Creato da: 1carinodolce il 08/06/2008
NATO PSICOLOGO! ^__^
 

I miei link preferiti

 

 
« http://www.federagione.it/ABOUT MUSIC »

.

Post n°402 pubblicato il 13 Febbraio 2009 da Antologia2

IL PROBLEMA DELLA SALVEZZA
(tratto da testi di Adolphe Gesché, teologo francofono morto prematuramente)

 

Lui pone delle questioni ritenendo che la parola “salvezza”:

1.   è giunta a non essere più evidente, non comprensibile oggi: di salvezza se ne parla molto ma a cosa fa pensare? Come viene compresa?

2.   Spesso chi ascolta fa riferimento a cose udite nel passato che evocano qualcosa di negativo

 

Questo teologo si pone la domanda se un’idea così diffusa nel passato la si può abbandonare tranquillamente o se ha in sé qualcosa di vitale, di importante, di profondo. La sua risposta è:  ripensiamo il concetto di salvezza e vediamo se porta in sé qualcosa di perennemente importante per l’uomo.

 

Salvezza: non vuole forse esprimere un’idea che risuona che trova in noi una eco: quella del senso della nostra esistenza? Probabilmente la parola salvezza ha a che fare proprio con questo, connota proprio l’esito, il senso della nostra esistenza.

Nessuno vorrebbe provare un giorno la sensazione d’essere passato a lato della propria vita, d’averla mancata.

Uno dei termini ebraici del concetto di “peccato” significa “mancare il bersaglio”. Quindi che questa parola sia fuori moda non significa che non c’entri con qualcosa di importante: ha a che fare col destino e i limiti dell’uomo. Vedremo che è legata a tantissimi problemi

 

Lui individua quattro questioni, che non esauriscono le domande possibili sulla salvezza, ma sono le più importanti.

1.   Salvati, ma da cosa? Abbiamo bisogno di essere salvati? E se sì, da che cosa? In che cosa consiste la salvezza?

2.   Salvati, ma a opera di chi? Abbiamo bisogno che qualche “altro” da noi venga a salvarci?

3.   Salvati, ma in vista di cosa? Qual è lo scopo dell’essere salvati? a cosa tende questa salvezza? La prima e la terza domanda si corrispondono per un certo aspetto: salvati da che cosa? in vista di che cosa?

4.   Salvati, ma da che cosa lo si vede? La salvezza è suscettibile di essere provata? Di verifica? O è una bella illusione?

 

1) salvati, ma da cosa? È la questione assolutamente prima: essere salvati da. Da che cosa devo essere salvato? E perché devo essere salvato da questo? Da che cosa si deduce l’esistenza del bisogno di salvezza?

L’idea diffusa è salvezza da qualcosa di negativo, cioè che “salvarci da” sia toglierci da qualcosa di negativo. “Salverà il suo popolo dai suoi peccati”, e qui iniziano i problemi (obiezione: i preti inventano il peccato così hanno qualcosa da fare; creano il senso di colpa così hanno qualcosa da fare).

Invece l’autore fa notare: a un livello di coscienza profondo la salvezza non è primariamente una realtà negativa, un “salvare da”; dipende invece da un’idea tutta positiva, ben illustrata dal termine “salus” (forte, sano, solido, preservato); salvare è rendere forte, custodire, conservare, “salvaguardare”.

Salvare è: condurre qualcuno a realizzare lo scopo della sua esistenza, permettergli di “compiersi”, di trovare il proprio destino; e questo corrisponde a un’aspirazione degli uomini, cui tendiamo tutti: è lo scopo e il senso della nostra vita. Ognuno di noi porta in sé il desiderio di un “di più”; quindi l’idea di salvezza connota essenzialmente e primariamente, prima che peccato, colpa, la nozione di compimento: idea tutta positiva. Portare a compimento sé stessi, arrivare a realizzarsi, a provare la profonda soddisfazione e la felicità di aver avuto una vita sensata, riuscita, compiuta. L’idea di salvezza presuppone questo desiderio, questa attesa, questo tensione verso qualcosa (Gv 10.18: “Sono venuto perché abbiano la vita e l’abbiano in pienezza, in abbondanza”).

Ma (solo qui spunta, secondariamente, l’aspetto negativo) l’uomo in questo cammino verso la realizzazione di sé sperimenta traversìe e ostacoli, e fermo restando il senso primitivo e originario di salvezza positivo, si può cominciare a comprendere la salvezza anche nei termini negativi di “salvezza da”. Qui la parola “salvezza” prende quella connotazione che le viene abitualmente associata, ma che non è la principale. È proprio perché vi sono ostacoli nel cammino della salvezza intesa come compimento, che la salvezza assume anche la forma di salvezza dagli ostacoli: l’uomo cerca di essere liberato da ciò che ostacola la sua realizzazione.

C’è una frase nel Vangelo che dice: “Chi perde la propria vita la trova”:   trovare in modo vero la propria vita è realizzarla in modo autentico; anche quella frase del Vangelo prova che la salvezza corrisponde al bisogno che c’è nell’uomo di attuare nel modo migliore la propria esistenza, conseguire il senso della propria vita. 

La salvezza non consiste nell’essere liberati da se stessi come se ci portassimo dietro una natura un po’ malvagia: questa è una concezione gnostica della salvezza secondo cui il peccato è quasi una seconda natura: la liberazione cristiana non è essere liberati da se stessi, ma da ciò che ci impedisce di essere noi stessi. L’idea di salvezza è non è fondata sul disprezzo e diffidenza nei confronti dell’uomo, ma su una concezione alta dell’uomo, il cui destino però è minacciato e in pericolo.

Il problema è allora: che l’uomo si liberi o sia liberato (cfr. seconda domanda) da ciò che gli è di ostacolo al fine di poter riprendere o proseguire il suo destino di realizzazione.

Ma che senso avrebbe una salvezza “da” se non fosse perché si tratta di essere liberati “in vista di” (terza domanda) un bene che giustifichi questa liberazione dagli ostacoli? Il nostro essere tende a una realizzazione e evidentemente desidera essere liberato da ciò che impedisce o compromette questa realizzazione. Allora anche la liberazione dal peccato può e deve avere il suo posto.

 

 
Condividi e segnala Condividi e segnala - permalink - Segnala abuso
 
 
Vai alla Home Page del blog

© Italiaonline S.p.A. 2024Direzione e coordinamento di Libero Acquisition S.á r.l.P. IVA 03970540963