Green Lyrics

Pensare il fascino del nostro quotidiano


Oggi è un altro giorno. Ci sforziamo di prometterci che sarà una buona giornata in questo attimo, in cui in realtà non vediamo l'ora che la nostra sveglia smetta di trapanare ad intervalli - fin troppo - regolari una povera testa con i capelli fuori posto. Spegniamo con un automatismo degno di un robot giapponese il dannato oggetto, senza mostrare troppa cura nel gesto appena eseguito. Anzi, lo osserviamo con un leggero ghigno di odio quasi a dirle: «bene da ora sei destinata a 24 ore di silenzio; e ho sempre io la meglio su di te, ricordalo!». Dopo il nostro gesto esorcizzante, preghiamo il fato che la nostra giornata possa mantenere almeno una parvenza di regolarità, o che quantomeno possa non superare il limite che i nostri nervi vorrebbero di lunedì mattina.L'umore è ubriaco di una Domenica inebriatasi d'ozio, o di corse sfrenate in attività edonistiche da soddisfare per pensare di essere "vivi" qui, soli o con gli amici poco importa.Ora scaldiamo il latte nel nostro bricco, sempre se abbiamo quei due minuti e mezzo necessari per l'operazione tecnica, e ci prepariamo a far scorrere l'acqua dal rubinetto per cercare di attivare i neuroni che ci spingeranno, quasi per inerzia, a muovere i muscoli seppelliti sotto la nostra morbida carne, per prendere la benedetta polvere nera dallo scaffale in cui (come con la macchina) non siamo ben sicura di averla riposta. Oggi notiamo che esce a stento dalla moka, non si sforza di emanare alcun suono dopo la sua metamorfosi in acqua colorata e capiamo subito che è anche lei ce fa sempre più fatica a sopperire alle nostre necessità di caffeina quotidiana. Vorremmo qualcosa che possa offrirci la tranquillità di avere entrambi i nostri occhi aperti, per guardare davvero gli oggetti e le persone che ci circondano, e guidare sani e salvi fino alla nostra meta che non vediamo l'ora di raggiungere per levarci il pensiero e permettere alla nostra testa di alleggerire la checklist.Osserviamo la nostra sagoma sbilenca passare di fronte ai portoni a vetro del quartiere alla ricerca dell'auto o della via per raggiungere il mezzo di trasporto che oggi incute sempre più timore nel nostro animo che è scosso. Ma siamo diventati anche ignari della nostra volontà, e della personalità che dovremmo avere? Pensiamo che non ci appartenga più? Ora che non c'è più tempo per far nulla, magari siamo anche "giustificati" nel non dedicare attenzione ai compiti della coscienza. Ci lasciamo sprofondare ancora di più nel lamento e nell'angoscia, incapaci di controbbatere l'evidenza osservata da un unico punto di vista.Intanto siamo arrivati a destinazione. Scendiamo e cerchiamo di rimanere presenti a noi stessi. Ma chi siamo davvero noi? E quali sono le nostre aspettative di fronte al quotidiano?Non riusciamo a respirare, l'aria è pesante, i nostri polmoni sembano essersi rivestiti (autonomamente, visto che non ce ne siamo neppure accorti) di un metallo simile all'uranio. Forse sono così perchè sono gelosi della galoppante tecnologia che ora circonda il nostro tempo e il corpo. In fondo non abbiamo lo spiraglio per girare la schiena al passato, il mito, la tradizione e le abitudini persesi senza la benchè minima espressione di un lamento.E noi decidiamo di lasciarla fare, ci abbandoniamo alle sue volontà, perchè in fondo non possiamo rimanere ancorati a delle banali abitudini che ci fanno riconoscere agli occhi dello straniero e dell'europeo ancora come le pedine senza volntà di un sistema ormai antiquato. Vogliamo essere smart, al passo dei nostri connazionali, trovare punti di connessione con i vicini svizzeri, francesi, austriaci e tedeschi che siamo sicuri se la (s)passino molto meglio!Proviamo a fare i duri, i testardi che provano a rialzarsi senza ammettere le proprie fragilità, i dubbi e le insicurezze che non appena usciti da casa e sulla strada per il lavoro, lo studio, o le attività legate ai doveri e ai piaceri della giornata, crescono nella nostra materia grigia, e quasi come nubi leggere si espandono nel cuore aritmico, nei polmoni amiantati, nelle viscere tribolanti, e nei muscoli asfissiati dal loro mal utilizzo, nelle ossa ignare della loro funzionalità di sostegno per il corpo. La corazza della mente conosce la vera condizione estraniata, ma la verità - oramai si sa - è un concetto labile; e soggetto ad errare ancora.Forse una verità univoca non esiste, e non è neanche giusto che se esista perchè non sarebbe comunque capace di mantenere salda la sua estetica nel tempo e nello spazio.Ecco un elemento che forse può aprire uno spiraglio all'immaginazione personale di una sveglia che seppur fastiosa compie funzionalmente il suo dovere, un caffè che seppur lento ad uscire dalla moka, con il suo aroma prova a lasciarci un po di tempo per strabuzzare ancora una volta gli occhi, vicini a qualcosa di famigliare e tranquillizante. Noi lo notiamo...Ci si prova a "pensare positivo", osservando il codice del cittadino che non perde mai occasione di comportarsi con ottimismo, ma se così non fosse, la disperazione e la malinconia di essere "fuori posto" in una città che non (ci) comprende, non deve prendere il sopravvento sul valore innato dell'essere pur sempre NOI. Abbiamo il diritto o il dovere di accettare ciò che viviamo? Lasciamo all'istinto e alla nostra volontà il permesso di sbagliare. LH