VASCO ROSSI

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Creato da blasco0082 il 20/01/2008

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INTERVISTA VASCO XL DI GIUGNO

Post n°153 pubblicato il 04 Giugno 2008 da blasco0082

SIETE SOLO VOI...

A DARE UN SENSO A QUESTA VITA CHE UN SENSO NON CE L’HA

GLI STADI PIENI LO ASPETTANO, IL PUBBLICO E’ GIA’ IN DELIRIO E LUI (IN UN’INTERVISTA MOLTO INTIMA) DICE: PRIMA HO SOLO PAURA MA POI…

 

“Spesso mi sveglio e piango”, dice Vasco. “La mattina certe volte sono in una crisi tale che vorrei non essere, vorrei continuare a dormire”. E seduto a un tavolo in una grande stanza durante le prove del tour. Gli altri della band dietro di noi stanno cenando. Mentre dice questa cosa terribile e tranquillo. Assolutamente tranquillo. Vasco Rossi. Per vederlo si muovono a centinaia di migliaia. Chissà quanti di loro farebbero qualsiasi cosa per essere qui con lui a condividere questo momento. Che infatti non sembra reale: non sei davanti solo a un uomo, sei davanti a un’icona. Uno con cui sei cresciuto, di cui hai cantato le canzoni sulla spiaggia. Un tuo amico. Sembra così ma ovviamente non è così. È uno sconosciuto. Che però si comporta come un amico, senza mai guardare nessuno dall’alto in basso. E così cominci a capire perché è speciale. Capisci perché acquista un senso fargli l’ennesima copertina: non stai celebrando un rito stanco. Stai facendo la copertina a uno speciale. E non è solo la musica. La gente che riempie gli stadi non vuole soltanto condividere delle emozioni, ma portare a casa l’essenza di un illuminato. Non il grande sapiente, l’intellettuale, ma il barcaiolo di Siddharta. L’unico, in mezzo a tanti che si riempivano la bocca, a non avere nessuna importante risposta da dare: però guidava la barca e la portava al di là del fiume.

È quello che fa Vasco. Non ha risposte da dare a chi viene a vederlo. Non ha risposte neanche per se stesso. E lo dice con una sincerità che ti lascia attonito. Lui, al contrario di tutto quello che si possa pensare, sembra non avere difese. La storia è cominciata pochi giorni prima della data zero di Genova, inizio del tour 2008. Vasco e la sua band stanno facendo le ultime prove. La mattina ho appuntamento con Tania, molto più di un ufficio stampa. È una delle persone che lo seguono da sempre e da sempre lo protegge dagli interessi indiscreti di giornalisti e non solo. Non vede l’ora di partire. Come scoprirò presto, tutte le persone che circondano Vasco sono colpite dallo stesso incantesimo. Una sorta di fede, di vocazione, un innamoramento che li rende orgogliosi e felici di stargli accanto e di lavorare per lui. Dopo varie vicissitudini arriviamo a Pieve di Cento, una cittadina vicino Bologna, in mezzo a una campagna piatta, piuttosto anonima. Il Grand Hotel        Bologna, dove si svolgono le prove, è un luogo assurdo. Un Hotel per convegni che sa di vecchi tempi, perso nel nulla. Molto diverso dal Rossluyn Hotel di Los Angeles dove Vasco ha girato il primo video dell’album, IL MONDO CHE VORREI. Superata la grande hall si attraversa un lungo corridoio, e finalmente si arriva davanti a una porta a vetri con la scritta “vietato l’accesso ai non addetti”. Entriamo. Appare subito Maurizio Solieri, il chitarrista storico, e il “Gallo”, Claudio Golinelli, ex bassista di Gianna Nannini che lo segue fin dagli anni 80. Di fronte a lui, Andrea Innesto, sassofono, Frank Nemola, programmatore e trombettista, Alberto Rocchetti, mago delle tastiere dalla barbetta arancione. Poi “gli americani”, come li chiamano tutti. Sono il sorridente Stef, alla chitarra, e il serissimo Matt, “picchiatore” di batteria instancabile. In un angolo, la corista Clara Moroni. Il direttore di palco Diego Spagnoli e il manager Floriano Fini controllano che tutto funzioni. È ”la famiglia rock” di Vasco, come la chiama lui. Arriva. I fan che circondano l’albergo non possono avvicinarsi, ma un piccolo gruppo viene invitato ad assistere alla prova. La band prova tutti i brani, uno dopo l’altro: LA NOIA, NON APPARI MAI, L’UOMO CHE HAI DI FRONTE, SIAMO SOLO NOI (<<Mia mamma mi diceva sempre “Sei solo te, Sei solo te, che ti comporti così”. Quindi la canzone è stata una reazione mia nei confronti della mamma>>, ha spiegato Vasco) e SALLY. <<Così è da brivido>>, dicono tutti alla fine. Ogni tanto Vasco fa una pausa, accende una sigaretta, beve un bicchiere d’acqua (niente più whisky), fa qualche commento: <<Bella. È venuta proprio bene>>. È una versione bonsai di quello che sarà il grande concerto. Dopo ogni brano è coperto di sudore. Ogni tanto scompare e poi riappare con una maglietta diversa. Prova le entrate, corre, si scatena e cerca con lo sguardo il consenso di chi gli sta intorno. Tutti lo guardano trasportati, anche chi ha visto le prove infinite volte. C’E’ CHI DICE NO, GLI SPARI SOPRA, fino all’ultima: IL MONDO CHE VORREI. Tania si dispera perché scopre che non hanno messo in scaletta una delle sue preferite: VIENI QUI. Cerca di convincerli a inserirla: <<Non può mancare>>, insiste. Il produttore Guido Elmi, irremovibile, spiega perché la cosa è assolutamente impossibile e ci racconta come avviene la scelta dei brani: <<Vengono sempre decisi due o tre mesi prima del concerto. È tradizione che io per Pasqua, prepari una serie di opzioni guardando le vecchie hit, i pezzi che non si fanno da anni, il disco nuovo e le richieste dei fan. Poi Vasco mi dice quali vuole fare e quali no, e iniziamo a provare>>. Fuori ci sono ancora decine di fan di tutte le età. Lorena, una maestra, racconta che ha insegnato le canzoni di Vasco a tutti i bambini della scuola materna: <<Ho fatto di tutto perché i miei bambini lo vedessero dal vivo. Volevo che capissero che è una persona reale, che non sta soltanto dentro i cd e nella tv>>. Io, per fortuna, ormai non ho dubbi in proposito, l’ho visto in carne ed ossa e lo incontro di nuovo a fine giornata. Ritorniamo all’inizio: il tavolo della grande stanza, Vasco di buon umore che parla tranquillo e proprio non te lo vedi che si sveglia e si mette a piangere: <<Lo so>>, continua davanti alla mia sorpresa, <<questo è un periodo in cui mi sta andando tutto benissimo dal punto di vista artistico, ma è uno dei periodi più brutti della mia vita dal punto di vista psicologico. Deve essere la legge del contrappasso>>. Però piangere fa bene, purifica, dico io cercando un po’ ingenuamente di consolarlo. Lui si intenerisce e accenna una risata. <<E’ vero, dopo ci si sente meglio, però io non vorrei mica piangere>>, il suo accento emiliano non può fare a meno di trasmettere allegria anche quando si parla di disperazione. <<La sofferenza sarebbe meglio che non ci fosse, però è anche una cosa che rafforza, ti fa diventare più sensibile, ti fa capire un sacco di cose>>. Ma fa paura, come tutte le emozioni forti. <<Si, penso che tu abbia ragione, molti ne hanno proprio paura. Per me invece le emozioni sono davvero importanti. Ed è importante che siano forti. Mi piace molto arrivare al limite e poi fermarmi sull’orlo>>. Il suo sguardo diventa improvvisamente furbo e, al tempo stesso, luminoso: <<Sono sempre riuscito a fermarmi sull’orlo. Però mi piace rischiare. La vita in fondo è questo. Io consiglio di buttarsi sempre nelle emozioni forti>>. Un’emozione forte, per i suoi fan è, ovviamente, quella del concerto… <<Quest’anno faremo il tipico concerto dell’album nuovo. Anche se bisogna rinunciare a molte hit, voglio che sia lo spettacolo di questo disco e di questo momento>>. Solo che gli anni passano e quello che un tempo diceva con rabbia o ironia, ora lo dice con sempre più amarezza. >>E’ sempre un po’ lo stesso discorso visto in un altro modo. È il mio percorso artistico, che è partito trent’anni fa e ha fotografato i momenti che vivevo, ma i concerti di fondo sono sempre quelli. Esprimo delle sensazioni che sono comuni a tante persone, quelle che non sono mai contente, che non trovano mai pace, che trovano molto faticosa la vita perché tradisce sempre, ma che, nonostante tutto, combattono. Gente che non si riconosce nelle leggi dettate da quelli che predicano bene e razzolano male. Noi preferiamo predicare male, ma razzolare bene>>. Ma allora com’è il mondo che vorresti? <<Dico sempre che il mondo che vorrei non è questo qua, però non voglio dire come dovrebbe essere. Non ho una ricetta, io sono un artista, non un politico>>. Troppo facile? Comunque non fa una piega. E la famosa “vita spericolata”? <<Beh sono ancora qui>>, ride. <<Sono partito pensando che volevo andare a tutti i costi al cuore della gente e non me ne fregava un cazzo di morire. Faceva parte della mitologia di quei tempi. Mio padre è morto a cinquantasei anni dopo essere stato in campo di concentramento per una guerra di cui non gliene fregava un cazzo, io potevo tranquillamente sacrificare la mia vita per una cosa in cui invece credevo. Poi a un certo punto mi sono trovato sopravvissuto. Diciamo che oggi sono la dimostrazione vivente che la vita spericolata può essere vissuta tranquillamente. Con tutto quello che hanno scritto su di me, sono proprio contento di essere ancora vivo e di stare anche meglio di tanti altri>>. Ma salire sul palco ti emoziona come una volta? <<Si. Non sono cambiato per niente, mi è cambiato tutto il mondo intorno, ma io dentro sono rimasto identico. Se penso al palco provo una sensazione di totale terrore. Una paura enorme. Ho solo imparato a non pensarci prima. Però appena parte la musica tutto comincia a funzionare. Mi concentro sulla canzone e torno a vivere le stesse emozioni che ho provato nel momento in cui l’ho scritta. Quando sento che gli altri vivono la stessa cosa mi sento in comunione con una specie di “anima” enorme. La grande anima umana, che esiste veramente, bisogna provarlo. Se pensassi che mi stanno guardando non saprei più dove mettere le mani>>. Mentre lo dice Vasco mette davvero le mani dietro la schiena mostrandosi timido improvvisamente: <<Non ci devo proprio pensare. Essere sul palco mi fa salire un’adrenalina tale che quando scendo faccio fatica a fermarmi. Magari sto sveglio fino al giorno dopo. Piano piano tutti se ne vanno e io mi ritrovo da solo. Ecco, quando se ne vanno tutti sento davvero una gran solitudine. Ma al tempo stesso è un momento di grande soddisfazione>>. Avere tanti così tanti fan sempre intorno non ti dà fastidio? <<Io starei sempre lì con loro, perché mi fanno piacere, tenerezza. Mi eccito quando vedo la gente, e dato che sto molto spesso solo, quando li incontro mi emoziono molto>>. E quando sei da solo cosa fai? <<Da solo non sto molto bene, mi arrangio, ho trovato delle soluzioni. Metto continuamente a posto la rubrica del telefonino, leggo, guardo dei film, dei telefilm. Però sto meglio insieme alla gente>>. Sei un amante della libertà però non puoi nemmeno andare a comprare un libro in libreria. <<Si, è vero. Questa è mancanza completa di libertà, ma è il prezzo che si deve pagare. Mi piace il successo, perché mi fa capire che quello che sto facendo è giusto, ma la celebrità non mi piace. Mi piacerebbe avere il successo senza la celebrità>>. L’intervista è finita. È giunto il momento di salutarci. <<Mi ha fatto molto piacere incontrarti>>, dice stringendomi la mano. È calore vero, non un gesto meccanico, che mi fa tornare in mente una sua frase: <<La mia non è tristezza. È amarezza. Ha ragione Houellebecq quando dice: “La vita comunque la vivi finirà per spezzarti il cuore””. Anche se hai raggiunto quello che desideravi. Perché l’artista è un uomo normale: magari ha fatto una cosa straordinaria, ma lui resta un uomo, è la cosa in sé che è straordinaria>>. Ecco perché Vasco è speciale.

 

Di Lorenza Biasi

 
 
 
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