Il pensiero scomodo

I duri hanno due cuori (PARTE III)


Ecco la terza tranche di "I duri hanno due cuori". Tra i vecchi post anche la prima e la seconda. Si accettano commenti e suggerimenti... Michele e Gianni erano grandi amici. Si conoscevano praticamente da sempre. Le loro famiglie erano amiche, loro erano coetanei e frequentavano la stessa scuola. Non potevano non finire col diventare amici.Il giorno in cui morì quel ragazzo, le cose cominciarono a precipitare e, nell’ultimo periodo, avevano raggiunto i minimi storici. Una sera, mentre era sotto la doccia, Michele ricevette una telefonata. Fu sua moglie ad alzare la cornetta e a dirgli che era Gianni. Michele le chiese di riferirgli che lo avrebbe richiamato una volta fuori dalla doccia. A dirla tutta, il fatto che stesse facendo una doccia, fu solo una mera coincidenza. Anche se non fosse stato così, avrebbe usato quella scusa per non rispondergli, anche se questa volta Gianni sembrava avere sul serio qualcosa di importante da dirgli.Puntualmente, dopo essersi rivestito, Michele evitò accuratamente di richiamare Gianni. Sua moglie si rese conto dell’accaduto. Non era mai riuscita a sopportare quei comportamenti del marito e, nonostante anche fra di loro le cose non procedessero a gonfie vele dal punto di vista della comunicazione, si sentì in dovere di dirgli la sua.<<Mi avevi chiesto di dirgli che lo avresti richiamato.>> Disse lei.<<Già.>> Confermò lui.<<Beh, ma non l’hai fatto.>> <<In effetti…no.>> <<Non è carino da parte tua.>> <<Probabilmente non lo è.>><<Neanche io ci faccio una bella figura, cioè, sono stata io a dirgli che lo avresti richiamato. Potrebbe pensare che non ti abbia detto nulla di lui o che, comunque, io abbia avallato la decisione di non richiamarlo. Non è carino nemmeno nei miei confronti.>><<Penso proprio tu abbia ragione.>> Confermò Michele per l’ennesima volta.Era chiaro che non aveva voglia di parlarne con la moglie. Così come era evidente che gli procurava enorme fastidio il modo in cui lei si introduceva in quella che lui considerava la sua “personale” sfera affettiva.Sua moglie si irritò comunque. E parecchio.<<Non è un comportamento maturo il tuo. Sappilo.>> Sbraitò lei.<<Forse hai ragione.>> Disse ancora lui, imperterrito.<<Adesso basta! – scoppiò lei – Non ne posso più. Non me ne vuoi parlare? Dimmelo! Non inscenare questa insopportabile pantomima. Sei odioso quando fai così. Ormai…>>Decise di non terminare quella frase. Ma quell’“ormai” si rivelò un grosso errore da parte sua, dato che il marito volle a tutti i costi sapere cosa stesse per dire.Dopo un’altra contesa verbale di quasi dieci minuti, alla fine sua moglie dovette cedere e terminare la frase.<<Ok, adesso te lo dico. Praticamente ogni volta che mi rivolgi la parola.>> Disse lei.<<Cosa?>> Chiese Michele, che non aveva capito ciò che intendeva dire sua moglie.<<Praticamente ogni volta che mi rivolgi la parola.>> Ripeté lei.Michele la fissò per qualche secondo, cercando di capire cosa intendeva lei. Non ci riuscì.<<Ma che diavolo vuol dire?>> Chiese ancora lui.<<Erano quelle le parole mancanti. “Praticamente ogni volta che mi rivolgi la parola”. Contento adesso?>> Concluse lei.Michele ingoiò il rospo. Uscì dalla cucina, dove stava avendo luogo quella discussione, andò a prendere la giacca.<<Ci vediamo per la cena.>> Disse, prima di aprire la porta ed uscire.<<Vai al diavolo.>> Urlò sua moglie, dopo che lui aveva chiuso la porta.Andò da Mario. Il bar era rimasto uno dei pochi posti in cui poteva fermarsi a pensare, mentre le cose a cui pensare sembravano non mancare mai, anzi, diventavano ogni giorno di più.Si fece portare una grappa. Una semplice birra non gli sarebbe bastata. Ed anche con la grappa si ripeté la solita scena: ci vollero venti minuti prima che Michele facesse il primo sorso, altri dieci per il secondo e, infine, altri dieci minuti perché finisse il bicchiere. In tutto, quasi tre quarti d’ora. Per tutto quel tempo, non fece altro che fissare il bicchiere. Non passò inosservato. I ragazzini si strattonavano a vicenda, indicandolo e sorridendo. I più grandicelli sembravano impietositi, mentre gli adulti erano infastiditi dalla sua presenza. Non gli avevano ancora perdonato ciò che avvenne quella maledetta sera.Intanto, mentre Michele era al bar, Gianni decise di presentarsi a casa sua, sperando di trovarlo. Gli aprì sua moglie.<<Ciao Sara, Michele è in casa?>> Le chiese non appena lei gli aprì la porta.<<Ehm, no. E’ al bar.>> Rispose lei.<<Già. In effetti avevo due possibilità…Mi sa che ho scelto l’opzione sbagliata.>><<Mi sa di si.>>Ci fu qualche secondo di silenzioso imbarazzo. Sara era davvero una bella donna, pensò Gianni. Lei invece era ancora leggermente turbata dal fatto che Michele non lo avesse richiamato. Qualcosa in lei le diceva che avrebbe dovuto spiegargli le sue ragioni.<<Beh, non mi sembra il caso di rimanere ancora fuori la porta. Ti va di entrare per un caffé?>> Chiese Sara.<<Ok.>> Rispose lui.Gianni percepì immediatamente che forse quella non era una buonissima idea. Aveva qualcosa da dire a Michele, qualcosa che sua moglie non avrebbe né potuto, né dovuto sentire. Non aveva senso fermarsi per un caffé. Ma ne aveva voglia. Era chiaro. E, in fondo, un caffé, solo un caffé, non sarebbe stato niente di male.<<Riguardo a qualche ora fa, - fece Sara - volevo dirti che io in realtà ho riferito a Michele della chiamata, probabilmente se ne sarà dimenticato…>>Gianni sorrise.<<Sono convinto che tu abbia detto a Michele della chiamata, così come sono sicuro che lui non abbia dimenticato, ma abbia deciso di non chiamarmi.>><<E’ da parecchio tempo che ormai si comporta in modo strano.>> Osservò Sara.<<Non s’è mai ripreso da quello che successe quella sera.>> <<Eppure sembrava che le cose stessero migliorando, poi invece sono peggiorate nuovamente. L’ictus di sua madre, pochi mesi dopo la morte di suo padre, sono state una mazzata per lui.>> Sara non sapeva nemmeno perché avesse detto quelle cose a Gianni. Non lo conosceva granché bene, si erano visti si e no tre o quattro volte in tutti quegli anni. Ma Gianni l’ascoltava, e questo per lei era davvero rassicurante. Quella chiacchierata durò mezz’ora. Michele fu il centro dei loro discorsi, ma solo inizialmente. E, man mano che passavano i minuti, in loro cresceva la sensazione che stesse accadendo qualcosa di non proprio così “limpido”.Quando Michele tornò a casa dal bar, aprì con le sue chiavi. Sentì sua moglie parlare, poi una voce non nuova che proveniva dalla cucina. Quando Gianni vide entrare Michele dalla porta si alzò di scatto. Salutò Michele, gli porse la mano. Michele la ignorò e gli lanciò un occhiataccia. Beh, in effetti, da un lato Gianni non aveva motivo di essere così imbarazzato e, dall’altro, Michele non ne aveva per essere così incazzato. Non era successo niente di male. Almeno, fino ad allora.<<Vieni di la che ti devo parlare un momento.>> Fece Gianni, rivoltò a Michele.<<Ok.>> Disse Michele, indispettito più che incazzato da quella situazione, anche se non aveva ancora ben capito perché.<<Ti ho chiamato prima.>> Disse Gianni.<<Lo so.>> <<Vabbè, lasciamo stare. In fabbrica ci sono grosse novità in vista. Non potevo dirlo a Sara, dovevo dirtelo di persona. E’ un argomento delicato.>><<Spiegati meglio.>> Michele questa volta era davvero interessato a quello che stava per dirgli Gianni.<<Beh, le cose stanno così: gli affari vanno male, la crisi si fa sentire. Non ci voglio girare troppo intorno, ma qualcuno deve essere licenziato.>> Spiegò Gianni.<<E perché sei venuto da me a dirmi queste cose?>> Chiese Michele.<<Perché si tratta di due o tre persone al massimo. Da quello che si dice in giro, non lo faranno di punto in bianco, non vogliono alimentare tensioni tra gli operai. Stanno solo aspettando che qualcuno faccia un passo falso, per poterlo scaricare.>><<Spiegati meglio.>> <<Mettiamola così: hai presente qualche giorno fa, quando arrivasti come uno straccio e con i postumi di una sbornia?>> Chiese Gianni.<<Già.>><<Beh, se quella volta te la cavasti con un richiamo, la prossima ti mandano via a calci in culo.>><<Ma è un’ ingiustizia.>> Osservò Michele.<<Già. Ma per chi lavora “in nero”, come noi, la giustizia non esiste.>>Il problema era proprio quello. In quella fabbrica, la maggioranza degli operai era in regola con un contratto di lavoro. Michele, a causa dei suoi precedenti penali, si dovette accontentare di un lavoro “in nero”. Ed anche quella volta, avrebbe potuto pagare per i fatti di quella maledetta sera.Per Gianni le cose erano andate in maniera diversa: lui un contratto regolare ce l’aveva, ma si licenziò, per tentare di aprire un’attività in proprio. Le cose però andarono male e, quando tornò dal suo datore di lavoro con la coda tra le gambe, dovette accettare quel lavoro “senza garanzie”. Comunque, sarebbe stato meglio di niente.Quella chiacchierata turbò non poco Michele. Anche quel giorno, dovette fare i conti con un nuovo problema per la testa.Il giorno seguente, in fabbrica, la tensione si tagliò con il coltello. Evidentemente, l’idea di non licenziare per scelta, fu un errore. Anche se, a dirla tutta, probabilmente il proprietario di quella piccola fabbrica non aveva pensato che la notizia dei licenziamenti si potesse diffondere in qualche modo. Michele decise di tirare dritto, andando per la sua strada. Niente chiacchiere con i colleghi, niente pause. Pensò solo al lavoro. Una volta avvenuti i licenziamenti, sarebbe tornato a rilassarsi, ma, in quel momento, l’ultima cosa che gli sarebbe dovuto accadere, era restare disoccupato.E se da un lato quella strategia gli consentiva di tenersi stretto il suo posto di lavoro, dall’altro gli procurava ancor più stress di quanto non ne avesse prima.Una delle sere seguenti, ricevette una telefonata da sua madre, che non sentiva da qualche giorno. Dovette correre nuovamente a casa sua.Prima di entrare nel palazzo di sua madre, notò che la signora Di Luca, stava arrancando nel sollevare ben quattro buste della spesa. Abitava al quarto piano e, senza ascensore, avrebbe dovuto compiere un’impresa.Michele si offrì di aiutarla. Anzi, ad essere sinceri, strappò le buste dalle mani dell’anziana signora, per poi portarle fino al quarto piano. Lei rimase un po’ spiazzata da quel gesto, ma ringraziò e gli sorrise. O quasi. Lui fece altrettanto.Erano anni che conosceva la signora Di Luca. E lui, a lei, non era mai piaciuto. Mai. Fin da piccoli, quando ogni volta che giocava col pallone in giardino veniva puntualmente ripreso da lei. O quando da adolescente, veniva sorpreso in compagnia di qualche amichetta. Ed alla fine, dopo i fatti di quella sera, aveva smesso perfino di salutarlo. Non gli rivolgeva che occhiatacce, senza far nulla per nascondere il suo disprezzo.Michele bussò alla porta di sua madre. Era aperta. Entrò di corsa, pensando chissà cosa. Poi vide sua madre sulla sua sedia a rotelle, intenta a fissare il vuoto.<<Mamma! Che cosa è successo? E dov’è Irina?>> Le disse.<<E’ scappata. Non credo tornerà più.>> Rispose lei.Michele sbuffò. Nella sua testa, un misto tra rabbia e rassegnazione.<<Ti spiacerebbe dirmi come mai?>> Chiese a sua madre.<<Beh, forse aveva da fare. Oppure s’era stufata di stare qui. Oppure…>><<Oppure?>> La rabbia stava cominciando a prevalere sulla rassegnazione.<<Oppure è morta.>> La madre di Michele non sembrava molto lucida.<<Come sarebbe a dire “morta”? Sei sicura che non sia successo niente?>><<Ma certo. L’unica cosa certa è che lei adesso non c’è e difficilmente tornerà indietro. Dovremo trovare un’altra soluzione per me.>> Michele divenne furibondo. Ma non diede in escandescenze, anzi, aprì il frigo, prese una bottiglia d’acqua, ne versò un po’ in un bicchiere e bevve tranquillamente. Aveva bisogno di pensare al da farsi.E mentre Michele era intento a pensare a come risolvere alla l’ennesimo problema creato da sua madre, Irina apparve trafelata come non mai.La madre di Michele scappò via dalla cucina, anche lei arrabbiata.<<Cosa ci fai tu qui?>> Chiese Michele, che in realtà non sapeva nemmeno cosa avrebbe dovuto dire.<<Come “Che ci fai tu qui?”, dove dovrei essere?>> Rispose Irina, sorpresa da quella domanda.<<Ma… Ma… Tu non eri “scappata”?>> Balbettò Michele, che stava cominciando a capire cosa in realtà era accaduto.<<Scappata? Io? Ma sei matto? Sono dovuta andare in farmacia per comprare l’Aulin, tua madre continuava ad urlare che aveva mal di testa e non avrebbe smesso se non avessi fatto qualcosa.>><<E’ stata tua l’idea di andare a comprare l’Aulin?>><<No, no. E’ stata tua madre a chiedermelo. Anzi, ad essere sinceri, se non fossi andata avrebbe continuato ad urlare.>>Quelle parole confermarono quello che Michele aveva pensato fosse accaduto. <<Mamma! Vieni un attimo qui.>> Le disse lui.<<Che c’è tesoro?>> <<Sei stata tu a mandare Irina in farmacia, vero?>> Le chiese, con moltissimo tatto.<<No, non è vero. Mente.>> Provò a giustificarsi sua madre.<<Mamma, ascoltami, - disse ancora Michele, mostrando il massimo della gentilezza di cui era capace - sei sicura di non aver mandato tu Irina in farmacia?>><<Certo, sono sicurissima.>> Rispose ancora lei.Michele portò le mani alla testa. Poi la scosse. Poi guardò ancora sua madre, nuovamente dritto negli occhi.<<Adesso ascoltami bene, mamma. Irina dice che sei stata tu a mandarla in farmacia. E adesso è qui con una confezione di Aulin. Ora, ascolta bene quello che sto per dirti: non riesco ad immaginare neppure una sola buona ragione per cui Irina mi abbia dovuto dire una bugia del genere. Dunque, mi viene da pensare che sia tu a mentire.>><<Come fai a dubitare delle mie parole?>> La madre di Michele l’interruppe proprio mentre stava finendo di spiegarsi.<<Aspetta un secondo, non ho ancora detto che tu abbia mentito di proposito. Però, alla luce di quello che è successo, delle due, l’una: o tu hai mentito, per inscenare questa pagliacciata; oppure tu davvero hai chiesto ad Irina di andare, solo che non ricordi. E sai cosa vorrebbe dire questa seconda ipotesi?>>La madre di Michele iniziò a guardarsi intorno. Alternava momenti in cui perdeva completamente il senno a momenti di coscienza totale. Intuiva dove il discorso di Michele andava a parare.<<No, figlio mio.>> Rispose con profonda mansuetudine.<<Vorrebbe dire, ascolta attentamente queste parole, che tu stai cominciando a dimenticare le cose e, di conseguenza, potrebbe voler dire che le tue condizioni stanno peggiorando, forse per l’Alzheimer o per qualche altra complicanza dell’ictus. E questo significherebbe altri giorni in ospedale, con esami e terapie annessi. Mi segui?>> Michele sembrava aspettarsi un’unica reazione da parte di sua madre.<<Si, si. Perfettamente.>>Michele aveva la netta sensazione di essere riuscito nel suo intento. <<Bene. Adesso, dopo ciò che ti ho detto, sei ancora sicura di non essere stata tu a mandare Irina in farmacia? Pensaci bene, prenditi qualche secondo.>><<No, no. Non ne ho bisogno. Adesso ricordo, sono stata io. Deve essermi sfuggito, ma adesso che ci penso bene è andata proprio così. Qualche piccola distrazione può essere dovuta solo all’età. Giusto?>>Michele scambiò con Irina un cenno d’intesa.<<Certo mamma. Certo.>> Rispose.Dopo aver fatto preparare il caffé ad Irina ed essersi scusato con lei per l’imbarazzo procuratole, nuovamente da sua madre, Michele lasciò casa sua, per tornare alla propria.