I due libri di cui parlavo sono uno italiano e uno straniero. Quello straniero - eccellente soprattutto nella prima metà - è uscito un anno e mezzo fa e s’intitola L’opera struggente di un formidabile genio dell’americano Dave Eggers (ed. Mondadori), scrittore meno che trentenne. È la storia di un ragazzo di ventidue anni che, a causa della morte nel giro di pochi mesi di ambedue i genitori, si ritrova a far da padre al fratellino di otto anni. Lo slancio che questo dolore unito a questo compito producono nel protagonista dà vita ad alcune tra le pagine più belle e originali che io abbia letto negli ultimi anni. Lui sente con prepotenza che la responsabilità verso il bambino si assolve solo desiderando per lui tutto: o provi a dargli tutto, o non esisti.
L’altro bellissimo romanzo, appena uscito in Italia, è Sacrocuore di Aurelio Picca (Rizzoli): è la cronaca dell’agonia e della morte della madre dello scrittore in seguito a un’operazione al cuore fallita. Nello strazio di quel cuore, sottoposto a ogni umiliazione – compresa la solita, stupida e irrisolta vita dei tre figli -, troviamo una metafora potente ed efficace dello strazio contro il quale lottiamo, ogni giorno, per riaffermare il nostro vero bisogno. Che nelle ultime pagine s’innalza come una specie di stupefatta preghiera.
In tutti e due i casi, come si vede, è un grande dolore concreto (tutti e due i libri sono in gran parte autobiografici) a spezzare la catena dell’astrazione e a lasciar intendere come il senso vero del nostro strazio può essere affidato non a scelte di parte, ma a qualcosa che deve avvenire, come un perdono, per tutti. |