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Meglio vivere poco e bene o molto e male?

Post n°46 pubblicato il 23 Ottobre 2011 da hmbebop

Oggi è morto Marco Simoncelli, campione di MotoGp. Io non seguo il moto GP: benché ami la moto in sé, non mi piacciono e non mi sono mai piaciute le Hypersport, cioè quelle da strada con una marea di cavalli e che raggiungono velocità assurde (già a 160 km/h sulle nostre strade c’è da rischiare la pelle).

Umanamente mi dispiace, era una ragazzo giovane, simpatico, non meritava davvero quella fine.

Però mi viene da fare una riflessione.

Simoncelli ha avuto, quantomeno da quando ha cominciato a correre da professionista, cioè negli ultimi 8-10 anni, tutto ciò che un ragazzo di quella età può desiderare: soldi, macchine, donne, lusso, divertimenti costosi, ecc.

Ha fatto una brutta fine, certo, ma faceva un mestiere pericoloso per il quale era ben pagato, i rischi li conosceva, si divertita a correre, era la sua vita e nessuno lo ha obbligato a farlo.

Pensiamo per un attimo, invece, alla guerra in Libia, in Iraq, in Jugoslavia, solo per citare quelle contemporanee. Ci sarò sicuramente stato un ragazzo di 24 anni che è morto perché è stato arruolato di forza e spedito, fucile alla mano, ad affrontare dei nemici più agguerriti, malvagi e preparati che magari si sono pure divertiti a torturalo prima di farlo fuori.

Adesso ditemi se pensate ancora che Simoncelli sia stato così sfortunato.

La visione delle cose cambia, eh? Quel ragazzo morto in guerra sicuramente non avrà fatto una bella vita prima di morire e quei pochi anni di vita nemmeno se li è goduti ma, molto più probabilmente, avrà dovuto affrontare fame e miseria prima di essere arruolato di forza e strappato dai suoi cari.

Io dico che Simoncelli, tutto sommato, è stato fortunato, perché ha avuto una bella vita.

E’ morto sul colpo, tra l’altro, e sappiamo tutti che negli incidenti su due ruote si rischia di rimanere paraplegici o tetraplegici per danni alla colonna vertebrale.

Io sono sicuro che se Simoncelli avesse potuto scegliere la sua fine avrebbe deciso di rimanerci sul colpo: una persona abituata a condurre una vita così attiva difficilmente avrebbe sopportato una vita del genere, così limitata ed umiliante.

Mi si potrà dare del cinico, ma preferirei di gran lunga fare la vita di Simoncelli che quella del ragazzo che va ad affrontare i miliziani del defunto Rais.

Io, l’avrete intuito, sono favorevole all’eutanasia. Che senso abbia tenere un vita un relitto umano che non può nemmeno più comunicare il suo dolore (Welby, Englaro, ad. es., ma chissà quanti casi ci sono ancora) non l’ho mai capito.

Riuscite ad immaginare che vita di merda può condurre uno alimentato col sondino naso-gastrico? Uno che si fa tutto addosso perché non può alzarsi ed andare in bagno? Quella non è vita, è una tortura, è il contrario della vita, è la morte in terra.

La vita cessa di avere un senso se è fatta di sola sofferenza, fisica o psichica che sia.

Per questo ho sempre rispettato chi ha deciso di suicidarsi.

Se l’ha fatto e non ha portato con sé altre vite (non parlo quindi dei kamikaze, che rimangono degli assassini) c’è solo da ammirarlo per il coraggio del gesto. Avrà avuto le sue ragioni.

Io preferirei di gran lunga una vita breve e felice piuttosto che una lunga e piena di sofferenze.

 
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