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Fiasco o rivelazione? (terza parte)

Post n°43 pubblicato il 18 Agosto 2007 da Giubizza

Attacco la ruolo paterno o conservazione del ruolo materno?
Nel contempo oggi sempre più genitori viziano i figli e li tirano su accontentando ogni loro capriccio, non sanno più dire di no alle loro pretese. Oggi i bambini vanno accontentati a tutti costi. C’è una relativa abbondanza e quindi perché non soddisfare i desideri infantili? Inoltre soddisfare i desideri è alla base di una buona economia consumistica, tira la produzione e quindi gli affari vanno avanti. Un giro virtuoso-vizioso pertanto.
Si nota, come ho già detto, oggi come l’istituzione della famiglia sia sempre più in crisi e questo fa pensare a molti che questo istituto non sia più adatto a formare le nuove generazioni. C’è però il problema che solo quando si presenta qualcosa di nuovo che possa essere all’altezza di sostituire ciò che c’è di vecchio può avvenire un vero rinnovamento, finché non c’è niente di nuovo e il vecchio si degrada, si permane in una lunga fase di stagnazione e di degrado che causa non pochi problemi e sofferenze.
Oggi non c’è niente all’orizzonte di decente che possa sostituire il ruolo della famiglia nella vita dei più giovani e la sua decadenza sta diventando una lunga agonia in cui i ruoli dei genitori diventano sempre meno vantaggiosi e costosi da assolvere.
Nella famiglia nucleare contemporanea il ruolo centrale nella formazione dei bambini è assolto dai genitori, dal padre e dalla madre. Ma i ruoli sia paterno che materno sono in crescente crisi e i lati negativi pare che stiano surclassando i vantaggi che essi comportano.
In una raccolta di suoi pensieri e detti memorabili il poeta Giacomo Leopardi notava che una buona parte di personaggi celebri, di geni e affini sono orfani di padre. Leopardi affermò che la protezione paterna blocca un po' gli uomini nella loro crescita e nello sviluppare della propria personalità datosi che il padre pensa un po' a tutto. L'assenza paterna invece spingerebbe molti uomini a provvedere da sé e quindi anche a crescere.
Il poeta notava:
“Scorri le vite degli uomini illustri, e se guarderai a quelli che sono tali, non per iscrivere, ma per fare, troverai a gran fatica pochissimi veramente grandi, ai quali non sia mancato il padre nella prima età. Lascio stare che, parlando di quelli che vivono di entrata, colui che ha il padre vivo, comunemente è un uomo senza facoltà; e per conseguenza non può nulla nel mondo: tanto più che nel tempo stesso è facoltoso in aspettativa, onde non si dà pensiero di procacciarsi roba coll'opera propria: il che potrebbe essere occasione a grandi fatti; caso non ordinario però, poiché generalmente quelli che hanno fatto cose grandi, sono stati o copiosi o certo abbastanza forniti dei beni della fortuna insino dal principio. Ma lasciando tutto questo, la potestà paterna appresso tutte le nazioni che hanno leggi, porta seco una specie di schiavitù dei figliuoli; che, per essere domestica, è più stringente e più sensibile della civile; e che, comunque possa essere temperata o dalle leggi stesse, o dai costumi pubblici, o dalle qualità particolari delle persone, un effetto dannosissimo non manca mai di produrre: e questo è un sentimento che l'uomo, finché ha il padre vivo, porta perpetuamente nell'animo; confermatogli dall'opinione che visibilmente ed inevitabilmente ha di lui la moltitudine. Dico un sentimento di soggezione e di dipendenza, e di non essere, per dir così, persona intera, ma una parte e un membro solamente, e di appartenere il suo nome ad altrui più che a se. Il qual sentimento, più profondo in coloro che sarebbero più atti alle cose, perché avendo lo spirito più svegliato, sono capaci di sentire, e più oculati ad accorgersi della verità della propria condizione, è quasi impossibile che vada insieme, non dirò col fare, ma sol disegnare checchessia di grande. E passata in tal modo la gioventù, l'uomo che in età di quaranta o di cinquant'anni sente per la prima volta di essere nella potestà propria, è soverchio il dire che non prova stimolo, e che, se ne provasse, non avrebbe più impeto né forze né tempo sufficienti ad azioni grandi. Così anche in questa parte si verifica che nessun bene si può avere al mondo, che non sia accompagnato da mali della stessa misura: poiché l'utilità inestimabile del trovarsi innanzi nella giovinezza una guida esperta e amorosa, quale non può essere alcuno così come il proprio padre, è compensata da una sorte di nullità e della giovinezza e generalmente della vita.”
In ogni cosa ci sono lati positivi e lati negativi. Per esempio se la figura paterna è (o è stata) qualcosa di vantaggioso per la società è anche vero che la presenza di un maschio adulto nella vita di un uomo in formazione può avere degli aspetti negativi. Per esempio il bambino o il ragazzo può sentirsi in posizione di inferiorità e la sua personalità può essere oscurata dalla presenza paterna. Il ragazzo faticherà a diventare un "uomo di casa" e questo può avere anche conseguenze non del tutto positive.
Inoltre il padre può costituire un falso modello da seguire. Il figlio proverà a imitare il padre, magari però lui è diverso da padre o il contesto in cui vive è diverso da quello dell'agire paterno e questo può generare senso di frustrazione. Spesso l'identità personale può anche essere aiutata dall'assenza del padre, magari proprio perché non ha modelli fissi da seguire e può esprimersi seguendo le proprie inclinazioni. Però il tutto è molto a rischio, una buona presenza paterna esclude delle possibilità ma dà risultati molto più sicuri...
Direi in definitiva che il padre è una guida. La guida, il guidare una persona, ha dei risvolti positivi e negativi. Da una parte fornisce sicurezza a una persona incanalandola nei giusti binari in cui dovrà muoversi, dall'altra però può frenare alcuni aspetti della personalità. Ora questi aspetti potranno essere anche negativi, e infatti in questo consiste in buona parte guidare, nel reprimere le pulsioni negative. Però poi tende a formare solo uomini comuni e niente di più.
Lasciati senza guida fin da piccoli gli uomini "sbandano" e possono o uscire di strada e diventare instabili e "squilibrati" oppure possono trovare una propria strada e quindi diventare anche persone importanti...
Forse la guida paterna fornisce più sicurezza che il risultato finale riesca bene, però appiattisce e livella, l'assenza di questa guida può invece fornire più opportunità ma il risultato finale è altamente rischioso.
Ma lo stesso può ovviamente dirsi per la figura materna la quale è una figura genitoriale che tende a bloccare tutto per troppa protettività e paura dei rischi. Lo si vede dai primi anni di vita del bambino, dalle prime cadute, dalle prime pedalate, nuotate eccetera. Il padre tende spesso a stimolare, seppure non di rado tale stimolo può avere un effetto “rompicoglione”, mentre la madre tende spesso a bloccare.
Ma i genitori, il padre e la madre, altro non rappresentano che il mondo maschile e femminile adulto che entra in contatto col mondo infantile. I bambini si approcciano con uomini e donne, col proprio e con l’altro sesso, imparando cosa vuol dire essere uomini e cosa vuol dire essere donne in età adulta. Avviene un processo di identificazione verso il proprio sesso e di relazione con l’altro.
Non è detto che questi ruoli debbano essere per forza assunti dai genitori naturali, né da un singolo uomo e da una singola donna. Esistono culture in cui i ruoli genitoriali sono assolti da una varietà di persone. Anzi il restringere i ruoli genitoriali ai soli genitori biologici è un fenomeno piuttosto recente e tipico della società industriale occidentale.
Oggi, in fase postindustriale, i ruoli genitoriali entrano in crisi. Da una parte sono sempre più iperresponsabilizzati perché in una società complessa come quella attuale è sempre più difficile che due persone si sobbarchino il compito di educare degli esseri umani. Dall’altra un diffuso giovanilismo, un culto della spensieratezza, tipico di una società dei consumi, che impedisce una piena maturazione della personalità, utile per potersi sobbarcare pesanti responsabilità.
L’esigenza di nuovi modelli pedagogici pare avvertita da molti, ma è difficile immaginarne qualcuno all’altezza dell’attuale famiglia monogamica e nucleare. E così si preferisce puntare su questa nonostante la crisi in cui versa. Ma la sua decomposizione continua a manifestarsi attraverso il degrado dei compiti genitoriali. Il ruolo dei genitori oggi è sempre più difficile e sempre peggio riuscito. Eppure è il ruolo paterno ad essere maggiormente attaccato, mentre il ruolo materno, la cui utilità, oltre alla gravidanza e al parto, potrebbe essere altrettanto dubbia, viene quasi sacralizzato. Il motivo è semplice: il padre è un ruolo maschile, la madre un ruolo femminile. Per cui, stando alla regola che tutto ciò che è maschile è il male e tutto ciò che è femminile è il bene, ecco che il ruolo paterno è il male mentre il ruolo materno è il bene assoluto e necessario all’Umanità.
Così per portare avanti l’attacco al padre e la difesa della madre da una parte si sobbarcano i padri naturali di enormi oneri economici e di impegni di tipo “materno”, mentre dall’altro il mondo maschile adulto si stacca sempre più dal mondo infantile e adolescenziale.

Il valore della forza e la forza del valore
Come ben sappiamo una volta le attività principali con cui ci si guadagnava da vivere erano fondate sulla forza, sulla forza fisica. La forza fisica era un valore, una virtù. Oggi viene spesso chiamata forza “bruta” anziché forza fisica o forza pura, e questo appellativo già la dice lunga sulla considerazione che si ha di essa. Pare quasi che sia un difetto, l’uomo vigoroso e muscoloso è considerato o “bestiale” o un “macho”. Ci viene spesso mostrato un aspetto superficiale della prestanza fisica la quale costituisce invece un valore.
Allo stesso tempo, come ho detto in precedenza, un tempo era esaltata, in quanto necessaria, anche la forza psichica, la forza di carattere, che spesso si manifestava nell’eroismo. Oggi non è raro considerare l’eroismo come manifestazione di stupidità, come non di rado si considera migliore l’opportunismo, ma un tempo l’eroismo era un valore, e i valori di una persona avevano una forza non trascurabile. Per infondere valore agli individui era necessaria una disciplina alquanto ferrea e basata sullo sforzo e sulla rinuncia. La disciplina era alla base dell’educazione sia dei più giovani, ma anche un continuo punto di riferimento per gli adulti.
Oggi tutto questo non è più necessario perché la miseria è stata tecnicamente (seppure non socialmente) sconfitta. Oggi con pochi sforzi si può ottenere molto senza rinunciare a nulla. Ma il problema sta nel fatto che questa condizione è del tutto nuova nella storia dell’Umanità, la quale si è formata, per lo più, in condizioni di generale e regolare penuria di beni. Il problema dell’obesità col relativo proliferare di diete e dietologi non raramente di dubbia efficacia, la dice lunga sulla dicotomia esistente tra il nostro modo di essere e la condizione in cui viviamo.
Come ho detto prima, oggi i bambini vengono in genere educati con poche rinunce e accondiscendendo ai loro desideri. Si può fare quindi perché non accontentarli? Ebbene ciò che voglio dire, e che forse scandalizzerà non pochi abituati al solito stupido liet motiv che le donne sarebbero più “mature” degli uomini, è che tra uomini e donne c’è lo stesso rapporto che esiste tra adulti e bambini, dove gli adulti sono gli uomini e i bambini sono le donne. Così come oggi si avverte spesso l’esigenza di accontentare i bambini, di soddisfare tutti i loro capricci, allo stesso modo si fa con le donne. Ecco che molti uomini si sentono in “dovere” non di riconoscere una probabilmente legittima parità tra uomini e donne, ma di garantire una crescente condizione di privilegio alle donne, di fare in modo che l’infelicità sia bandita dalla vita femminile. Non si accorgono che così facendo provocano l’effetto contrario, perché così come i bambini diventano adulti viziati e incontentabili, allo stesso modo il genere femminile diventa sempre più pretenzioso e insofferente.
È ovvio che così come esistono genitori più severi, o almeno previdenti, che non vogliono che i propri figli diventino viziati, provvedendo per loro un’educazione più severa, magari anche troppo, allo stesso modo ci sono uomini che non si sottomettono all’attuale logica di accontentare a tutti i costi le donne e pretendono che esse si assumano le loro responsabilità. C’è però una differenza tra bambini e donne, in quanto mentre i bambini rimangono nell’ambito familiare, le donne invece fuoriescono da questo ed entrano nell’agone della vita sociale. Così viziare le donne diventa anche una questione politica che si traduce nel favorirle nell’accesso alle carriere nei settori in cui non sono portate, garantire che possano soddisfare ogni capriccio anche in ambiti importanti e non certo nell’acquisto di giocattoli. Ecco che lo scontro tra uomini che viziano e uomini che pretendono “disciplina” diventa scontro anche politico.

Femminismo teorico e femminismo reale
Esistono due tipi di interpretazione anche per ciò che riguarda il processo di sviluppo del movimento femminista. La prima la si potrebbe definire quella della “rivelazione”. Secondo questa visione il femminismo, come altri movimenti storici, avrebbe utilizzato degli slogan teorici fasulli durante la fase di ascesa a scopo più propagandistico che come un vero piano volto a essere realizzato. Non che l’inganno rientri nelle intenzioni dei sostenitori, magari questi davvero credevano in questi slogan, ma il movimento stesso fin dall’inizio aveva già prestabilito il suo futuro percorso evolutivo e, una volta assurto a politica di governo, rivelare poi il suo vero volto. Questa interpretazione può essere condivisibile ma fino a un certo punto, perché seppure coglie abbastanza organicamente il processo di evoluzione storica generale di un movimento, è appunto troppo generalista e fa confluire in un unico percorso tutto un insieme di correnti e dottrine che fanno capo a quel dato movimento, come fossero un tutt’uno e senza fare distinzioni tra le varie correnti, spesso anche contraddittorie tra loro.
Più analitica è l’interpretazione che vede una degenerazione nel movimento femminista. Secondo questa prospettiva il femminismo costituiva davvero ciò che in gran parte si dichiarava, ma poi ha subito delle degenerazioni e distorsioni ad opera di resistenze che si sono opposte alla realizzazione delle sue finalità.
Le resistenze opposte al femminismo “verace” della visione “deviazionista” alcuni le vedono come “naturali”, intendendo con tale termine che esse contrastano con un modo di essere intrinseco e precostituito degli esseri umani, ma in tal caso si tende a sfociare nella concezione della “rivelazione” in quanto il femminismo non poteva essere ciò che si dichiarava in fase ascendente, perché contrastava con un modo di essere “immutabile” degli esseri umani. Col termine “natura” infatti i sostenitori di una visione etologica dell’Umanità intendono appunto qualcosa di “sacro” che non può essere “violato”. Ogni dottrina che si prefigge di costruire un mondo “migliore” viene vista come una forzatura alla natura umana e quindi una violenza agli esseri umani.
Molto più in linea con la tesi della deviazione è la visione sociologica dell’Umanità. Secondo tale visione gli esseri umani sono quel che la società li fa essere, come li forma. Pertanto è pienamente legittimo tentare di migliorare le persone perché è così che si formano gli esseri umani e il tirare in ballo la natura costituisce un inganno volto a far rinunciare di assecondare il desiderio di cambiamento in meglio ed accettare l’ordine costituito (anche se ci sarebbe da stabilire la giustezza di ciò che si intende con la parola “meglio”...). Le resistenze opposte a vari movimenti, tra cui anche quello femminista, sarebbero pertanto di natura sociale, ossia tutto un insieme di spinte socio-economiche avrebbero opposto un freno e un dirottamento dalle intenzioni reali dei vari movimenti di cambiamento impedendo la loro realizzazione e anzi distorcendoli e utilizzandoli ai propri fini di conservazione.

A cosa ha portato e dove è giunto il femminismo
Ma, come ho detto prima, alla fin fine le donne non hanno ancora perso quel modo di essere che le ha caratterizzate per secoli: essere una merce, solo che adesso sono una merce libera, libera di stabilire le condizioni della propria vendita. Oggi le donne sono una merce che si autovende, che sceglie di persona a chi vendersi, chi è il migliore offerente, nonché quando, come, dove e a che prezzo vendersi. È ovvio che però deve tener conto delle leggi del mercato e che ogni donna avrà un diverso grado di successo. È ovvio altresì che non è detto che tutte le donne abbiano le opportune garanzie di successo nel perseguire i propri intenti.
Qui ora non intendo affermare nulla riguardo capacità o incapacità naturali o artificiali di uomini e donne, ma intendo solo esporre la realtà dei fatti come la si vede.
Forse inconsciamente molte donne, e ragazzine in particolare, percepiscono che non ci sono stati dei veri progressi sostanziali verso una parità come la si era prefissata, che i ruoli chiave nella società sono ancora prerogativa degli uomini perché troppo costerebbe alle donne occuparsene in prima persona. E così l’odio (e l’invidia?) verso il genere maschile monta, come attestato da molti siti (http://riotgirls.forumcommunity.net/; http://chiara-di-notte.blogspot.com/; http://blog.libero.it/taniarocha). E che dire del disprezzo che dimostrano e che ben poco le rende onore (http://www.artereale.it/docs/MUSA_LOCANDINA.pdf; http://www.artereale.it/eventi_uomo.html) che nulla ha a che vedere con la grande capacità di ammirare l’altro sesso che gli uomini hanno mostrato nella storia e che mostrano tuttora (http://www.uomini3000.it/495.htm). E gli uomini che fanno loro notare l’amara e dura realtà allora sono tacciati per misogini e maschilisti, magari di avere problemi col genere femminile, oppure, udite udite, di essere (loro) incazzati perché le donne avrebbero “guadagnato” un posto “centrale” nella società (sic!), se non addirittura avrebbero paura o sarebbero frustrati per aver perso (?) una “centralità” che prima avevano. Insomma si ribalta la frittata e, seguendo uno schema classico e puerile, si attribuiscono a questi uomini paure e frustrazioni che invece avvertono a pelle quelle donne.
Dall’altro lato istituzioni e media si sforzano a più non posso di far passare le donne come esseri divini e invincibili a fronte di poveri “maschietti” stupidi e incapaci.
E così ci si ripiega in iniziative faziose e sessiste (http://questionemaschile.forumfree.net/?t=18208676; http://www.uniurb.it/giornalismo/lavori2004/cuccato/Uomini_fuori.htm; http://www.casainternazionaledelledonne.org/) in piagnistei assurdi, deliranti e ripetitivi (http://antifeminist.altervista.org/analisimedia/toilette_svezia.htm; http://antifeminist.altervista.org/notizie/2006/28_12_2006.htm; http://antifeminist.altervista.org/notizie/2007/3_4_2007.htm) perché nient’altro è possibile fare, almeno nel breve periodo, il periodo che serve ai potenti per conservare il potere, ai politici per farsi propaganda, ai media per fare audience, alle varie aziende di attrarre consumatori e alle istituzioni per farsi “belle”.
E sotto la maschera ipocrita di una “parità” fasulla che ormai non c’è più e che è fatta a pezzi dal continuo piagnisteo femminista ormai anacronistico e fuori luogo, aumenta solo l’odio misandrico e il sessismo favoritista verso il sesso femminile.
È ovvio che poi questo odio generi altro odio, e che sempre più uomini, sotto il bombardamento continuo della misandria dilagante e continuamente negata, diventino a loro volta misogini e disprezzino le donne (http://questionemaschile.forumfree.net/?t=14259022), anche se ci sarebbe da dire che il disprezzo manifestato dalla donne, e non solo, verso il sesso maschile difficilmente trova un corrispettivo simmetrico nella misoginia.
Il femminismo odierno è carico di misandria, di odio verso il genere maschile. Molti attribuiscono questa misandria a una spinta innata del genere femminile (contrastare il “costo del maschio”?), altri all’invidia di non esser uomini, come per esempio la classica “invidia penis”, mentre altri, come Warren Farrell, la considerano un qualcosa che è stato indotto dalla società.
Qualche spiraglio di soluzione
Quindi l’attuale sessismo femminista è il risultato di un’evoluzione scontata del movimento femminista o di una degenerazione dovuta al contrasto con le forze di conservazione sociale? Entrambe le affermazioni dicono la stessa cosa. Lo stesso fatto che un movimento che si è occupato fin dall’inizio della questione dei generi abbia assunto il nome di “femminismo” la dice lunga sulla sua parzialità. Così l’esistenza di ruoli specifici di genere nel passato vuol dire che i due sessi avevano delle loro specificità naturali. Ora aldilà della “profondità” e del grado di “dettaglio” che avevano queste specificità, non si può negare che esse fossero comunque idealizzate, standardizzate ed enfatizzate dalle società che hanno preceduto la nostra. Anche l’esistenza di forze sociali conservatrici mostra qualcosa sul modo di essere degli umani. Né si può negare che gli esseri umani siano soggetti a evoluzioni e mutamenti nel corso della storia, e così il modo di essere uomini e di essere donne. L’importante è che questa evoluzione porti a un equilibrio equo, lungi quindi dalla falsa parità odierna.
La falsa parità odierna, che ora vogliamo vederla come un fallimento di un femminismo verace sostituito da un femminismo sessista e frignone o come la rivelazione del vero volto del femminismo, di certo siamo di fronte e un’ipocrita scenografia di rattoppo e mascheramento di una parità che nei fatti non c’è.
Io non so se la parità tra uomini e donne potrà mai esserci, e per parità intendo sia dei diritti che dei doveri, nonché l’abbandono di antichi privilegi, ma so di certo che un abito non lo rendi nuovo con le toppe. Ecco perché, almeno per il momento, alla luce di quanto ha promesso e ancor oggi ipocritamente promette, il femminismo si è rivelato sotto la superficie falsa, quello che realmente è stato finora: un vero e autentico FIASCO!
Per cui la strada verso la parità, semmai questa potrà mai esserci un giorno, non è certo quella femminista. Si Richiede qualcosa di nuovo e più obiettivo, che magari faccia proprie le vere istanze degli individui maschi e femmine e non che si fonda su parametri numerico-quantitativi. Magari la formula per il futuro rapporto tra i generi sarà “Parità nella forma, Equità nella sostanza”, intendendo con questa formula che tutti i cittadini, maschi e femmine, sono posti sullo stesso piano e visti allo stesso modo, pari e uguali, davanti alla legge e ai principi giuridici, ma nel concreto della vita quotidiana dovrà essere l’equità il principio basilare del rapporto tra i sessi. Equità consisterebbe nel fatto che, nell’ambito dei vari rapporti, ognuno dà quanto riceve senza che nessuno ci rimetta. E perché ciò accada non c’è bisogno che le varie parti abbiano gli stessi ruoli e le stesse propensioni, che occupino gli stessi numeri di posti nei vari settori della vita sociale, ma anche con una certa divisione dei ruoli, che potrebbe sorgere in modo del tutto spontaneo nel pieno rispetto delle aspirazioni individuali, può esserci questo “bilanciamento”. Sarebbe a dire che se gli uomini dovranno assumersi loro prevalentemente i mestieri più a rischio e più faticosi è giusto che guadagnino in relazione del rischio e della fatica che essi si assumono. Se pertanto gli uomini guadagnano di più è cosa giusta e buona fintanto che le donne non si assumeranno tali mansioni nello stesse proporzioni con cui se le assumono gli uomini, semmai le donne potranno farlo.
L’equità vuole, infine, il pieno rispetto della libertà del donare. Se la propensione principale degli uomini è il dono questo dono deve essere libero e la scelta della sua concessione deve rientrare nel pieno della libertà dell’individuo e non essere in nessuna maniera imposta. Un dono imposto non è più un dono ma un’estorsione. E inoltre ogni dono deve essere pienamente riconosciuto. Ma anche chi decide di non donare non deve essere sottoposto ad alcun giudizio negativo. Bisogna rispettare chi non vuole donare come ammirare chi dona con intelligenza e disprezzare chi dona con dissennatezza. Perché il dono maschile è qualcosa di prezioso e che va vista come tale e non da buttare via.
Da tenere ovviamente conto che nell’attuale contesto conviene donare il meno possibile, soprattutto alle donne, in quanto già fin troppo favorite e privilegiate a fronte di uomini già fin troppo sobbarcati di oneri e doveri di sorta. Pertanto i doni del terzo tipo, quelli fatti in maniera inconsulta, sono probabilmente la maggioranza, se non addirittura la quasi totalità o addirittura la totalità.
 
--
Postato da Giubizza su Il blog di Giubizza il 8/18/2007 12:31:00 PM

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