Creato da: 1carinodolce il 08/06/2008
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COSA NON PERDONI ??

Post n°480 pubblicato il 23 Marzo 2010 da 1carinodolce

  

(ATTUALMENTE, IN QUESTO PERIODO, RECENTEMENTE,
O  IN GENERALE, IN PASSATO) 

C'è QUALCOSA CHE NON HAI PERDONATO
O CHE PER TE è MOLTO DIFFICILE PERDONARE ?

   

 
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Utente non iscritto alla Community di Libero
Anonimo il 05/04/10 alle 08:51 via WEB
IL PERDONO "Chi non riesce a perdonare agli altri distrugge il ponte sul quale dovrà passare". (G.M.) «Amare è servire. Quando mi pongo di fronte ad una persona, posso considerarla da due punti di vista. Posso tener conta della sua realtà, di ciò che è. Ma posso anche fare attenzione prevalentemente a ciò che può diventare. In ogni persona, per quanto mediocre possa essere, esiste un "io" profondo che chiede urgentemente di essere realizzato. Amare una persona significa mettersi a servizio di questo "io" per aiutarlo a realizzarsi. Amare vuol dire chiamare l'altro all'esistenza, farlo essere di più. Ma chi sa quali sono i limiti dell'altro? Per amare bisogna allora dare credito all'altro. Guardarlo con speranza. Il linguaggio dell'amore non è la dimostrazione, ma la fede. Chi non ha il senso del mistero, dell'avventura, del rischio, non può amare». (E. Fromm) Amare = perdonare e perdonarsi Nei due incontri precedenti abbiamo riflettuto in modo particolare sul tema del perdono. La logica occhio per occhio - dente per dente sarebbe di per sé giustissima... Ma se io pariglio l'offesa, il danno ricevuto, per una presunta giustizia, provoco un danno grave all'altro e a me stesso/a e diminuisco, porta a un livello più basso, tutta l'umanità (siamo tutti interdipendenti!). La logica della giustizia distributiva è di gran lunga superata dal perdono. Il "per-dono" (=un dono di gran lunga superiore) non è solo lasciar perdere la vendetta (o la giustizia), ma è un ridare all'altro, che ha recato l 'offesa, nuovamente la propria amicizia, considerandolo come prima. Chi è perdonato ha così di nuovo la fiducia e la possibilità di ritornare ad essere "uomo", di reintegrarsi, di partire di nuovo. Spesso, quando non so perdonare (perdonare non vuol dire dimenticare, non fare memoria!), rischio di portarmi dietro il peso di uno/a che non riesce a gioire per colpa mia e il peso del mio tormento (che mi rende la vita difficile). il frutto nel perdono è la gioia, sia per chi perdona (che prova la gioia di aprire le braccia all'altro), che per chi è perdonato (che si sente amato, con la possibilità di riscattare e di riprendere i suoi errori rifondendoli nel "crogiolo" dell'amore). Il perdono non è - come alcuni possono ritenere - indice di debolezza (come non lo è la non-violenza). Per riuscire a perdonare ci vuole una grande forza. Riesco a perdonare se mi sento anch'io bisognoso/a di essere perdonato/a dagli altri; se mi sento anch'io debitore/debitrice. Mi sono mai chiesto: "Se la giustizia fosse rigida, inflessibile, quanto anch'io dovrei pagare?". Rendersi conto di essere tutti e ciascuno bisognosi di perdono è un passo molto importante per conoscere meglio se stessi e gli altri. Forse per riuscire a perdonare davvero occorre prendere coscienza di quanto noi già siamo stati perdonati, avendo trovato chi non ci ha fatto pesare le nostre colpe. Per chi si sente poco amato e poco perdonato è più difficile il perdono verso di sé e, quindi, verso gli altri (a volte si rischia di essere inflessibili con se stessi e con gli altri). I veri amici sono quelli che ti considerano sempre amico, anche quando fai un errore . Sapersi perdonare e saper perdonare è un "nuovo" modo di vivere (un modo anche per non diventare nevrotici!) che presuppone la conversione del cuore, il diventare vulnerabili, coscientemente, volutamente, "bambini" nel cuore (non "bambinoni!). Tutto ciò non avviene spontaneamente, richiede uno sforzo, implica una scelta. É un "rompere il guscio", che ci impedisce di vivere (che a volte è una spessa corazza), è un buttar giù le nostre difese. L'amore è un atto di grande coraggio, è sempre un rischio. Sia chi riceve il perdono che chi perdona, ha la possibilità, nel momento stesso del perdono, di essere nuovo. Il perdono presuppone una cambiamento nel proprio "essere", una dinamica continua. Chi giudica, invece, ferma l'altro nel suo dolore, senza dare nessuna possibilità di riscatto. Anche l'altro si sente fermato da un giudizio, dal non-amore. Il legalismo è un sentirsi ufficialmente a posto, avendo rispettato formalmente la legge. Per aver fatto il proprio dovere ci si sente nel diritto di giudicare (è un grosso errore, anche se è una tentazione quotidiana...). Si rischia di essere ipocriti, formalisti, esecutori materiali della legge e non crescere nell'amore, nella giustizia, nella verità. La legge è un mezzo non un assoluto; chi conta e chi ha la priorità è l'uomo. La Legge è fatta per l'uomo, non l'uomo per la legge. Il fine è l'amore. "È con l'amore che l'uomo può partecipare alla trasformazione del mondo, perché contribuisce a diminuire i rapporti di forza a vantaggio della comunione che cerca, anche in chi opprime, nel "nemico", gli aspetti positivi suscettibili di sviluppo per sottolinearli, farvi appello e così risvegliare il meglio dell'altro. L'amore diventa educativo e promozionale di tutto ciò che può contribuire a far vivere negli altri la vita piena. L'amore sceglie di suscitare la vita piuttosto che mortificarla con la forza e la volontà di potenza. Le persone, infatti, maturano perché vanno spontaneamente verso tutto ciò che le apre alla vita. Ed è l'amore che offre questo stimolo vitalizzante". (Luciano Cian, da "AMARE È UN CAMMINO", ed. LDC) "Se negate anche a un sol uomo il diritto di entrare nella vostra vita, non otterrete il dono dell'unicità degli altri" (Leo Buscaglia) - Michela
 
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