legittimazione ideologica qual è il concetto della non umanità dell’embrione umano.
Ma è col secondo criterio che l’abortismo non riesce a trovare opportune legittimazioni. Il principio della prudenza nella salvaguardia della salute umana vuole che nessuna pratica, nessun provvedimento e nessuna azione possa trovare appoggio legale senza che prima se ne sia dimostrata l’innocuità verso la salute degli esseri umani. Questo è il principio che viene sbandierato dagli oppositori degli OGM, spesso gli stessi abortisti. Eppure se ben guardiamo l’aborto a mio parere non rispetta questo principio. Come ho detto prima non mi pare che le argomentazioni riguardo la non umanità dell’embrione umano possano considerarsi vere e proprie prove scientifiche. Quindi la legalizzazione dell’aborto attenta alla salute di probabili esseri umani, di enti la cui non umanità non è stata affatto dimostrata. Ecco che l’aborto legale non rispetta il principio prudenziale nella salvaguardia della salute umana.

L’essenza genetica umana
Ma qui si pone un problema: cosa è umano e cosa non lo è? Se chiediamo a chiunque da cosa dipenda la natura umana, l’essenza dell’umanità, credo che ben pochi possano definirlo con chiarezza. Qualsiasi criterio arbitrario utilizziamo ha dei punti deboli. Se prendiamo in considerazione la forma umana, l’avere due braccia, due gambe etc, non credo possa costituire un valido “candidato” per costituire la base della natura umana. Così l’intelligenza e la capacità di ragionare che forse consentirebbe a ben pochi di potersi definire umani…
Ma anche l’uso della parola non credo sia un requisito basilare della natura umana, seppure una caratteristica molto importante. In realtà tutto ciò che viene citato rappresenta solo il visibile, ciò che ci consente di identificare un essere umano. Sono caratteri derivati da qualcosa da cui essi in un certo modo si manifestano. Sono la forma non la sostanza della natura umana. E allo stesso tempo sono dei mezzi, degli strumenti, delle strategie adottate dalla nostra specie per tramandarsi e continuare la propria esistenza.
Ma la forma umana, che sia quella fisica che l’insieme di attitudini e predisposizioni psichiche, scaturiscono da un certo assetto genetico. Come si sa da parecchio tempo, il DNA è alla base della vita, è l’essenza della vita. Un certo assetto genetico è la base di una data forma di vita. Quindi l’assetto genetico umano è alla base dell’essere umano. E parrebbe che questo fatto vada ben oltre una mera combinazione di geni, in quanto il numero e i tipi di geni di una specie non differiscono di molto da quelli di un’altra anche molto diversa e distante dalla sua linea evolutiva. Il DNA, il genoma, si tramanda, tende a duplicarsi e espandersi e a incrociarsi. È una spinta allo stesso tempo “tipografica” e “connessionista” quella genetica. Tende a modellare il mondo costruendo se stesso e allo stesso tempo a comunicare continuamente con se stesso.
È ovvio che questa spinta incontri moltissimi ostacoli e che per essere sostenuta abbia bisogno di determinate circostanze, ma parrebbe questa la spinta prioritaria. Non parlo del singolo gene “egoista”, ma dell’assetto genetico globale di una certa forma di vita. C’è però una differenza tra continuità genetica e incrocio genetico. La continuità genetica è data dalla duplicazione del genoma e dalla corrispettiva duplicazione cellulare. In un essere pluricellulare la continuità genetica può essere garantita dalla cosiddetta partenogenesi, cioè il parto per autofecondazione, o dall’autoclonazione. Molti organismi attuano questo tipo di riproduzione, per esempio la patata, ma anche molti insetti. La clonazione dà luogo a individui identici all’organismo madre. Essa non dà luogo incrocio genetico, quindi non dà luogo a una vera e propria specie nel senso di insieme di individui geneticamente compatibili e pertanto incrociabili tra loro geneticamente, come un insieme di forme di vita che comunicano geneticamente. Senza la riproduzione sessuata vi è solo continuità di forme di vita individuali che non confluiscono in un insieme genetico comunicante che è la specie. Ciò che garantisce l’incrocio, l’unione, la costituzione delle forme di vita in vere e proprie specie viventi, è la riproduzione sessuata, è l’incrocio genetico che essa garantisce. Vi sono altri tipi di comunicazione e incroci genetici che non corrispondono però al momento riproduttivo, come in molti organismi primitivi, per esempio, ma la riproduzione sessuata costituisce allo stesso tempo il momento riproduttivo, e quindi la continuità, e l’incrocio genetico della gran parte degli organismi pluricellulari. In molti organismi pluricellulari viene così costituito un secondo sesso, quello maschile, che assolve il compito dell’incrocio e dell’unità genetica.
Nelle specie a riproduzione sessuata come quella umana, la riproduzione prende avvio dalla fecondazione dell’ovulo da parte dello spermatozoo. In questo istante accade qualcosa di fondamentale, non vorrei sembrare esagerato, ma si tratta a mio parere un cambiamento radicale nell’intera storia dell’universo. Si, perché da due cellule che contengono frammenti di DNA di due organismi adulti quali sono i gameti maschili e femminili, si viene a costituire un nuovo patrimonio genetico che prima non esisteva, un nuovo individuo geneticamente completo e irripetibile. Un patrimonio genetico atto a costruire la forma psicofisica di un essere umano completo. Un patrimonio genetico destinato e rimanere più o meno intatto per tutta la vita del nuovo individuo.
Il patrimonio genetico è un ottimo candidato per stabilire l’esistenza di un nuovo essere umano. Eppure non è stato mai preso in debita considerazione. Perché?

L’equilibrio tra il Sole e la Luna
Quando mi sono occupato di storia sociale, storia della filosofia, storia delle religioni e così via, ho trovato che parecchie dottrine religiose, cristianesimo e cattolicesimo in primis, affermano che al momento del concepimento vi sia un ente (dio, spirito, principio vitale o come lo chiamano) che “insuffla” la vita nella prima entità che sorge dalla fecondazione. Ora in passato le idee sul meccanismo della fecondazione erano alquanto confuse, non si conosceva la genetica, la citologia non c’era ancora e non si sapeva certo che l’unità fondamentale della vita è la cellula. E in effetti esseri unicellulari siamo subito dopo la fecondazione, quando le due metà del patrimonio genetico derivanti dai gameti maschile e femminile si fondo formando un nuovo patrimonio genetico.
Ora mi viene da notare la grande valenza simbolica che gli antichi davano a questo fenomeno a loro di certo sconosciuto. Eppure per migliaia di anni e per svariate popolazioni, da quel che mi risulta, la vita umana è sempre iniziata da ben prima che noi nascessimo. Finché eravamo nella pancia di mamma non eravamo visti come agglomerati di cellule che miracolosamente e per magia diventano esseri umani una volta staccato il cordone ombelicale o per altri vari stravaganti fenomeni della natura, tipo onde cerebrali e roba varia.
No, per gli antichi vi era un principio che si insinuava nel nuovo essere, un principio vitale e attivo, una sorta di “fuoco” vitale che si aggiungeva alla materia, all’acqua e alla terra per dare vita a un nuovo essere.
E qui mi sovviene la bipartizione ancestrale che molti popoli tribali, come i celti per esempio, sostenevano come fondamento della realtà cosmica. Un principio attivo, il fuoco e l’aria, lo spirito, il logos, l’azione, il verbo, e un principio passivo, l’acqua e la terra, la materia, il freddo. Un principio quindi denominato “maschile” e un altro denominato “femminile”. No, non chiedetemi perché tutto ciò che è attivo, caldo, focoso sia definito “maschile” e tutto ciò che è passivo, inerme e languido sia definito “femminile”. Non saprei dirlo con precisione. Posso farmi l’idea che datosi che nella gran parte dei mammiferi uomo compreso il maschio penetra per fecondare e la femmine viene penetrata per farsi fecondare tutto nasca da qui, ma sinceramente davvero non ne sono del tutto convinto, la mia è solo un’ipotesi. Diamo quindi per un dato di fatto che per convenzione il maschile è il principio vitale attivo e fattivo e il femminile costituisce invece il supporto vitale passivo e “inerme”.
È ovvio che sotto questa accezione non si vuol dire che i maschi siano del tutto “maschili”, cioè siano costituiti solo dai principi “maschili” e le femmine del tutto “femminili”. In realtà i popoli e le filosofie stessi che hanno elaborato questo tipo di bipartizione asseriscono che gli esseri umani sono costituiti da entrambe le tipologie di principi. Solo che in ogni creatura possono prevalere o quelli di un tipo o quelli di un altro caratterizzando la creatura stessa. Pertanto è ovvio che i maschi sono creature a prevalenza maschile e le femmine a prevalenza femminile.

Personaggi e simboli solari e lunari
Quindi sin dall’antichità vi sono stati popoli e culture che hanno simboleggiato in modi diversi questi duplici principi. All’inizio come forze della natura, sono poi divenuti veri e propri personaggi divini. Vi sono così state epoche in cui prevalevano divinità solari e guerriere succedute da epoche in cui prevalevano divinità lunari. Ovvero divinità o religioni prevalentemente solari o prevalentemente lunari. Globalmente, nell’immaginario simbolico fondato su questa bipartizione del cosmo, i principi solari sono quelli dell’azione, della vita, della guerra. Da soli i principi solari porterebbero la vita a bruciarsi in un immensa calderone di iperattività, di un’aggressione totale, di uno stato di guerreggiamento e violenza dovuti all’ipervitalità di queste spinte solari. Viceversa i principi lunari porterebbero al gelo, alla non vita, alla morte per apatia, al non dare né generare vita. Il miscelamento di queste forze quindi darebbe le giuste spinte all’agire umano.

Cristianesimo e laicismo
Nel cristianesimo troviamo la figura del dio padre, che parrebbe un principio solare in quanto maschile. Già Nietzsche, però, sottolineò come il cristianesimo in fondo non fosse una dottrina poi tanto virile in quanto presenta sotto molti aspetti la prevalenza di caratteri femminei. Nietzsche aveva notato come molti elementi di tale religione siano piuttosto femminei e ben poco solari. Come la concezione del dio dei deboli, ma anche il concetto di fede come abbandono a un altro, un protettore che ti dona qualcosa in cambio della tua fedeltà. Oppure il concetto di “credere” e quindi un certo rifiuto della logica e della giusta forza di affrontare la realtà e ciò che è davvero conoscibile da ciò che è inconoscibile, tappando un po’ i buchi della conoscenza con la fede. Mentre invece l’ateismo e il nichilismo possono essere visti come molto virili in quanto consistono nel rifiuto di quel dono e di quell’alea protettiva e nella volontà di affrontare il mondo e la vita senza le spalle coperte, nell’assumersi in pieno le proprie responsabilità e fare uso delle proprie forze, nella voglia di essere padroni del proprio destino. Magari se non in senso individuale (cosa certo molto più difficile) in senso collettivo. Del resto come altro si spiega che la maggior parte delle persone più ferventi nella fede siano proprio di sesso femminile? La “logica” del “così è stato detto, così è stato ordinato e quindi così deve essere ed è!” e non la logica del continuo indagare, nel continuo domandarsi e chiedersi perché. Per non parlare poi del culto di Maria vergine, principio femminile cristiano per antonomasia.
Ciò vuol dire in effetti che il cristianesimo si presenta una dottrina equilibrata sotto questo punto di vista, in quanto ben miscela solarità con lunarità, maschilità con femminilità. Ma come tutte le dottrine ha subito il destino di essere stata fortemente attaccata e corrosa nei suoi punti deboli dall’avanzare della scienza.
I progressi scientifici, tecnici e culturali che si verificarono a cavallo del 18° e 19° secolo minarono le basi delle religioni tradizionali gettando nuova luce sulla natura del mondo e dell’Uomo oltre che sul modo di pensare della gente. Si diffusero così dottrine e teorie laiche e laiciste (http://it.wikipedia.org/wiki/Laicismo; http://it.wikipedia.org/wiki/Laicit%C3%A0; http://www.transumanisti.it/riccardocampa/laicismo.htm; http://www.homolaicus.com/teoria/laicismo/index.htm) che diffusero o l’idea che gli ideali umani dovessero essere ancorati si a principi di ordine etico e morale, ma non comandati da divinità, bensì facenti capo alla ragione umana e al buon vivere, oppure che ogni individuo dovesse essere lasciato libero da ogni tipo di condizionamento sociale, culturale e ideologico e di fare le sue scelte liberamente in campo morale.

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