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DEMOCRAZIA E REFERENDUM

Post n°26 pubblicato il 20 Ottobre 2016 da graphitis
 

DEMOCRAZIA
La democrazia è come una bella donna. La sua bellezza è nuda. Quando sento parlare di democrazia rappresentativa, diretta... mi viene da pensare al burka o a quegli abiti pletorici che ricordano l'arte di Christo o di uno spedizioniere di cristalleria. La democrazia, linguisticamente, non ha bisogno di altre specificazioni: il potere, tutto il potere al popolo, una società di persone libere ed uguali.
Si discute su un dibattito tra Renzi e Zagrelbesky, in cui il costituzionalista denuncia un rischio di involuzione oligarchica nella proposta di modifica della Costituzione sottoposta a referendum. Dal suo giornale interloquisce Eugenio Scalfari scomodando Platone e i Comuni medievali e chiamando oligarchie gli organigrammi dei partiti e la cosiddetta classe politica. Si può convenire, ma solo per constatare il degrado democratico: di un potere diffuso nel popolo ognuno ha usurpato una fetta, come se di una cassa comune avesse fatto man bassa (le due cose non si escludono a vicenda).
In un passaggio del dibattito, Renzi sfida Zagrelbesky a citare l'articolo (delle modifiche) che porterebbe il rischio di oligarchie. L'articolo è il 57 nella proposta di modifica. Da esso risulta che i senatori non saranno più eletti a suffragio universale, ma dai Consigli regionali e delle Province autonome di Trento e Bolzano, con metodo proporzionale, ... tra i propri componenti e, nella misura di uno per ciascuno, tra i sindaci dei Comuni dei rispettivi territori. Al Senato si aggiungono cinque senatori che possono essere nominati dal Presidente della Repubblica. Il Senato, perciò, ridotto alla funzione propositiva e consultiva, è il distillato di precedenti votazioni con le quali  sono stati eletti i consigli regionali e sindaci.  La modifica non è da poco: i Consigli scelgono i senatori al loro interno e ampliano il loro potere di rappresentanza; il popolo, il demos, rimane fuori dai giochi. Non è oligarchia? Che il Senato di nuova proposta abbia solo funzione propositiva e non legiferante, ci dà uno squarcio sul nuovo ordinamento che giustamente è stato paragonato allo Statuto Albertino, se non alla corte di Francischiello.
In verità il senato è abolito, al suo posto si introduce quello che sarebbe giusto chiamare Consiglio delle Regioni,  di non chiara funzione. Il parlamento sarà costituito dalla sola Camera dei deputati. Anche la funzione di controllo della Presidenza della Repubblica verrà  limitata nell'approvazione delle leggi: un passo verso il presidenzialismo. Se questo era lo scopo, bastava dirlo chiaramente: volete che si abolisca il senato e il sistema bicamerale? Con un sì o con un no referendario si sarebbe posto fine di colpo ad una camera sostanzialmente fotocopia di quella dei deputati. Scegliendo invece la soluzione progettata, si mantiene un simulacro di Senato, un nome carico di significati storici, svuotandolo di contenuti, e si fonda un istituto pletorico con funzione di camarilla. Se i cittadini, confusi da discorsi di progresso e risparmio, non capiscono il senso di questo referendum, il motivo è chiaro: non si è voluto esser chiari.
Non perché mancano inveramenti di un'autentica democrazia bisogna dubitare della democrazia. Oserei qui aggiungere: non perché mancavano realizzazioni autentiche di comunismo bisognava dubitare dell'idea di mettere tutto in comune. Platone ha provveduto a porre le idee ben al sicuro nell'iperuranio perché noi continuiamo a guardare in alto e perché gli errori di esecuzione ci stimolino a piegare sempre più la materia all'intenzion dell'arte.
La democrazia non può essere discussa nella sostanza o inficiata da concrezioni deformanti. Ci dobbiamo interrogare come realizzarla nella sua perfezione. Qui si chiede il genio della politica e l'anelito della libertà. I partiti potrebbero anche considerarsi desueti come un carro di buoi: hanno fatto il loro buon lavoro. La consultazione in rete può diventare un acchiappamosche. E poi? Non c'è più fantasia?
Così, per un piccolo tentativo, penserei ad una fase progettuale della democrazia. Tutti hanno degli interessi, come singoli e come gruppi; tutti poi hanno interessi comuni, come la salute, l'istruzione, la sicurezza, il benessere... Più in alto ancora troneggia la pace. Ebbene, che si facciano dei progetti e si armonizzino in un progetto comune preso in carico dal governo che si propone agli elettori. Parliamo di cose e del loro valore, parliamo di persone e delle loro attese. Ci sono governi disposti a passare dalla dimensione delle chiacchiere a quella delle cose? Res, Repubblica. Li aspettiamo al vaglio di una semplice democrazia.

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