Il pensiero scomodo

Il mondo si muove, l'Italia resta ferma.


 Aspettando il 12 dicembre...Le pagine dei quotidiani italiani sono invase da tante notizie riguardanti i fatti politici; battibecchi tra i maggiori esponenti, critiche al premier Berlusconi, illeciti vari, ma, come dice il rapper Fabri Fibra, “in Italia volti persi e voti certi, in Italia ci sono cose che nessuno ti dirà… ci sono cose che nessuno ti darà, sei nato e morto qua, sei nato e morto qua, nato nel paese delle mezze verità, dove fuggi?”.Il paese delle mezze verità mi sembra la definizione più adeguata e se al momento qualcuno mi chiedesse di descrivere l’Italia non potrei che dipingerlo come un paese immobile dove tutti si lamentano ma nessuno fa mai realmente qualcosa per cambiare la situazione.Intanto, proprio a differenza dell’Italia, una situazione di allerta massima è quella che si sta registrando in Siria, Algeria, Egitto, Giordania, giusto per citarne qualcuna.Sarebbero almeno 200 mila le persone scese in strada in tutto l'Egitto. È la stima dell'Osservatorio informativo egiziano Rasad al-Ikhbari, secondo cui sono scesi in strada tra i 200 e i 300 mila manifestanti, di cui 30mila manifestanti nel solo Cairo. Tutti uniti nel protestare contro il regime del presidente Mubarak; c'è stata la “giornata della collera” organizzata dai liberali egiziani, tra cui il partito al-Ghad, ma anche i Fratelli Musulmani, il partito al-Wafd e il movimento che fa capo a Mohammed El Baradei. I manifestanti hanno chiesto profondi cambiamenti nel paese e in particolare: l'abolizione dello stato d'emergenza introdotto nel 1981, le dimissioni del ministro dell'Interno Habib El Adly, una legge che limiti a due il numero massimo dei mandati presidenziali ma soprattutto la formazione di un governo di unità nazionale. Una situazione che ha coinvolto in senso lato anche gli Usa che continuano ad inviare i proprio aiuti al presidente Mubarak perdendo la propria credibilità agli occhi del resto del mondo: "Ho grande rispetto e ammirazione per il presidente Obama - ha detto El Baradei, premio nobel per la pace, intervistato dalla CNN dagli studi di Washington in collegamento con la abitazione al Cairo. - Ma ormai è chiaro a tutti che il popolo egiziano non vuole più Mubarak. Per questo Obama dovrebbe fare di più rispetto a quanto fatto finora e chiedere pubblicamente a Mubarak di lasciare».Nonostante tutto la situazione in Egitto è destinata a un periodo di stallo: in attesa di capire cosa può succedere, Mubarak cerca di indebolire i dimostranti e magari cerca un accordo coi Fratelli Musulmani, che sarebbe fatale per la protesta .In Algeria la situazione è diversa. Non si dimentichi che la rivolta è partita da qui prima ancora che in Tunisia, ma è stata soffocata fin dall'inizio. Nuova linfa è arrivata dalla rivolta dei gelsomini e dagli scontri in Egitto, ma l'opposizione algerina ha dimostrato debolezza.In Giordania l’opposizione chiede riforme incisive, e nelle ultime settimane aveva organizzato manifestazioni popolari per chiedere le dimissioni di Rifai. Proteste che non riguardavano un cambiamento di regime, come aveva spiegato il segretario generale del Fronte d’Azione Islamica: “Noi riconosciamo la legittimità degli hascemiti, la famiglia regnante ad Amman. Non ci sono parallelismi tra Giordania e Egitto in quanto il popolo egiziano domanda un cambiamento di regime. Noi domandiamo riforme politiche e di governo”: il 21 Gennaio sono scese in piazza 5mila persone. La situazione in Giordania è importante per farci capire come non si tratti solo di lotte contro i propri regimi ma di interventi da parte della popolazione anche semplicemente per risolvere problemi politici, per “dare voce alle volontà”del popolo.Sono modi questi che purtoppo tendono a sfociare nella violenza e che quindi ovviamente non possono essere “elogiati” ma ciò che dovremmo provare a "rubare" da questi territori è la loro forza e la loro volontà di far valere le proprie idee.Qualcosa che il Popolo Viola cercherà di fare il 12 dicembre... Serena Maratea