IL VOLO DI ICARO

BUSSANDO ALLE PORTE DEL PARADISO

Creato da icarus1981 il 01/02/2007

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Il mio Tattoo dietro il polpaccio

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il significato del tatuaggio

 Il simbolo ha palesemente origine nella parte orientale dell'Impero romano, nella quale la lingua usata, e quindi l'alfabeto, era quella greca. Il simbolo si compone infatti di due grandi lettere sovrapposte, la 'X' e la 'P'. Corrispondono, rispettivamente, alla lettera greca 'χ' (che si legge kh, aspirata) e 'ρ' (che si legge r). Queste due lettere rappresentano le iniziali della parola 'Χριστός' (Khristòs), che in greco significa "unto" e che fu l'appellativo di Gesù. Ai lati di queste due lettere, se ne trovano altre due: una 'α' ed un 'ω', alfa ed omega, prima ed ultima lettera dell'alfabeto greco, usate come simbolo del principio e della fine. La scelta si rifà all'Apocalisse di Giovanni (21,6):
 

 

« UCCIDIMI, UCCIDIMI PURE...fantastica... »

Oscar Wilde

Post n°406 pubblicato il 28 Settembre 2008 da icarus1981

Sono pochi colori che non si siano destati talvolta sul far del giorno, sia da una di quelle notti senza sogni che ci fanno quasi innamorare della morte, sia da una di quelle notti d’orrore e di gioa deformi, allorchè le cellule del nostro cervello son percorse da fantasmi più paurosi della stessa realtà; animati da quella vita vivace che si cela in tutti i grotteschi e che presta all’arte gotica la sua persistente vitalità; giacchè si potrebbe quasi dire che questa sia particolarmente l’arte di coloro le cui menti sono state affette dalla malattia del fantasticare.

Dita bianche si insinuano pian piano tra le cortine, e queste par che tremino. Ombre mute tra le forme fantastiche strisciano negli angoli della camera e vi si accovacciano. Fuori si odono gli uccelli muoversi nel fogliame o il rumore degli uomini che si recano al lavoro o il respiro e il singulto del vento che scende dai colli e si aggira attorno alla casa silenziosa, come se temesse di svegliare i dormienti, eppure deve necessariamente far uscire il sonno dalla sua caverna di porpora. Il sottile velame crepuscolare si leva, un velo dopo l’altro; le cose recuperano gradualmente forma e colore, e noi vediamo l’alba rimodellare il mondo nelle sue forme secolari. Gli specchi pallidi riprendono la loro vita riflessa; i lumi senza fiamma sono allo stesso posto dove li avevamo lasciati e accanto a loro è il libro semintonso che stavamo studiando, o il fiore, montato sul fin di ferro, che avevamo portato al ballo o le lettere che avevamo avuto paura di leggere o che avevamo riletto troppe volte. Nulla ci appare mutato. La vita che conosciamo ritorna alle ombre irreali della notte e dobbiamo riprenderla al punto dove l’avevamo lasciata. Si insinua in noi un senso terribile della necessità di continuare a spendere la nostra energia nella identica serie monotona di abitudini stereotipate e magari un desiderio violento che le nostre palpebre possano aprirsi una mattina su un mondo che nell’oscurità sia stato rimodellato per la nostra gioia, su un mondo nel quale le cose abbiano nuove forme e colori e sian cambiate o abbiano nuovi segreti, su un mondo nel quale il passato occupi ben poco spazio o non ne occupi affatto o, comunque non sopravviva in nessuna forma conscia di obbligo o di rimpianto, poiché c’è un’amarezza anche nella rimembranza della gioia e una pena nel ricordo del piacere.

 
 
 
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