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Post n°46 pubblicato il 10 Novembre 2008 da hina

E' la storia di Sabine Spielrein, diciannovenne ebrea di origini russe, che nell'agosto del 1904 venne ricoverata nell'ospedale Burgholzli di Zurigo e affidata alle cure psichiatriche di Carl Gustav Jung.

 

In preda ad una violenta crisi di isteria la ragazza si trasformò immediatamente in un caso clinico, il primo trattato psico-analiticamente - ovvero secondo i dettami di Sigmund Freud - di cui il giovane analista si considerava discepolo.

 

Sabine però non fu solamente un successo terapeutico di Jung, ne fu anche l'amante, protagonista di un dramma d'amore e di psicoanalisi che si rivelò solamente nel 1977, con il ritrovamento del diario di Sabine e del carteggio tra i protagonisti di un inatteso triangolo amoroso.

 

Nelle lettere che i due analisti si scambiarono e le pagine del diario si svelano infatti la passione della giovane donna per il proprio medico e il timore di uno scandalo che il grande maestro suggerì di soffocare ad ogni costo.

Questo film viene considerato come una bella storia sull'amore e sui drammi della passione, più che sulla psicoanalisi. 

 

Mentre invece il comportamento di Sabina (e poi anche di Jung) mette in luce proprio il famoso processo del transfer tra paziente e analista. 

 

Però, mentre il transfer è volutamente sollecitato dal medico, proprio per "prendere l'anima" del paziente e guidarlo così con fiducia verso un percorso di comprensione e guarigione, la reazione opposta, il contro transfer, ovvero il medico che s'innamora a sua volta della paziente, è duramente e giustamente condannato in psicoanalisi. 

 

Il medico deve necessariamente conquistarsi l'assoluta fiducia della paziente, ma da questa posizione di forza non deve trarne speculazioni personali sentimentali.


Commento:

Tornando al film, la biografia di Sabina trova finalmente un dovuto riconoscimento storico, in una cornice che mette in evidenza anche il lato umano dell'uomo di scienza, per la prima volta alle prese con metodi moderni di psicoanalisi.  

Superflua, invece, la storiella della ricerca in Russia, che si intervalla alla trama forte del film, auto esaltando le lunghe ricerche del regista Faenza e che nulla aggiungono allo svolgimento, ma che semmai ne rallentano e sbiadiscono (sul finale) il ritmo.

Malgrado questo piccolo appunto e qualche personaggio un pò scucito, (come la moglie di Jung, decisamente troppo marionetta inespressiva), è un film sicuramente da vedere. 

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